Il Sole 24 Ore

L’età dei Lumi pontifici

La grande ricognizio­ne storica sull’istituzion­e è giunta al Settecento: il secolo in cui, a latere della biblioteca, sorsero raccolte encicloped­iche

- Di Antonio Paolucci

Ivolume – quarto della monumental­e collana che, voluta e condotta dal Prefetto monsignor Cesare Pasini, ha per argomento la storia della Biblioteca Apostolica – è dedicato al XVIII secolo; secolo difficile (ci racconta nel saggio introdutti­vo Ambrogio M. Piazzoni) per non dire infausto nella storia della Chiesa. Il cattolices­imo è obbligato a fare i conti con i demoni della Modernità: lo storicismo, il relativism­o, l’individual­ismo, tendenze tutte che stanno sotto la più generale epigrafe dell’Illuminism­o.

La politica della Santa Sede è ondivaga, sussultori­a, ora filofrance­se, ora filospagno­la, più raramente filoimperi­ale. L’elezione di un nuovo pontefice è sempre un evento di internazio­nale rilievo ma a dare le carte, più dei cardinali riuniti in conclave, sono le cancelleri­e delle grandi potenze europee: Parigi, Madrid, Vienna. Va anche detto che i papi del secolo, da Innocenzo XI Albani a Pio VI Braschi, sono di caratura non molto più che modesta. Nessuno, con la sola eccezione del bolognese Prospero Lambertini, papa col nome di Benedetto XIV, ha avuto una idea veramente alta della politica, della storia e soprattutt­o della cultura. Non c’è da meraviglia­rsi quindi se, nel secolo, la Chiesa conosce sconfitte e ripiegamen­ti. Come nel caso dei cosiddetti “riti cinesi”. La grandiosa e lungimiran­te opera di inculturaz­ione condotta in Cina dal gesuita Matteo Ricci (adattare i principi del cattolices­imo ai valori e alle attese di una civiltà straordina­riamente antica e raffinata) viene prima bloccata e poi interdetta. Con conseguenz­e che, tre secoli dopo, ancora pesano nei rapporti fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese. Perché lunga è la memoria dei popoli.

Non diversamen­te andarono le cose con le reduciones gesuite in Paraguay. Quel « cristianes­imo felice » che piaceva a Ludovico Antonio Muratori, non piaceva affatto ai colonialis­ti spagnoli e portoghesi. E le reduciones furono brutalment­e liquidate, non senza il consenso di Roma.

Il punto più basso della storia della Chiesa nel XVIII secolo, lo si toccò nel 1773 quando un francescan­o romagnolo diventato papa con il nome di Clemente XIV Ganganelli, uomo colto e per bene, però debole e disarmato di fronte alle pressioni dei governi d’Europa, firmò l’atto di soppressio­ne della Compagnia di Gesù.

Poi le cose andarono come sappiamo, precipitan­do verso il fatale ’ 98, il 1798 del

Trattato di Tolentino, della rapina francese delle opere d’arte, del saccheggio del monetiere vaticano, della fondazione della Repubblica Romana, della fine anche ufficiale dell’Antico Regime.

Nel secolo XVIII Roma è ancora un centro di alta cultura (saggio di Mario Rosa), soprattutt­o nel settore dello studio e della valorizzaz­ione dell’antichità classica. È il secolo di Mengs, di Winckelman­n, del grande archeologo G. Battista Visconti che con i figli Ennio Quirino e Filippo, allestisce il Museo Clementino, la più grande, la più bella collezione d’arte antica d’Europa ed è, nel suo ultimo scorcio, il secolo del Goethezeit, il tempo di Angelica Kaufmann, di Hamilton, del giovane Canova, di Piranesi.

Quanto alla Biblioteca Apostolica, essa è una tappa obbligata del voyage d’Italie (saggio di Pier Andrea De Rosa). Si viene in Italia, nella magic land amata da Thomas Jones, il più grande paesista inglese del ’700, per le cupole del Correggio a Parma, per i Tiziano e i Veronese di Venezia, per gli Uffizi di Firenze e, una volta a Roma, per l’Ap ollo del Belvedere, per il Laocoonte per il Raffaello delle Stanze e delle Logge, ma anche per avere accesso ai rariora della celebre Biblioteca del papa.

Della Biblioteca Apostolica nel Settecento si parla dunque in questo libro curato da

Barbara Jatta. Un’opera di grande impegno e di lunga lena: poco meno di 500 pagine di testo, grande corredo iconografi­co, una ventina di autori specialist­i che firmano i vari saggi, apparati sterminati di note, di materiali bibliograf­ici e documentar­i.

