Il Sole 24 Ore

Perché l’umanesimo è nato in Italia

Mentre in Europa l’insegnamen­to era nelle mani della Chiesa, nel nostro Paese, già a fine ’200, la formazione dei giovani non era monopolio dei religiosi: fu l’ educazione laica a far guardare con occhi nuovi la cultura classica e la poesia antica

- di Gabriele Pe dullà

C’erano una volta gli scopritori di continenti. Poi, esauriti i continenti, è venuta la stagione degli scopritori di isole e atolli. Nel mondo digitalizz­ato di Google Earth più nessuna sorpresa rimane però possibile: da decenni le ultime aree bianche delle vecchie carte sono state riempite di colori, segni e parole; sulle mappe nessuna regione della terra porta più la scritta «hic sunt leones», riservata un tempo alle lande inesplorat­e.

Qualcosa di simile sembra valere per la cultura umanistica, dove non c’è epoca storica che non sia sottoposta a studi sempre più minuziosi e particolar­eggiati. E, se questo specialism­o non esclude la possibilit­à di rivedere – anche in maniera radicale – i giudizi consegnate­ci dalle generazion­i precedenti, rimane i nnegabile che l’età eroica sia ormai conclusa. Grande affresco e ricerca originale sembrano definitiva­mente disgiunti e imprese titaniche quali la Storia della

letteratur­a italiana di Tiraboschi, l’Hi stoire de France di Michelet o l’It er italicum di Kristeller appaiono, indiscutib­ilmente e per sempre, alle nostre spalle.

Eppure, al tempo stesso, di tanto in tanto il miracolo si produce ancora. È oggi il caso de L’eccezione italiana: L’intellettu­ale laico nel Medio Evo e l’origine del Rinascimen­to di Ronald G. Witt, apparso in inglese nel 2012 e ora meritoriam­ente tradotto da Viella. Il volume di Witt (che dopo una lunga malattia si è spento all’età di 84 anni lo scorso 15 marzo, giusto in contempora­nea con la pubblicazi­one del volume) è il risultato di quasi quarant’anni di lavoro e costituisc­e la prima parte di un imponente dittico, il cui secondo tassello era già apparso nel 2000 in inglese e nel 2005 in italiano presso Donzelli con il titolo Sulle tracce degli antichi: Padova, Firenze e le origini dell’uma

nesimo. Prese assieme, le due opere offrono infatti la prima ricostruzi­one analitica, condotta verificand­o centinaia di manoscritt­i in tutta Europa, della cultura neolatina in Italia tra l’anno 800 e il 1420 circa. Oltre mezzo millennio di storia: che oltretutto “regala” alla nostra tradizione letteraria qualche secolo rispetto a quella normalment­e insegnata nelle scuole.

Questo grandioso affresco non è però un manuale. Alla base della ricerca di Witt troviamo infatti una domanda ambiziosa a fare da filo conduttore: perché quell’umanesimo che costituisc­e probabilme­nte la più importante svolta nella cultura europea prima del Romanticis­mo è sorto in Italia? Come mai proprio qui si è sviluppato un nuovo senso della storia e la consapevol­ezza di essere diversi da quegli antichi rispetto ai quali, invece, gli uomini medievali si erano percepiti come legittimi continuato­ri? Per quale motivo non è stata la Francia, dove esisteva una rigogliosa tradizione di poesia in latino, a riportare in vita le forme grammatica­li e metriche dei classici? Quale è stata insomma «l’eccezione italiana» che ha permesso che qui, e non altrove, si sviluppass­e un atteggiame­nto verso il passato che poi ha informato l’Europa intera per tutta l’età classicist­a, almeno sino alla fine del XVIII secolo?

Già Sulle tracce degli antichi sovvertiva alla radice lo stato delle nostre conoscenze. A cambiare erano infatti, tutte assieme, l a cronologia (l’umanesimo non è cominciato con Petrarca, ma due generazion­i prima con Lovato Lovati e Albertino Mussato, alla fine del Duecento), la geografia (il centro propulsore non è stato Firenze, da cui il movimento si è poi diffuso, ma Padova), l’origine disciplina­re (il nuovo atteggiame­nto verso il latino non sarebbe nato dagli studi di retorica, come a lungo si è sostenuto, ma da quelli di grammatica).

Rispetto a questo quadro, risalendo indietro di cinque secoli, L’eccezione italiana aggiunge un tassello decisivo. La grande svolta prodottasi in Veneto è stata il frutto di una peculiarit­à del sistema educativo a sud delle Alpi. Mentre in tutto il resto dell’Europa l’insegnamen­to era infatti interament­e in mano agli uomini di Chiesa, Lovati e Mussato poterono guardare con occhi nuovi alla poesia antica perché in Italia la formazione dei giovani non era monopolio dei religiosi. È stata dunque l’educazione laica a rendere possibile quel senso di discontinu­ità storica che da quel momento avrebbe fatto parte integrante dell’identità europea.

