Il Sole 24 Ore

Più tutela per chi non riceve il mantenimen­to

- Giorgio Vaccaro

D iventa realtà (anche se soltanto per situazioni di estrema poverta) il fondo (500mila euro per il 2017) che aiuta i coniugi che non ricevono l’assegno di mantenimen­to. Con la messa a disposizio­ne del modulo, da parte del ministero della Giustizia, per la presentazi­one dell’istanza di accesso al Fondo previsto dal comma 414 dell’articolo 1 della legge di stabilità del 2016 (208/2015) la previsione è entrata nella fase operativa. Sarà quindi possibile, per i coniugi «in stato di bisogno» che si trovino a vivere nei comuni capoluogo dei distretti delle Corti di appello, individuat­i come basi di sperimenta­zione della legge, presentare al Tribunale di riferiment­o l’istanza di accesso sul modello ex articolo 3 del decreto attuativo del 15 dicembre 2016 («Gazzetta ufficiale» del 14 gennaio 2017).

Può considerar­si «coniuge in stato di bisogno» chi si trovi nelle seguenti condizioni : e essere «coniuge separato» con il quale convivono figli minori o maggiorenn­i portatori di handicap grave: la legge non prevede come elementi della “istanza” la presenza di figli maggiorenn­i, non autosuffic­ienti per esser ancora studenti; r essere titolare di un «assegno per il proprio personale mantenimen­to» così come disposto dall’articolo 156 del codice civile (e quindi essere il coniuge al quale non sia addebitabi­le la separazion­e e che non disponga di adeguati redditi propri) ed aver subito un “mancato pagamento” dello stesso, totale o parziale. Significat­ivo è il periodo di “maturazion­e” del mancato pagamento che l’istanza stessa richiede essere «maturato in epoca successiva al 1° gennaio 2016».

Il coniuge richiedent­e dovrà inoltre dichiarare: 1 che il coniuge obbligato non percepisce redditi da lavoro dipendente e comunque che il “datore di lavoro” obbligato si sia, a sua volta, reso inadempien­te; 1 di essere titolare di una posizione Isee inferiore o uguale 3.000 euro, indicando tra i dati per il calcolo anche gli assegni di mantenimen­to percepiti nell’ultimo biennio; 1 di essere «disoccupat­o» e di non aver rifiutato offerte di lavoro nell’ultimo biennio o di essere «occupato» ma in condizioni di scarsa intensità (articolo 19 Dlgs 150/2015).

L’istanza, nel modulo licenziato dalla legge, prevede infine come a corredo della stessa, per l’esame del Giudice del Tribunale che deciderà con un provvedime­nto inappellab­ile, debbano essere allegati: 1 l’originale del cosiddetto “titolo”, ossia la copia autentica ed esecutiva del provvedime­nto, con il quale il giudice ha stabilito il sorgere del diritto al mantenimen­to; 1 la copia autentica del verbale di pignoramen­to mobiliare negativo o, nel caso di pignoramen­to eseguito in danno di terzi (debitori del marito), copia della dichiarazi­one “negativa” del terzo pignorato; 1 l’attestazio­ne della Conservato­ria dei Registri immobiliar­i circa la non proprietà in capo all’obbligato inadempien­te di beni immobili sia nel comune di nascita che in quello di residenza.

Rilevante infine è quanto previsto dalla norma all’articolo 5 comma 4 del decreto attuativo, in forza del quale «all’avente diritto non può essere corrispost­a, in relazione a ciascun rateo mensile dell’assegno di mantenimen­to, una somma eccedente la misura massima dell’assegno sociale».

I LIMITI OPERATIVI Il mancato pagamento deve essere successivo al 1° genanio 2016 e il reddito Isee inferiore a 3mila euro

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