Il Sole 24 Ore

Ma che morto di fame!

- di Maurizio Maggiani

Ecosì l’ha sgamata anche stavolta, eccolo lì. E sì che non è stato un inverno da niente e è durato tutto il tempo che ha voluto, e lui era da più di una settimana che non si faceva vedere, e stavolta ero davvero per darlo finito, fai che riprendo a rasare l’erba e me lo ritrovo da qualche parte a zampe all’aria, e non lo so se lo reggo lo spettacolo; e invece eccolo lì alla finestra come se l’ultima volta fosse staro ieri.

Ma quanto sarà mai vecchio? Vent’anni? Chi lo sa, magari di più, mica incanutisc­e, so solo che io e lui siamo venuti qui insieme, visto che prima c’erano dei buchi non delle finestre e da quando c’è questa, io sono di qui ogni mattina a guardarci attraverso lui è di là, che mi guarda e non mi guarda.

È un principe, è un signore, è lo spirito di David Copperfiel­d, è l’orfano che guarda dalla vetrina un grasso Grunch che fa scarpetta con una bella fetta di pane bianco nel grasso di un cosciotto di montone, è il povero, il morto di fame che non viene a mendicare, ma è qui per constatare e giudicare e prendere nota per un domani. È il pettirosso.

Certo che vorrei dividere la mia colazione con lui, con quell’uccelletto presuntuos­o e indisponen­te, con quel re senzaterra, orbato della boscaglia che ho estirpato con le mie mani per farci il giardino più ganzo della contrada, ma lui non prende niente di quello che gli lascio alla finestra. Prende, lo so perché lo spio, quello che gli lascio sotto la quercia, là dove si cela il suo solingo maniero, ma quella non è più un’elemosina, è un’offerta votiva, accettarla è gesto di dignità signorile.

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erithacus rubecola Illustrazi­one da un libro di ornitologi­a tedesco del 1860

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