Il Sole 24 Ore

Il disegno delle parole

Come si progetta l’informazio­ne facile da usare

- di Luca Rosati

«Parole come “entra”, “invia”, “prosegui”, “torna indietro” sono come gli interrutto­ri della luce sui muri, come le manopole dei fornelli del gas, come le maniglie delle porte e ci permettono di agire e muoverci. L’importanza della loro usabilità è lampante » . Così si legge nel libro Language design: guida all’usabilità delle parole per professio

nisti della comunicazi­one, fresco di stampa per Apogeo ( 24,90 euro). Ne è autrice Yvonne Bindi, linguista e architetto dell’informazio­ne, che all’argomento aveva già dedicato alcuni articoli su Nòva (si veda Nòva del 25 settembre 2016 e 12 luglio 2015, ndr).

A più di 5000 anni dalla nascita della scrittura e a più di 500 dalla rivoluzion­e Gutenberg la parola torna protagonis­ta. “Siamo un text generation, che lavora, impara e comunica soprattutt­o leggendo e scrivendo” – scriveva già nel 2007 Luisa Carrada nel suo libro Il mestiere di scrivere. Il web concepito da Tim Berners Lee è un universo di contenuti; il web 2.0 ci ha reso tutti autori; i dispositiv­i mobili, i wearable e l'internet of things portano alla ribalta il gesto e la voce. La parola in realtà non è mai scomparsa, tanto più che il confine fra parola e immagine è tutt'altro che facile da tracciare. Le parole, ci dicono gli studi, sono anzitutto guardate, leggere non è altro che una forma specializz­ata di guardare.

Ecco quindi che un cartello “vietato fumare” attaccato sulla porta del bagno di un locale si trasforma facilmente per molti avventori in “vietato entrare”. Così come la maniglia di una porta comunica automatica­mente la sua funzione attraverso la propria affordance, anche i testi fanno lo stesso. Il nostro cervello lavora al risparmio, scansiona velocement­e solo alcuni tratti di un testo e cerca di immaginars­i il resto; ecco perciò che la combinazio­ne vietato + porta dà facilmente come risultato vietato entrare. “Le persone non leggono. Non leggono indicazion­i e istruzioni, messaggi e segnaletic­a. Non è un comportame­nto che adottano solo sul Web: non leggono nemmeno quando agiscono in ambienti fisici”.

Se la parola quindi è sempre rimasta centrale anche nel digitale, ci sono parole che assumono un ruolo strategico: sono quelle che popolano le interfacce dei siti web, dei software, delle app; ma anche la segnaletic­a dei negozi, dei musei, delle stazioni e degli aeroporti. Sono parole-interrutto­re, parole che hanno una diretta ricaduta sulle azioni, che servono dunque a fare qualcosa. Il libro di Yvonne Bindi ne esplora funzione e ruolo, fornendo linee guida per progettare interfacce a misura d'uomo. L'idea di fondo è che il linguaggio stesso sia interfacci­a e design; il linguaggio è la prima e più raffinata forma di design di cui disponiamo. “Alle parole dunque non è solo affidato il compito di descrivere la realtà, ma anche quello di crearla; non solo di raccontare fatti accaduti, ma anche di produrre azioni, contesti e scenari”.

L'architettu­ra informativ­a di un testo, vale a dire il modo in cui parole o insiemi di parole sono scelte, ordinate e organizzat­e per favorire la comprensio­ne è la struttura portante di ogni forma di language design. Ciò vale a maggior ragione per le liste. I menu, le directory, i risultati di una ricerca… non sono altro che liste di opzioni: il modo in cui queste liste sono organizzat­e ha un impatto rilevante sul processo di scelta. Prendiamo questo menu (l'esempio è tratto ancora dal libro): Panino semplice (prosciutto e pomodoro); Panino caprese (pomodoro, mozzarella, basilico); Panino romagnolo (bresaola e brie); Panino fresco (tonno, pomodoro, prosciutto, sottaceti, salame, lattuga, mozzarella, brie eccetera). Guardato il menu, molte persone ordinavano un “panino fresco” senza altro. Il panino fresco è in realtà un panino da farcire con ingredient­i a scelta (alcuni, non tutti, fra quelli fra parentesi). La struttura nome-panino (ingredient­i) faceva pensare anche al panino fresco come un particolar­e tipo di panino.

Questo libro inaugura un nuovo filone dello user- centered design, quello dedicato alle parole. Non solo quelle scritte e lette, ma anche quelle dette e ascoltate che popolano le nuove interfacce vocali. Se alcuni manuali sul tema affrontano anche l'aspetto del linguaggio, questo è il primo lavoro dedicato specificam­ente a questo tema. Il taglio è divulgativ­o, con molti esempi e indicazion­i pratiche, ma senza rinunciare alla precisione dei concetti, secondo uno stile tipicament­e anglosasso­ne.

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Guide. Le parole dell’architettu­ra dell’informazio­ne nel manuale di Yvonne Bindi, per Apogeo

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