L’eccezione italiana non è volume del quale si possa sensatamen­te parlare in poche pagine. Per dare un’idea della sua complessit­à, basterà dire che le riviste accademich­e si sono trovate spesso di fronte al problema di non trovare recensori adeguati, dal momento che nessuno studioso padroneggi­a da solo tutte le competenze su cui si appoggia ricerca di Witt (codicologi­a, filologia, paleografi­a, storia del latino, teologia, diritto, retorica...). A rendere il compito ancora più arduo si aggiunge il fatto che Witt (che inizialmen­te si era orientato verso la storia francese) ragiona spontaneam­ente in una prospettiv­a comparata, collocando sempre la vicenda italiana sullo sfondo europeo. Per parlare della edizione inglese, una rivista come «Storica» ha optato così per una tavola rotonda di 40 pagine, affidando il compito di discutere le tesi de L’eccezione italiana a tre diversi specialist­i. Negli ultimi decenni pochi libri di storia hanno riscosso altrettant­i consensi del dittico di Witt, tra cui i prestigios­issimi premi della American Historical Society, della Renaissanc­e Society of America e della American Philosophi­cal Society (tutti nel 2001) e la medaglia d’oro della Medieval Academy of America (nel 2014). Eppure, questa storia a lieto fine non è stata, si presume, una storia in discesa. Ed è qui, credo, che si può trarre da questi volumi una lezione più generale.

Quando nel 2000, all’età di 68 anni, Witt ha pubblicato Sulle tracce degli antichi era un accademico apprezzato per una biografia di Coluccio

Salutati (1983) e alcuni importanti articoli: un ottimo studioso che era stato frenato nei suoi pro- getti, si poteva supporre, dai gravosi impegni dell’insegnamen­to. Non era così, perché – in silenzio e un poco oscurament­e – Witt stava portando avanti la sua impervia ricerca. E viene in mente una testimonia­nza di Claude LéviStraus­s sulla angoscia provata al principio degli anni Sessanta, quando ormai da decenni accumulava materiali per quelli che sarebbe divenuti i quattro volumoni di Mythologie­s (1964-71). Dove fermarsi? Come evitare, insomma, di fare la fine di Ferdinand de Saussure, il quale non era riuscito a chiudere i n un disegno coerente l’enorme quantità di appunti raccolti nel corso di un’intera vita sul ciclo dei Nibelunghi?

Più di una volta una paura analoga deve aver attanaglia­to anche Witt, vedendo che la meta prefissata­si, invece di farsi più vicina, con il crescere delle sue conoscenze pareva allontanar­si. Per questo, ben oltre i confini disciplina­ri, la sua pazienza e la sua tenacia offrono oggi un modello di probità intellettu­ale che merita di essere additato a esempio a tutti gli studiosi in erba. L’era dei titani non è necessaria­mente finita. E viene in mente un sonetto di Keats sulla sua scoperta della traduzione dell’Iliad e ad opera di Chapman: «Simile ad uno che nei cieli scruta/ io mi sentii, quando un nuovo pianeta / nuota sotto il mio sguardo; o al valoroso / Cortés quando fissò con occhi d’aquila / il Pacifico – e tutti i suoi compagni con febbrile incertezza si guardarono –/ silente, sopra un picco in Darién».

L’eccezione italiana non è sempre un libro di facile lettura. Ma, per 59 euro, oggi anche un non specialist­a dell’umanesimo può godere per qualche pomeriggio del raro piacere di scrutare un oceano sinora sconosciut­o e di capire che cosa può essere una disciplina come la storia quando la si pratica ai livelli più alti.

Ronald G. Witt, L’eccezione italiana: L’intellettu­ale laico nel Medio Evo e l’origine del Rinascimen­to, traduzione di Anna Carocci, Viella, Roma, pagg. 660, € 59

La cronologia umanista non comincia con Petrarca ma due generazion­i prima con Lovato Lovati e Albertino Mussato. Ed è stata Padova, e non Firenze, il centro propulsore Un saggio di Ronald G. Witt affronta magistralm­ente l’argomento basandosi sulla visione di centinaia di manoscritt­i della cultura neolatina in Italia tra l’anno 800 e il 1420 circa

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 ??  ?? intellettu­ali laici | I « doctores e i « licterati » della famiglia Capodilist­a, miniatura tratta dal codice « De viris illustribu­s familiae Transelgar­dorum Forzate et Capitislis­tae » ( Padova, Biblioteca Civica), scritto tra il 1434 e il 1440 da...
intellettu­ali laici | I « doctores e i « licterati » della famiglia Capodilist­a, miniatura tratta dal codice « De viris illustribu­s familiae Transelgar­dorum Forzate et Capitislis­tae » ( Padova, Biblioteca Civica), scritto tra il 1434 e il 1440 da...

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