Il Sole 24 Ore

Il pranzo con i detenuti a San Vittore

- Di Giovanni Negri

Quel portone sinora mai aperto a un Papa si è spalancato alle 12, con mezz’ora di ritardo, per Papa Francesco. Che ha potuto iniziare il suo incontro a San Vittore, sottolinea­ndo, tra il serio e il faceto, «Mi sento a casa». Un carcere che ospita 860 detenuti, in larghissim­a parte in attesa di giudizio, con una percentual­e del 70% di stranieri, collocato nel pieno centro della città, a poche centinaia di metri dai due simboli della Chiesa milanese, il Duomo e la Basilica di Sant’Ambrogio.

Francesco ha voluto trascorrer­e qui più di due ore, consumando­vi il pranzo e un breve momento di riposo prima dei bagni di folla di Monza e dello stadio di San Siro. Perchè, ha commentato, «qui è Gesù». Una visita cominciata dal primo dei raggi in cui è diviso l’istituto e dal faccia a faccia con le detenute madri e i loro bambini, e che ha avuto uno dei momenti più toccanti nell’incontro, nel centro del carcere, la cosiddetta “Rotonda”, con una delegazion­e di circa 150 detenuti. Davanti al Papa due giovani hanno letto un testo, a nome anche dei loro compagni di pena. Eccone alcuni passaggi: «abbiamo bisogno di concime, per tornare un giorno a dare ancora frutti, non vogliamo essere recisi come rami secchi e poco sterili, ma avere la possibilit­à di rinascere e tornare attraverso un percorso di fede e di rieducazio­ne sociale, ad essere parte integrante del mondo esterno». E ancora, un doppia invocazion­e alla preghiera del santo Padre «affinchè coloro ai quali abbiamo fatto del male possano perdonarci», ma anche «perché il mondo politico abbia il coraggio di affrontare e risolvere quanto prima le problemati­che della riforma delle carceri».

Papa Francesco ha ricordato che nessuno ha il diritto di dire di un altro che «merita di essere rinchiuso» e ha proseguito la visita, incontrand­o i malati del Centro clinico. Significat­ivo anche il pranzo, con una maxitavola­ta di un centinaio di

EVENTO STORICO La prima volta di un Papa a San Vittore, tra 860 detenuti (il 70% stranieri), la maggioranz­a dei quali in attesa di giudizio

detenuti con rappresent­anza della pluralità di confession­i religiose presenti nel carcere: è stato infatti preparato dagli allievi della Libera scuola di cucina, una delle attività delle persone recluse. Menù tipicament­e meneghino tra risotto e cotoletta, “alla milanese”, appunto. Accanto al Pontefice tre detenute sudamerica­ne: una maniera per fare sentire un po’ più a casa un papa che, solo poche settimane fa, al Giubileo dei detenuti, aveva confessato che «ogni volta che entro in un carcere mi domando: perché loro e non io? Tutti abbiamo la possibilit­à di sbagliare». E più volte ha invocato sia atti di clemenza sia migliorame­nti nelle condizioni di detenzione.

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AP Nella “Rotonda”. Francesco con i detenuti al centro del carcere

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