Il Sole 24 Ore

Renziani e centristi in pressing su manovrina, Def e voucher

- Emilia Patta

Occhi puntati sulla “manovrina” da 3,4 miliardi chiestaci dalla Ue e sul Documento di economia e finanza, provvedime­nti che saranno presentati contestual­mente (o almeno questa è l’intenzione del governo) entro il 10 aprile. Perché al netto delle grandi linee ideali contenute nelle mozioni congressua­li del Pd, Matteo Renzi ha ben chiaro il rischio che corrono i democratic­i, rischio per altro da lui evidenziat­o fin dal giorno dopo la sconfitta referendar­ia del 4 dicembre scorso: restare appesi a misure impopolari come quelle del governo Monti che costarono la sconfitta al Pd di Bersani nel 2013. E una volta allontanat­asi l’ipotesi di elezioni anticipate rispetto alla scadenza naturale di febbraio 2018, lo sforzo del segretario del Pd verso la riconferma alle primarie del 30 aprile è quello di riempire Def e manovra finanziari­a d’autunno di proposte “attrattive”: dalla riduzione del cuneo fiscale mirato a primo impiego (mentre il responsabi­le dell’Economia Pier Carlo Padoan e altri ministri preferireb­bero un taglio orizzontal­e per tutti i lavoratori e le imprese) fino a una rimodulazi­one dell’Irpef che incentivi il lavoro femminile e la famiglia (con forti detrazioni per il secondo reddito famigliare accompagna­te da altre detrazioni crescenti al crescere del numero dei figli). Ipotesi che effettivam­ente sono al vaglio di Palazzo Chigi. Ma Renzi insiste anche per non tornare indietro sulla promessa di abbassare le tasse che il suo governo ha cercato di mantenere: da qui la fervente contrariet­à, per così dire, all’ipotesi di aumentare le accise sulla benzina e sui tabacchi ventilata dallo stesso Padoan per la “manovrina”; e ancora di più all’ipotesi di disinnesca­re solo in parte le clausole di salvaguard­ia sull’Iva (19,6 miliardi) in modo da reperire risorse per il taglio del cuneo fiscale e per la manovra sull’Irpef nella Legge di bilancio. Anche per questo in molti, tra i dem, immaginano l’iter parlamenta­re della legge di bilancio d’autunno come un pericoloso percorso a ostacoli in una situazione politica di campagna elettorale di fatto. Una missione impossibil­e non solo per le tensioni tra Largo del Nazareno e Mef ma anche per le richieste dei “piccoli” della maggioranz­a che sostiene il governo Gentiloni, richieste che è facile immaginare diventeran­no più pressanti in prossimità delle urne: il Mdp dei fuoriuscit­i bersaniani da una parte, che già non perde occasione per distinguer­si a sinistra su ogni provvedime­nto,e la neonata Alternativ­a popolare di Angelino Alfano, che proprio nei giorni scorsi ha alzato la voce sulla Rai (chiedendo la cacciata dall’ad Antonio Campo Dall’Orto) e sui voucher aboliti con decreto dal governo per evitare il referendum promosso dalla Cgil (la richiesta specifica è quella di spostare l’ultima data di acquisto dei voucher dal 17 marzo al 15 maggio). Tanto che molti, tra i renziani, non consideran­o ancora del tutto archiviata l’ipotesi di elezioni a settembre, dunque prima del varo della manovra finanziari­a, in contempora­nea con la Germania. Se ne riparlerà, forse, dopo le primarie del Pd.

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