I 27 ripartono da difesa e sicurezza
Attenuato il riferimento alle due velocità, l’Europa resta «indivisa e indivisibile»
Tra le manifestazioni di protesta degli uni e le dimostrazioni di sostegno degli altri, i Ventisette si sono riuniti ieri qui a Roma per celebrare il 60° anniversario dell’Unione. I capi di Stato e di governo hanno firmato una dichiarazione di due pagine in cui hanno riaffermato solennemente il processo di unificazione europea proprio mentre è attesa per mercoledì prossimo la notifica ufficiale del Regno Unito di voler lasciare l’Unione.
La firma è avvenuta in una splendida giornata di sole nella Sala degli Orazi e Curiazi del Palazzo dei Conservatori al Campidoglio, nello stesso luogo dove i sei Paesi fondatori firmarono il 25 marzo 1957 i Trattati di Roma. La cerimonia, segnata da applausi solenni ma anche da effusioni informali fra i leader, è stata l’occasione per riaffermare l’unità dei Paesi membri mentre l’Unione sta facendo i conti con la peggiore crisi della sua storia, segnata da sconquasso economico, tensioni sociali, e naturalmente Brexit.
Grecia e Polonia hanno firmato la dichiarazione, nonostante i tentennamenti della vigilia (si veda Il Sole 24 Ore di venerdì). A differenza della Dichiarazione di Berlino in occasione del cinquantesimo anniversario dell’Unione nel 2007, il testo di ieri è stato firmato da tutti i paesi membri (esclusa la Gran Bretagna che vuole lasciare l’Unione). Nella capitale tedesca a porre la loro firma erano state soltanto le tre istituzioni comunitarie (Commissione, Consiglio e Parlamento). Inoltre, la Dichiarazione di Roma si vuole programmatica, e guarda ai prossimi dieci anni con una serie di quattro priorità: l’economia, la sicurezza, i diritti sociali e la difesa. Diplomatici a Roma e a Bruxelles ammettono che il testo è il risultato di un lungo negoziato e riflette un compromesso tra sensibilità diverse, ma non poteva essere altrimenti. Molti gli aspetti controversi che sono stati annacquati per mettere tutti d’accordo, e in particolare Atene e Varsavia.
Si parla del completamento dell’unione monetaria, ma non si cita il tema sensibile dell’unione bancaria. Si parla di cooperazioni rafforzate, ma si precisa che queste sono aperte a tutti e che i Ventisette vanno nella stessa direzione. Piuttosto che parlare di Europa a più velocità si è preferito parlare di Europa «a ritmi diversi». Si parla della necessità di rafforzare il pilastro sociale, ma tenendo conto delle differenze nazionali per evitare una qualsiasi armonizzazione che non piace ai Paesi dell’Est.
Il premier italiano Paolo Gentiloni, non ha nascosto la «grande emozione» di firmare la Dichiarazione di Roma. «È una giornata incoraggiante che ci fa guardare con maggiore ottimismo al futuro dell’Europa». Il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani ha fatto notare che la parola cittadini è citata «diverse volte (cinque, ndr) nel testo che abbiamo firmato». L’impegno del Parlamento europeo sarà assicurare che la volontà di dare voce ai cittadini «non resti solo sulla carta».
La Comunità economica europea nacque dalle ceneri della Seconda guerra mondiale. Lo hanno sottolineato, con ricordi personali, sia il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker che il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk. Parlando ai giornalistiterminatalacerimonia, lacancelliera Angela Merkel ha messo l’accento sulle guerre del presente: «In futuro dovremo preoccuparci soprattutto della questione dell’occupazione». Ha quindi parlato di una «Europa protettrice».
Trentamila manifestanti hanno dimostrato ieri nelle vie della capitale. Alcuni a favore dell’Unione e altri contro. Il presidente della Commissione europea Juncker ha detto «Roma deve segnare l’inizio di un nuovo capitolo» e si è detto sicuro che l’Unione celebrerà il suo centesimo anniversario. I festeggiamenti di ieri saranno messi alla prova fin da mercoledì quando virtualmente inizieranno le delicate trattative tra i Ventisette in vista del negoziato di divorzio tra Londra e Bruxelles.
I LEADER Merkel: in futuro dovremo preoccuparci soprattutto dell’occupazione Tajani: la parola «cittadini» molto presente nel documento