Produttività, verso sgravi allargati alle imprese
Il governo punta a rende più appetibili i premi di risultato - Resta il rebus risorse
Tra le misure alle quali il governo lavora in vista del Def di aprile c’è l’ipotesi di reintrodurre lo sgravio contributivo a favore delle imprese nei premi di produttività. Una soluzione che potrebbe arrivare subito nella “manovrina” o essere inserita nella legge di bilancio. Intanto la settimana che si apre sarà fitta di incontri per tecnici dell’Esecutivo che procederà in due fasi: aggiustamento dei conti (con la spending review sulle spese dei ministeri e prime misure per la crescita); interventi strutturali a ottobre, nella legge di bilancio dove potrebbero trovare spazio anche correttivi sull’anticipo pensionistico.
Nei premi di produttività potrebbe essere ripristinata la decontribuzione a favore delle imprese, per rendere ancora più appetibili le erogazioni «di risultato» collegate alla contrattazione di secondo livello (aziendale o territoriale), e tentare, anche, di «incentivare» il coinvolgimento paritetico dei dipendenti nell’organizzazione del lavoro.
L’idea sta tornando di attualità tra i tecnici di palazzo Chigi in vista della predisposizione del Def di aprile: l’ipotesi di reintrodurre lo sgravio contributivo per le aziende con l’obiettivo di favorire la diffusione dei comitati paritetici era stata oggetto di primi approfondimenti lo scorso autunno con l’intenzione di tradurla, poi, in un comma da inserire nella legge di Bilancio 2017. La fine anticipata dell’esecutivo Renzi e la “blindatura” della manovra (approvata in fretta e furia dal Senato il 7 dicembre senza ulteriori modifiche al testo trasmesso dalla Camera) avevano poi lasciato cadere l’intervento. Che adesso, da quanto si apprende, tornerebbe di attualità all’interno di un pacchetto mirato di proposte per la crescita (dalla norma “acchiappa fondi di investimento”, al rilancio delle cartolarizzazioni, al via libera a nuove opere Anas come anticipato dal Sole24Ore di ieri).
Oggi le disposizioni in vigore dal 1° gennaio prevedono un tetto di 3mila euro per i premi di risultato che beneficiano della detassazione al 10% (si sale a 4mila euro in caso di coinvolgimento dei lavoratori) per redditi fino a 80mila euro (rispetto al 2016 si intercettano così non solo operai e impiegati, ma anche quadri e dirigenti non apicali). In base all’attuale formulazione, però, se l’azienda, per esempio, decide di erogare 3mila euro di premio di produttività ai propri dipendenti l’incentivo fiscale spetta solo a questi ultimi che trovano appli- cata la cedolare secca al 10% su tali somme. L’idea dell’esecutivo è estendere il vantaggio anche ai datori, che potranno cioè beneficiare di una decontribuzione ad hoc (ai tempi della manovra 2017 si ipotizzava di concedere il bonus su importi fino a mille euro). Da notare che la legge finanziaria nel 2008 aveva introdotto un fondo da 650 milioni annui per assicurare lo sgravio contributivo al datore di lavoro sulle erogazioni previste dalla contrattazione di secondo livello; ma dopo alcuni anni di operatività, il fondo venne ripetutamente saccheggiato essenzialmente per ri-finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga, e si è esaurito dal 2015.
Il punto è che «la nuova normativa sui premi di produttività reintrodotta dal governo Renzi sta funzionando piuttosto bene – ha evidenziato Marco Leonardi, a capo del team economico di palazzo Chigi –. Vogliamo, perciò, proseguire su questa strada, provando a dare uno stimolo in più e riconoscendo un vantaggio anche alle imprese». Del resto, gli ultimi dati resi noti dal ministero del Lavoro parlano di oltre 20mila (20.003, per la precisione) contratti aziendali e territoriali che prevedono premi di risultato depositati al 13 marzo, in crescita costante di mese in mese (di questi 20.003 contratti inoltrati, ben 15.583 si propongono di raggiungere obiettivi di produttività, 11.693 di redditività, 8.091 di qualità; quanto alle singole misure, 2.147 prevedono piani di partecipazione, 4.317 misure di welfare aziendale).
Il nodo, come sempre, sono i costi: se la reintroduzione della decontribuzione per le imprese sui premi di risultato non sarà troppo onerosa, la misura potrebbe anche trovare spazio nella manovrina da 3,4 miliardi che il governo varerà a ridosso del Def. In caso di esborsi consistenti, invece, verrebbe posticipata alla legge di bilancio 2018.
In quella sede potrebbe trovare spazio pure la più volte annuncia- ta operazione “riduzione del costo del lavoro”. Le linee di massima dell’intervento verrebbero messe nero su bianco nel Def. All’interno dell’esecutivo la lente d’ingrandimento si starebbe concentrando su due ipotesi: la prima, caldeggiata dal Pd, è una decontribuzione piena, stile Jobs act, per tre anni a favore del primo impiego, da affiancare, per gli under35, a una dote formazione portabile per agevolare nuovi inserimenti occupazionali nei casi di carriere discontinue. L’attenzione ai giovani è stata rilanciata ieri su Repubblica dal presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha proposto di azzerare per due anni tasse e contributi sociali e previdenziali a favore dei ragazzi assunti a tempo indeterminato dalle imprese. La seconda ipotesi è un taglio strutturale del cuneo, per tutti, vecchi e nuovi assunti, da ripartire o in parti uguali impreselavoratori, oppure due terzi imprese, un terzo lavoratori.
Sempre sul fonte lavoro, nel cantiere Def potrebbe trovare spazio pure una nuova spinta all’alternanza: attualmente, è operativo uno sgravio sperimentale (vale per il 2017 e 2018) per chi assume a tempo indeterminato o in apprendistato ragazzi al termine del periodo di formazione “on the job”. Se la misura avrà successo, potrebbe essere resa permanente, dando così gambe al sistema duale, rilanciato da Jobs act e Buona Scuola.
BOCCIA Il presidente di Confindustria in un’intervista a Repubblica propone l’azzeramento di tasse e contributi sui giovani assunti a tempo indeterminato