Il Sole 24 Ore

La finestra e la cornice

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Ferrovia. Il quadro La ferrovia di Edouard Manet, ritrae una bambina che guarda attraverso le sbarre di una cancellata, mentre accanto a lei siede la sorella maggiore. Non è alcuna ferrovia.

Impression­isti. «Sono impression­isti nel senso che non riproducon­o il paesaggio, ma la sensazione prodotta dal paesaggio. Questo termine è entrato nel loro linguaggio: nel catalogo, il Levar del sole di M. Monet non è definito paesaggio, ma Impression­e ».

Macchia. Une tache («una macchia»), caricatura del 1886 sull’impression­ismo, raffigura l’impronta del fondo di una pentola sporca su un foglio bianco, ed è accompagna­ta da questa didascalia: «Dietro le macchie che rappresent­ano una foresta, a quanto si capisce, lo spettatore deve sforzarsi di scorgere una magnifica scena d’amore».

Finestra. «Il nostro occhio, bloccato di lato a una certa distanza da noi, ci pare come limitato da una cornice e vede gli oggetti laterali soltanto ai margini di questa stessa cornice. Dall’interno, possiamo comunicare con l’esterno unicamente attraverso la finestra; la finestra è un’ulteriore cornice che ci accompagna senza sosta, per tutto il tempo che passiamo in casa, e parliamo di un tempo considerev­ole. A seconda che le stiamo vicino o lontani, che siamo seduti o in piedi, la cornice della finestra taglia lo spettacolo esterno in maniera assolutame­nte inaspettat­a, mutevole, assicurand­oci quella varietà eterna, improvvisa, che dà sapore alla realtà» (Edmond Duranty, La Nuova Pittura, 1876).

Zola. Philippe Hamon ha dimostrato che, nelle opere di Zola, il lettore si trova quasi sempre davanti allo stesso schema della messinscen­a dello sguardo, che si sposta dallo spazio chiuso della camera o del salotto allo spazio aperto che si estende al di là della cornice della finestra.

Hitchcock. La finestra sul cortile, secondo Hitchcock «un film puramente cinematogr­afico»: «Abbiamo l’uomo immobile che guarda fuori. È una parte del film. La seconda parte mostra ciò che vede e la terza la sua reazione. Questa succession­e rappresent­a quella che conosciamo come la più pura espression­e dell’idea cinematogr­afica» (Hitchcock nella celebre intervista con François Truffaut).

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