La Parmalat francese a rischio processo per il «caso Lag»
Minaccia di nuovo tempesta giudiziaria, sopra la Parmalat. Il colosso italiano del latte rischia di finire a processo per il controverso, e ormai vecchio, «Caso Lag». Pessime notizie per Emmanuel Besnier, il potente e riservatissimo «Re del latte» in Europa, reduce dal fallimento di un’Opa per il delisting di Parmalat: la nuova tegola viene dunque a cadere nel momento più delicato in Italia per i francesi di Lactalis, proprietari del gruppo alimentatare di Collecchio, non proprio accolti come «benvenuti» nel paese.
Nei giorni scorsi si sono chiuse le indagini sulla contestatissima auto-vendita tra Lactalis e Parmalat: secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, si va verso la richiesta di rinvio a giudizio per il consiglio di amministrazione che era allora in carica. Nel mirino della Procura di Roma, un’operazione che risale al 2012: Lactalis, che aveva scalato Parmalat l’anno prima spendendo 4 miliardi, tutti a debito, vendeva al gruppo italiano una sua società, la Lag, al prezzo di 900 milioni di dollari (poi scontati a 750). All’epoca Parmalat aveva in cassa il famoso «tesoretto» di Enrico Bondi, 1,4 miliardi di liquidità, e pagò al suo stesso azionista tutto in contanti. Scoppiò il finimondo: i soci di minoranza, in prima fila il fondo Amber (lo stesso che ora si è messo di traverso sull’Opa contestandone il prezzo) che gridò allo «scippo» della cassa di Parmalat da parte di Lactalis per ripagarsi i debiti della scalata.
Besnier ora si trova nel bel mezzo di un’Opa fallita, che ne ha indebolito l’immagine di imprenditore calcolatore che non sbaglia mai una mossa: per la prima volta da quando è sbarcato in Italia, nel 2011, vede andare in fumo i suoi piani. Negli ultimi giorni del dicembre 2016, con l’Italia a tavola per festeggiare il Natale, aveva annunciato un’Opa per portare via la Parmalat dalla Borsa. Una mossa che il mercato attendeva da anni. Ma che, almeno per ora, non è andata per il verso giusto.
Ora un nuovo, e più preoccupante, fronte si riapre: se i manager di Parmalat dell’epoca (tra cui l’ex presidente Franco Tatò, l’attuale ad Yvon Guerin e l’avvocato Francesco Gatti) dovessero andare a processo, e vale la presunzione di innocenza fino a prova contraria, il contraccolpo su Lactalis potrebbe essere significativo. Al tempo dell’ope- razione Lag, Amber aveva presentato un esposto alla Consob. Il fascicolo, poi, passò alla Procura di Parma che vi ravvide gli estremi per aprire un’indagine. Ne partirono due filoni: uno civile, che ipotizzava gravi irregolarità aziendali; e uno penale, per appropriazione indebita e ostacolo alla vigilanza.
I magistrati di Parma dietro denuncia del fondo Amber, avevano chiesto la revoca del cda, accusandolo di aver agito contro
LA VICENDA Nel mirino della Procura di Roma l’operazione che nel 2012 ha portato Lactalis a vendere la controllata al gruppo di Collecchio
gli interessi di Parmalat a favore dell'azionista francese. La causa civile terminò con un’assoluzione ambigua: erano stati riconosciuti una serie di errori, ma non ci fu nessuna condanna, nè il ventilato, e temutissimo, azzeramento del Cda. Vittoria, per Lactalis. In tutto questo tempo però è rimasto in piedi il filone penale dell’indagine che da Parma è arrivato sul tavolo del pubblico ministero Carla Canaia a Roma. La cosa era finita un po’ nel dimenticatoio. Invece la Pm depositerà una richiesta di rinvio a giudizio: spetterà ora ai giudici decidere se si andrà a processo o no.