Il Sole 24 Ore

La mini-volatilità colpisce i colossi del «flash trading»

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Il flash trading è sempre più veloce e a caccia di nuove tecnologie. Ma ad aver rallentato bruscament­e, in un mercato orfano di volatilità e ora anche ostaggio delle incognite politiche generata da Donald Trump, sono i profitti. Da quando i «flash boys» sono saliti alla ribalta come nuovi re di Wall Street - immortalat­i nel bene da chi li considera maghi della liquidità dei mercati, nel male dall’omonimo libro di Michael Lewis che denunciava manipolazi­oni - i tempi sono cambiati. Se gli scambi high frequency generano tuttora oltre metà dei volumi a Wall Street, le entrate del set- tore sono crollate. In una cifra? Sono scese a 1,1 miliardi l’anno da 7,2 miliardi nel 2009, ferme ormai da quattro anni senza prospettiv­e di ripresa nel 2017. E questa protratta stagnazion­e sta ora provocando un vero e proprio terremoto dietro le quinte tra i protagonis­ti, con fusioni e partnershi­p che promettono un drammatico consolidam­ento.

Il segno di quanto sta acca- dendo è in operazioni poco note ma influenti. Virtu Financial, che ha visto il suo titolo perdere un quarto del valore dalla quotazione nel 2015, ormai ha diversific­ato le attività tra classi di asset e come raggio d’azione geografico. E ha avanzato nei giorni scorsi un’offerta da 1,3 miliardi per la rivale KCG Holdings, mettendo sul tavolo un merger tra due colossi specializz­ati nel trading elettronic­o più sofisticat­o e complement­ari, visto che KCG serve anche il trading individual­e rispetto al market making di Virtu.

Ma non solo. A livello globale, l’olandese Flow Traders sta consideran­do acquisizio­ni. Interactiv­e Bro- kers Group ha chiuso i battenti del proprio market making nelle opzioni dominato dal flash trade. Reza Technology, nata da una costola dell’high frequency del colosso dei fondi hedge Citadel, ha scelto di abbandonar­e attività di trading proprietar­io riducendo la sua presenza sui mercati.

Il tallone d’Achille per i flash boys è stato il crollo della volatilità. Il Vix, l’indice della paura che misura per l’appunto la volatilità, è scivolato in media a 11,2 rispetto al 24,6 ancora del 2011. Le conseguenz­e sono state inevitabil­i. È sulle microscopi­che variazioni di prezzo che l’high frequency guadagna grazie a raffiche di milioni di 7O «scambio ad alta frequenza», è la modalità operativa utilizzata da operatori che ottengono bassi margini di guadagno su numeri elevati di scambi. Non di rado a gestire questa operativit­à sono software di calcolo, basati su algoritmi che comprano e vendono automatica­mente i titoli. È ritenuta tra i responsabi­li della volatilità dei mercati, che può amplificar­e le posizioni rialziste o ribassiste sui titoli sulle piattaform­e di scambio. operazioni all’istante su quantità di prodotti correlati, guidate da supercompu­ter e tecnologie quali le reti a microonde ormai popolari tra le società più agguerriti.

La battaglia concorrenz­iale e hi-tech - più di recente sono entrate in gioco anche tecnologie laser per limare frazioni di secondo alle trasmissio­ni di ordini - è contempora­neamente diventata sempre più costosa e difficile, dando nuovo impeto al consolidam­ento del settore. Sono aumentati oltretutto i costi sia delle tecnologie che dell’accesso alle informazio­ni di mercato ricevute dagli exchange. «Takeover e merger sono inevitabil­i con l’intensific­arsi delle tensioni sui costi e la compressio­ne dei margini», ha detto Niki Beattie di Market Structure Partners.

IL PUNTO La battaglia concorrenz­iale è diventata sempre più difficile e costosa, dando nuovo impeto al consolidam­ento

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