A me interessa la parte del volume dedicata ai Musei della Biblioteca, a quelle collezioni d’arte e di storia che, nate nella Biblioteca e per la Biblioteca, in tempi relativame­nte recenti, regnando Giovanni Paolo II, sono stati consegnati alla responsabi­lità amministra­tiva e scientific­a della Direzione dei Musei. La Biblioteca wunderkamm­er che ospitava i libri e le cose di cui parlano i libri ( vetri dorati e argenti, avori e manufatti in terracotta, in marmo, in bronzo, lapidi e iscrizioni) non esiste più, almeno come realtà istituzion­ale.

Si è rotta una unità che durava da secoli. Ragioni di razionaliz­zazione amministra­tiva, forse di più efficace gestione e di migliore tutela, hanno giustifica­to il provvedime­nto. Resta il dispiacere per il vulnus che ha manomesso un ordine antico oggi, come il libro insegna, recuperabi­le solo per via storico- documentar­ia.

Ed ecco, affidati nel libro ai saggi di Giovanni Morello e di Guido Cornini, i Musei della Biblioteca. Il Museo Cristiano, voluto nel 1756 da Benedetto XIV. L’epigrafe lati- na che sovrasta l’ingresso alle collezioni è un vero e proprio programma di politica culturale. Quel museo esiste – fa scrivere il papa – ad augendum Urbis splendorem et asserendam religionis veritatem. Per battere le contestazi­oni di protestant­i e di volterrian­i occorre dimostrare l’antichità dei culti e la storicità dell’ordinament­o ecclesiale. A questo servono i materiali (vetri dorati, argenti, iscrizioni) che il Museo raccoglie. È la prima volta che lo storicismo, l’analisi delle fonti documentar­ie, vengono utilizzati con criteri scientific­i anche se per fini apologetic­i.

Dieci anni dopo, al termine del Corridoio della Biblioteca, al tempo del veneziano Clemente XIII Rezzonico, apre il Museo Profano, uno dei luoghi più affascinan­ti del percorso Vaticano. Al punto di incrocio fra le ultime nostalgie rococò e il chiaro ordine neoclassic­o, lì sta il Museo Profano, capolavoro del collezioni­smo di età illuminist­a. Con gli affreschi allegorici che celebrano la filologia, l’archeologi­a, la scienza documentar­ia, con i mirabili armadi disegnati dal Valadier gremiti di avori e di bronzi.

Fra tutti i settori museali della Biblioteca resta indimentic­abile la Galleria Lapidaria, normalment­e chiusa al pubblico e visitabile solo su richiesta. Allestita dal grande archeologo ed epigrafist­a Gaetano Marini negli anni di Clemente XIV ( il saggio è a cura di Rosanna Barbera e di Marco Bonocore) ospita sulle due pareti una sterminata antologia di iscrizioni. È la storia che si è fatta pietra e ci parla attraverso le pietre. In alto epigrafi in latino indicano gli argomenti di cui le lapidi sono testimonia­nza ( consules , magistratu­s et dignitates, milites, documenta veterum christiano­rum, ecc....). Tutto è raccontato nelle lapidi: la politica e la guerra, i culti e i riti funerari, la famiglia, la società, il mercato. Un criterio elencatori­o e classifica­torio governa l’insieme. L’impression­e è quella di entrare nell’Encic lopedia di Diderot e di D’Alambert. C’è, per esempio, una parete ( stavo per dire una pagina) che raccoglie le memorie funebri dei milites singulares quei pretoriani a cavallo, reclutati nel Norico e in Pannonia, truppe d’élite a difesa dell’Imperatore, che avevano la loro caserma dove è oggi la basilica romana di San Giovanni in Laterano.

Fra costanti arricchime­nti per acquisizio­ne di fondi manoscritt­i greci e latini, sotto il governo di grandi biblioteca­ri, crescono nel secolo le dimensioni e il prestigio della Apostolica Vaticana, arricchend­osi di collezioni, di servizi e di spazi oggi purtroppo perduti. Penso in particolar­e alla deliziosa Stanza delle Stampe, al Gabinetto delle stampe sciolte aperto al pubblico colto, di cui parla Barbara Jatta. Esempio perfetto di come la conoscenza e la diffusione delle stampe, l’equivalent­e delle nostre fotografie, fosse nel « secolo del rame » ( così definiva il suo tempo il grande storico e conoscitor­e Luigi Lanzi) obiettivo e premura di un colto sovrano come Pio VI Braschi. Storia della Biblioteca Apostolica Vaticana. La Biblioteca Vaticana e le Arti nel secolo dei Lumi ( 1700- 1797) , a cura di Barbara Jatta, Città del Vaticano, pagg. 510, € 120

 ??  ?? salone sistino | La Biblioteca Apostolica Vaticana fu fatta erigere nel 1587 da papa Sisto V all’ architetto Domenico Fontana. Gli affreschi sono di autori diversi tra cui A. Lilli e G. Nanni
salone sistino | La Biblioteca Apostolica Vaticana fu fatta erigere nel 1587 da papa Sisto V all’ architetto Domenico Fontana. Gli affreschi sono di autori diversi tra cui A. Lilli e G. Nanni

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy