I partiti italiani e l’europeismo che non c’e
Celebrazioni un po’ sottotono, quelle di ieri sul sessantenario della nascita dell’Unione europea in una Roma blindata, che cadono tra la Brexit e le elezioni francesi a rischio lepenista. Più a puntellare i traguardi raggiunti che a immaginare il futuro. «Nessuno si aspetta che da oggi a domani risolviamo tutti i problemi - dice realisticamente l’ospite Paolo Gentiloni -. Non a caso ci siamo dati una prospettiva decennale...». Dieci anni di tempo per riaffermare un timone che sembra finito nelle mani dei movimenti antieuropei. Tanto che anche la “trincea europeista” del Pd accarezza, con Matteo Renzi lanciato verso la riconferma della leadership, una prossima campagna elettorale per le prossime politiche all’insegna del no a questa Europa (quella dell’austerity, delle “letterine”, della mancanza di solidarietà). Lui, Renzi, è assente dalle celebrazioni tra Campidoglio e Quirinale non essendo in questo momento né premier né formalmente segretario del Pd. Lui che da premier ha fortemente voluto un appuntamento in pompa magna a Roma per i 60 anni dei trattati fondativi non c’è. E affida il suo augurio a Facebook mentre dedica la giornata alla campagna congressuale nel modenese: «A tutti noi il compito di rilanciare l’ideale e il sogno dei padri fondatori ma con la concretezza di chi crede nell’Europa del sociale, dell’associazionismo, del volontariato, degli artigiani e delle piccole im- prese. L’Europa delle piazze, dei vicoli e delle periferie e non solo l’Europa dei palazzi. L’Europa che si occupa del lavoro e dell’immigrazione, non solo dei decimali e dell’austerità». Appunto.
E appena ci si allontana dal Pd il panorama si fa addirittura fosco sul fronte Ue. Per quanto riguarda il centrodestra basta mettere in fila i fatti per capire la schizofrenia di un’area che potrebbe presentarsi unita in coalizione per candidarsi a governare il Paese: ieri, mentre il forzista Antonio Tajani partecipava solennemente alle cerimonie del sessantenario in quanto presidente dell’Europarlamento, i possibili alleati di Forza Italia si distinguevano così: la leader dei Fratelli d’Italia Giorgia Meloni con un contemporaneo convegno anti-Europa a Roma, il leader della Lega Matteo Salvini a Lampedusa per sottolineare il «fallimento» di Bruxelles sull’immigrazione. «L’euro è una moneta sbagliata destinata ad implodere, vogliamo lo scioglimento concordato e controllato dell’Eurozona», twitta Meloni. E giù con il decalogo dell’antieuropeista doc: no a immigrazione e globalizzazione incontrollate, sì alla difesa dell’identità e dei prodotti nazionali, introduzione nella Costituzione della «riserva di sovranità». Mentre Salvini posta una fotografia di richiedenti asilo ospiti a Lampedusa mentre fanno un po’ di sport all’aria aperta commentando acido «pomeriggio impegnativo». E Silvio Berlusconi? Il 29 marzo sarà a Malta al congresso del Ppe al fianco della Merkel, con il “suo” Tajani.
Quanto al M5S, al netto delle polemiche sul presunto oscuramento del saluto europeista in Campidoglio della sindaca Virginia Raggi, resta agli atti il recente “controlibro” sull’Europa in cui spicca la promessa di un referendum consultivo, previa modificacostituzionaleperrenderlo possibile, per chiedere agli italiani se voglianoonorestarenell’Euro.Tempi duri, insomma, per gli europeisti.
IL SALUTO DELL’EX PREMIER Via social l’appello a fare la Ue delle piazze, dei vicoli, delle periferie anziché dei palazzi: occupiamoci di lavoro e migranti, non solo di austerity