L’abbigliamento post-robotico per le disabilità
Debuttano gli esomuscoli, che sfruttano i materiali a memoria di forma e la tecnologia flessibile. E il corpo diventa un device
La robotica - abbinata all’intelligenza artificiale, alla stampa 3D e ai nuovi materiali - sta ridisegnando completamente il paesaggio della sanità, sia nella sua struttura sia nel suo funzionamento. Tute riabilitative per monitorare e assistere i movimenti, braccialetti sonori per persone con disabilità visive, guanti robotici che ”leggono” i segnali bioelettrici direttamente dai muscoli per comprendere le intenzioni e indirizzare i movimenti, sono solo alcuni esempi di robot al servizio della persona, che non solo incidono sulla qualità di vita dei pazienti con disabilità, ma anche sulla sostenibilità a lungo termine dei sistemi di assistenza sanitaria.
A causa di ictus, invecchiamento, lesioni e altre condizioni, secondo la Banca Mondiale, il 12% dell’intera popolazione, cioè 7,5 miliardi di persone, avrà problemi di mobilità. Questo spiega il boom della ricerca nel campo degli esoscheletri, settore oggi molto affollato da startup. Secondo un’indagine di WinterGreen Research la dimensione della riabilitazione robotica vale 43,3 milioni di dollari con una previsione di crescita a 1,8 miliardi entro il 2020. Ma sulla scena, grazie all’entrata di un nuovo attore, ovvero la scienza dei materiali, il settore sta progressivamente evolvendo verso gli esoscheletri “soft” e “ultra soft”. Che promettono migliori prestazioni terapeutiche rispetto agli esistenti rigidi. E grazie all’elettronica flessibile unita ai materiali altamente ingegnerizzati come i vetri metallici o quelli a memoria di forma, la funzionalità dell’abbigliamento riabilitativo potrà essere estesa anche ai paraplegici, per monitorare e assistere il movimento. Una ricerca che potrebbe davvero rivoluzionare ciò che indossiamo.
« L’obiettivo - spiega Atakan Peker, uno degli inventori delle leghe Liquidmetal - è quello di rendere possibile una classe di “esomuscoli” in cui tutti gli elementi funzionali sono incorporati in una pelle elastica, che includerà anche l’elettronica flessibile. Le future generazioni di robot indossabili saranno quindi sistemi costruiti con materiali conformabili che non limitano i movimenti naturali di chi li indossa » .
E in questo settore, l’Italia occupa un ruolo di primo piano. Partendo dall’Octopus, il robot soft in silicone a forma di polipo della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, all’Iit di Genova che ha realizzato Abbi, “Audio Bracelet for Blind Interaction”, uno dei primi sistemi al mondo per la riabilitazione sensomotoria dei bambini non vedenti. Il dispositivo, indossabile, sfrutta la capacità del cervello di integrare le informazioni provenienti dai sensi, utilizzando un feedback sonoro legato al movimento del corpo, per consentire di esplorare l’ambiente circostante nella maniera più naturale possibile e costruire “mappe acustiche” dei territori di frequentazione quotidiana, aiutando la persona con disabilità visive a orientarsi nello spazio.
Nel panorama degli arti robotici, la SoftHand, sviluppata dal Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa e dall’Iit - e oggi al centro del progetto europeo SoftPro - è in grado di eseguire prese energiche per oggetti pesanti e lievi per quelli più delicati. Mentre ReHand, disegnato e fabbricato dal Center for Sustainable Futures dell’Iit a Torino è un guanto robotico che può essere indossato in pochi istanti e permette l’assistenza al movimento delle dita sfruttando segnali bioelettrici letti direttamente dai muscoli dell’utilizzatore attraverso la tecnica dell’elettromiografia ( Emg) di superficie.
Anche le sedie a rotelle non saranno più le stesse, e diventeranno accessori tecnologici con telaio in titanio, ruote in fibra di carbonio, sedile in resina semi-trasparente. Go Wheelchair di LayerLab, agenzia di design creata dal francese Benjamin Hubert ha realizzato un prototipo avveniristico con Materialise, leader nella stampa 3D. Go è su misura, leggera e altamente funzionale ed è capace di adattarsi alle caratteristiche fisiche dell’utente attraverso un programma digitale che acquisisce i dati biometrici. In questo modo, la carrozzina si adatta con precisione alla forma del corpo, al peso e alla disabilità per ridurre infortuni e aumentare comfort, manovrabilità e supporto.
Completano il quadro una pletora di device assistivi per la comunicazione di ipovedenti, sordi, o paralizzati che rientrano nel capitolo della “tecnologia aumentata”. Tra questi, lo speciale guanto dbGlove, sviluppato dall’italiano Nicholas Caporusso in collaborazione con Nokia, che può trasformare una mano in un ingresso digitale.