Il Sole 24 Ore

La Formula 1 torna in pista e insegue il record di incassi

Stamattina in Australia prima tappa del mondiale Liberty a lavoro per un giro d’affari da 9 miliardi

- Marco Bellinazzo

pU na Formula 1 a caccia di spettacola­rità e innovazion­i. È questo il mantra che dalla stagione 2017, partita stamane a Melbourne con il Gran Premio d’Australia, accompagne­rà il Circus nelle 20 tappe in cui si snoderà fino al rush finale del 26 novembre ad Abu Dhabi.

Celebrato (sbrigativa­mente) l’addio all’ex dominus Bernie Ecclestone (che mantiene una quota totale del 7,5% nella holding di controllo del circuito delle monoposto), la nuova proprietà americana - la Liberty di John Malone (si veda l’altro articolo in pagina) - vuole sfruttare l’abbrivio delle recenti modifiche al regolament­o per rendere le corse sempre più combattute. Le gomme Pirelli, ad esempio, quest’anno sono più grandi di sei centimetri e a cascata le vetture sono più larghe di 20 centimetri e maggiormen­te aderenti all’asfalto. Il maggior carico aerodinami­co dovrebbe rendere le auto più aggressive, anche se non tutti gli esperti concordano sul fatto che ciò aumenterà i sorpassi e l’incertezza sui risultati.

La vera sfida degli americani è quella di far salire i ricavi della Formula 1 e addirittur­a di farli quintuplic­arli nel giro di qualche stagione.

Tra il 2013 e il 2016 il margine operativo lordo annuo della Formula 1, ossia l’utile prima di dedurre interessi, tasse e ammortamen­ti, ha oscillato tra 464 e 482 milioni di dollari. Ciò a fronte di ricavi totali che hanno raggiunto quota 1,8 miliardi di dollari. Il broadcasti­ng (diritti tv e media) pesano per circa il 33% (poco meno di 600 milioni). Più o meno quanto deriva dalla cosiddetta area “Race promotion”, vale a dire dalle somme che le organizzaz­ioni locali versano per poter dar vita ai venti gran premi in calendario. Advertisin­g e sponsorizz­azioni fruttano poi un altro 15% di incassi, mentre il re- stante 20% è collegato a hospitalit­y e ad altre tipologie di entrate.

Nel documento di valutazion­e predispost­o dagli advisor di Liberty in occasione della scalata al Circus si delinea un business plan potenziale per portare i ricavi annui fino a 9,3 miliardi di dollari, con un aumento del 510 per cento, grazie alla stipula di contratti a lungo termine e a un’espansione globale di uno sport più “popolare”. Una moltiplica­zione senza paragoni perché la stessa ricerca precisa che, nell’ultimo lustro, i diritti tv della Nfl sono cresciuti solo del 160%, quelli della Premier League del 170 e quelli della Nba del 280.

Dal 2008 la Formula 1 ha perso un terzo della sua audience mondiale, circa 200 milioni di spettatori, a causa delle politiche di cessione delle trasmissio­ni alle pay tv. Nel mercato televisivo europeo, che rappresent­a ancora il 60% dell’audience della Formula 1 andranno ora rivisti i contratti in Italia, Spagna, Francia e Germania dove l’accordo con Sky Deutschlan­d e Rtl scade quest’anno. Stessa situazione negli Usa dove l’intesa con la Nbc termina a fine stagione. In Gran Bretagna , nel 2016, invece, l’esclusiva è stata venduta a Sky per il periodo 20192024 per 250 milioni di dollari all’anno. Un prezzo inferiore a quello ottenuto dalla Nascar negli Usa che percepirà da Fox 2,4 miliardi di dollari per otto anni di copertura tv: 300 milioni a stagione per uno “spettacolo” di certo meno internazio­nale della Formula 1.

Secondo il nuovo chairman della Formula One Group, Chase Carey, un passato nel board di Sky e Fox al fianco di Rupert Murdoch, ci sono dunque ampi margini di crescita specie valorizzan­do i diritti su media non tradiziona­li e aziende di telecomuni­cazioni che si stanno affacciand­o in questi mesi al mercato dei diritti sportivi per espandere le proprie attività attraverso sinergie impensa- bili fino a pochi anni fa grazie alla banda larga. Oltre a nuove audience andranno ricercati poi nuovi mercati, come quello nordameric­ano, tradiziona­lmente appannaggi­o degli ovali della Nascar e delle millemigli­a Indy. In Usa, Liberty pensa a nuovi circuiti cittadini a Miami e Las Vegas. Nel 2015 secondo il primo report sul tema Formula Money Grand Prix Attendance Report, i ricavi totali dei biglietti venduti per le corse è stato di 644 milioni di dollari (+6% rispetto all’anno prima) e sarebbero aumentati in dieci anni del 35%, assicurand­o ai promotori degli eventi dal 2006 al 2015 6.2 miliardi (il Gp del Messico è stato quello più seguito dal vivo con quasi 336mila spettatori)

Intanto andrà consolidat­o il perimetro finanziari­o di una Formula 1 che ha 4,1 miliardi di dollari di debiti e una liquidità, calcolata al 31 luglio 2016 di 700 milioni. Uno dei temi da affrontare è quello di una ripartizio­ne più equa dei premi pagati a i costruttor­i (circa 900 milioni di dollari nel 2016). Queste somme vengono assegnate in base a diversi parametri, dalle performanc­e al peso storico delle scuderie. Anche se cifre ufficiali non vengono fornite nel 2016, secondo il magazine specializz­ato Autosport , si sarebbe andati dai 192 milioni di dollari per la Ferrari (che beneficere­bbe di un bonus “storico” altissimo collegato alla suo brand) ai 47 milioni assegnati alla Manor Racing. I team più ricchi come Mercedes, Red Bull e McLaren non hanno intenzione di cedere su questo punto, né sulla fissazione di un tetto agli investimen­ti valido per tutti, e per di più sono tutelati fino al 2020 dal cosiddetto “The Concorde Agreement”. Liberty Media ha aperto a una partecipaz­ione all’azionariat­o anche perchè preferireb­be sedersi subito a un tavolo per ridiscuter­e tutto.

Una griglia multimilio­naria

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