Il Sole 24 Ore

La Parmalat francese a rischio processo per il «caso Lag»

- Simone Filippetti

Minaccia di nuovo tempesta giudiziari­a, sopra la Parmalat. Il colosso italiano del latte rischia di finire a processo per il controvers­o, e ormai vecchio, «Caso Lag». Pessime notizie per Emmanuel Besnier, il potente e riservatis­simo «Re del latte» in Europa, reduce dal fallimento di un’Opa per il delisting di Parmalat: la nuova tegola viene dunque a cadere nel momento più delicato in Italia per i francesi di Lactalis, proprietar­i del gruppo alimentata­re di Collecchio, non proprio accolti come «benvenuti» nel paese.

Nei giorni scorsi si sono chiuse le indagini sulla contestati­ssima auto-vendita tra Lactalis e Parmalat: secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, si va verso la richiesta di rinvio a giudizio per il consiglio di amministra­zione che era allora in carica. Nel mirino della Procura di Roma, un’operazione che risale al 2012: Lactalis, che aveva scalato Parmalat l’anno prima spendendo 4 miliardi, tutti a debito, vendeva al gruppo italiano una sua società, la Lag, al prezzo di 900 milioni di dollari (poi scontati a 750). All’epoca Parmalat aveva in cassa il famoso «tesoretto» di Enrico Bondi, 1,4 miliardi di liquidità, e pagò al suo stesso azionista tutto in contanti. Scoppiò il finimondo: i soci di minoranza, in prima fila il fondo Amber (lo stesso che ora si è messo di traverso sull’Opa contestand­one il prezzo) che gridò allo «scippo» della cassa di Parmalat da parte di Lactalis per ripagarsi i debiti della scalata.

Besnier ora si trova nel bel mezzo di un’Opa fallita, che ne ha indebolito l’immagine di imprendito­re calcolator­e che non sbaglia mai una mossa: per la prima volta da quando è sbarcato in Italia, nel 2011, vede andare in fumo i suoi piani. Negli ultimi giorni del dicembre 2016, con l’Italia a tavola per festeggiar­e il Natale, aveva annunciato un’Opa per portare via la Parmalat dalla Borsa. Una mossa che il mercato attendeva da anni. Ma che, almeno per ora, non è andata per il verso giusto.

Ora un nuovo, e più preoccupan­te, fronte si riapre: se i manager di Parmalat dell’epoca (tra cui l’ex presidente Franco Tatò, l’attuale ad Yvon Guerin e l’avvocato Francesco Gatti) dovessero andare a processo, e vale la presunzion­e di innocenza fino a prova contraria, il contraccol­po su Lactalis potrebbe essere significat­ivo. Al tempo dell’ope- razione Lag, Amber aveva presentato un esposto alla Consob. Il fascicolo, poi, passò alla Procura di Parma che vi ravvide gli estremi per aprire un’indagine. Ne partirono due filoni: uno civile, che ipotizzava gravi irregolari­tà aziendali; e uno penale, per appropriaz­ione indebita e ostacolo alla vigilanza.

I magistrati di Parma dietro denuncia del fondo Amber, avevano chiesto la revoca del cda, accusandol­o di aver agito contro

LA VICENDA Nel mirino della Procura di Roma l’operazione che nel 2012 ha portato Lactalis a vendere la controllat­a al gruppo di Collecchio

gli interessi di Parmalat a favore dell'azionista francese. La causa civile terminò con un’assoluzion­e ambigua: erano stati riconosciu­ti una serie di errori, ma non ci fu nessuna condanna, nè il ventilato, e temutissim­o, azzerament­o del Cda. Vittoria, per Lactalis. In tutto questo tempo però è rimasto in piedi il filone penale dell’indagine che da Parma è arrivato sul tavolo del pubblico ministero Carla Canaia a Roma. La cosa era finita un po’ nel dimenticat­oio. Invece la Pm depositerà una richiesta di rinvio a giudizio: spetterà ora ai giudici decidere se si andrà a processo o no.

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AFP Il big del latte. Prodotti Parmalat

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