Musulmani dei Balcani
IBalcani da sempre hanno rappresentato la faglia su cui si sono scontrati e anche incontrati il Cristianesimo e l’Islam, una linea di frontiera e di attrito, che ha anche un luogo simbolo, il fiume Danubio. La storia degli ultimi cinque secoli è stata, infatti, segnata dai tentativi dell’Islam di giungere al cuore dell’Europa attraverso la via balcanica, arrivando per due volte sotto le mura di Vienna, nel 1529 e nel 1683.
Già nel 1389 era stata combattuta la battaglia della Piana dei Merli tra l’esercito dell’alleanza cristiana balcanica e quello ottomano, uno scontro che sarebbe entrato nell’epica e nel sentimento comunitario del popolo serbo. Mentre il successivo passaggio chiave sarebbe stata la conquista di Costantinopoli, l’antica Bisanzio, ad opera del sultano Maometto (Mehmet) II, nel 1453. La basilica di Santa Sofia, simbolo della cristianità d’Oriente, fu trasformata in moschea e sul trono che era stato dell’imperatore d’Oriente, il basileus, si insediò il sultano.
La dissoluzione della Jugoslavia comunista con le tragiche guerre che ne sono conseguite, segnate dalla pulizia etnica, non senza alcuni errori dell’Occidente, hanno rimesso i Balcani al centro di questa dinamica di confronto, culturale e geopolitico. Non a caso l’estremismo islamico ha colto l’occasione per creare in quest’area avamposti dell’integralismo salafita. Il saggio di Sergio Paini, “La mezza luna d’Europa – I musulmani dei Balcani dagli Ottomani fino all’Isis” ci immerge nei fermenti in atto nei Balcani, una realtà complessa di cui, al di fuori di una cerchia di addetti ai lavori, si sa molto poco. «Una penetrazione silenziosa, facilitata da guerre», spiega Paini, «instabilità politica e istituzioni deboli, nonché da crisi economiche, corruzione endemica e disoccupazione».
La nuova islamizzazione dei Balcani sta avvenendo soprattutto attraverso l’azione di associazioni umanitarie e fondazioni che sono sostenute dai ricchi paesi del Golfo Persico, Arabia Saudita e Qatar in prima fila. Oggi una delle più importanti moschee di Sarajevo è dedicata al defunto monarca saudita, re Fahd, mentre è capillare la rete di scuole islamiche a forte vocazione integralista. In Bosnia è stato realizzato uno dei più importanti investimenti turistici al mondo, la costruzione dell’immenso polo, accanto a Trnovo, “Buroij Ozone City”, una sorta di nuova Dubai, del valore di 2,3 miliardi di euro, mille ville di lusso e altrettanti appartamenti riservati quasi esclusivamente a stranieri arabi.
Queste sono terre dove nei secoli passati gli ottomani praticavano il devsirne, parola che si traduce letteralmente in “raccolta”, la cosiddetta “tassa di sangue” in virtù della quale si procedeva al reclutamento forzato di giovani cristiani, strappati alle famiglie in tenera età, trasferiti in Turchia, convertiti all’Islam ed arruolati nell’esercito. Del resto, i Balcani fu l’area dove avvenne la conversione massiccia di popolazioni, i bosniaci e gli albanesi, che oggi costituiscono i principali gruppi autoctoni europei di confessione islamica, cui si aggiungono altri gruppi minori di slavi islamizzati (i pomacchi, i torbesi e i gorani).
Nell’area balcanica si è radicato un Islam di tipo hanafita, quello derivante dalla più antica e prestigiosa scuola giuridica del sunnismo, fondata dal teologo arabo Abu Hanifa (702772), e diventata la dottrina ufficiale dell’Impero Ottomano, oggi radicata presso un terzo dei musulmani al mondo.
In anni molto recenti, molte indagini condotte dalle magistrature di paesi occidentali, compresa quella italiana, hanno ricostruito quella che è stata definita la “filiera balcanica” di supporto all’Isis e come proprio in quest’area si stiano palesando forme di radicalismo sconosciute nel recente passato.
Il premier britannico Winston Churchill diceva che i Balcani producono molta più storia di quanta ne possano digerire. In alcune fasi l’incontro di diverse religioni su questo territorio è avvenuto con convivenza pacifica, producendo cultura virtuosa, in altri momenti si è trasformato in scontro feroce e intolleranza. Paini nel suo saggio-inchiesta documenta quanto siano persistenti alcune derive radicali che vorrebbero addirittura espellere ogni presenza cristiana dall’area. Il tema urgente è capire se questo risveglio islamico appartenga a normali dinamiche storiche o possa essere un pericolo per la stabilità e la libertà religiosa.