Il Sole 24 Ore

Soluzioni meno visibili ma disegnate con gli utenti

Galleggian­te modulare, carrozzina sportiva e stampa 3D di oggetti

- di Alessia Maccaferri

Nuotare nella libertà del gesto, in autonomia, senza dare particolar­mente nell’occhio. Per una persona disabile o con importanti difficoltà motorie resta un sogno. Un sogno consegnato finora a operatori e familiari che sostengono il corpo nel galleggiam­ento o danno fiducia con la loro presenza. Oppure ad ausili che – oltre ad avere alti costi- non passano certo inosservat­i. « Abbiamo chiesto una soluzione che fosse adattabile a persone con problemati­che diverse, che avesse minore visibilità possibile e costi accessibil­i» spiega Marco Rasconi, presidente dell’Unione italiana Lotta alla Distrofia Muscolare che ha partecipat­o all’ideazione di Aqtivo: un dispositiv­o modulare e adattabile per il galleggiam­ento di diverse parti del corpo ( testa, busto, arti) , caratteris­tiche individual­i ( tipo di disabilità e caratteris­tiche fisiche) e attività ( un conto è nuotare, un altro galleggiar­e) che potrebbe includere anche la riabilitaz­ione. Accanto a Rasconi, si sono seduti attorno al tavolo designer, ingegneri, fisioterap­isti, ricercator­i del Cnr. « Il progetto sposa la nostra mission aziendale: rendere accessibil­e al più grande numero di persone il piacere e i benefici dello sport- spiega Stefano Moretto, che in Decathlon ha guidato per anni un team di sviluppo di prodotti in ambito acquatico ed è referente per il progetto Aqtivo – Siamo già attivi da due anni nel settore dei diversamen­te abili dove peraltro sta crescendo fortemente la domanda » . Decathlon ascolta i bisogni e sta cominciand­o a produrre e commercial­izzare diversi prodotti, dall’abbigliame­nto per chi ha subito amputazion­i ad ausili per gli sport a squadre. Per Aqtivo «metteremo in gioco i nostri gruppi di ricerca nazionali come Desio dove c’è anche la produzione, e Padova. Ma anche centri internazio­nali come Hendaye in Francia, specializz­ato nella ricerca degli sport acquatici » . Gli aspetti tecnici da esplorare di più saranno legati all’ingegneria di prodotto, al design e ai materiali. Tenendo in consideraz­ione il prezzo che dovrà essere accessibil­e per gli scaffali Decathlon. Come già accade con altri prodotti simili, l’azienda francese potrebbe reinvestir­e gli utili nella ricerca in questo settore. E magari coinvolger­e la Fondazione Decathlon che sostiene progetti legati alla disabilità.

Aqtivo è una delle sei soluzioni individuat­e da Crew (Codesign for Rehabilita­tion and Wellbeing), progetto di ricerca nell’abilitazio­ne e riabilitaz­ione motoria e cognitiva e dell’inclusione sociale di persone con disabilità. «L’obiettivo è giungere a tecnologie che rispondano a bisogni reali, che non stigmatizz­ino la disabilità, che siano traslabili a più patologie, con costi accessibil­i al mercato» spiega Antonella Bertolotti, project manager del Distretto della Disabilità di Fondazione Cariplo, al cui interno è nato Crew con una dotazione di oltre tre milioni di euro. Per la prima volta in Italia è stato utilizzato con Crew il modello europeo della ricerca e innovazion­e responsabi­le (Rri), utilizzand­o una metodologi­a di coprogetta­zione per individuar­e il bisogno e trovare una soluzione alle esigenze espresse in laboratori dedicati a: sport e disabilità, integrazio­ne scolastica e autismo, disabilità neuromotor­ie pediatrich­e, ambienti di vita per mantenere l’autonomia e per una nuova autonomia.

«È fondamenta­le partire dai bisogni e dalle capacità del singolo individuo che viene colpito in modalità differente dalla patologia. Così si può trovare una soluzione intelligen­te, facile da usare e che sia “ecologica”, che favorisca l’interazion­e con l’ambiente e con gli altri» spiega il professor Giuseppe Andreoni, ingegnere elettronic­o del Politecnic­o di Milano che si occupa di ergonomia e usabilità delle tecnologie biomediche con l’approccio dell’ human cente

red design. Ha partecipat­o all’ideazione di Aqtivo e anche di Cambio, una carrozzina che, grazie all’assetto variabile e al cambio di trazione, consente l’utilizzo per la vita all’aria aperta e lo sport a livello amatoriale. E ancora di Grippos, un sistema integrato che a partire da una piattaform­a online consente, anche grazie alla stampa 3d, la personaliz­zazione di strumenti e dispositiv­i per agevolare la presa di oggetti e strumenti per svolgere attività quotidiane. « Dall’accendino al cavatappi, si tratta di pensare a una serie di oggetti quasi definiti - spiega Costantino Bongiorno, cofondator­e di WeMake, fablab milanese attento alle interazion­e tra chi usa l’oggetto e chi lo deve costruire - Poi l’utente sulla piattaform­a potrà fare piccole modifiche nelle dimensioni e nei dettagli per declinarli meglio ai proprio bisogni. E quindi procedere alla stampa 3d » .

Come ha messo in luce l’ultima campagna in occasione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down il modo di rapportars­i alla diversità è decisament­e cambiato rispetto a qualche anno fa. Il claim è # nospecialn­eeds. Ovvero « Nessun bisogno speciale » , perché i bisogni in realtà sono quelli di tutti: studiare, lavorare, imparare, relazionar­si agli altri. Intento incorporat­o dal progetto Crew che ora entra nella fase della prototipaz­ione, con sostegno della Fondazione Filarete. « Mosaic è pensato consideran­do la classe come gruppo indistinto composto da bambini ognuno con le proprie caratteris­tiche i ndividuali- spiega Matteo Valoriani, amministra­tore di Fifth Element - Ci sono contenuti digitali e oggetti fisici intelligen­ti. Una sorta di codice aperto a disposizio­ne dei docenti e dei terapisti » . Perché Mosaic include i bisogni dei bambini autistici, senza tuttavia essere un prodotto esclusivo per loro. Logica simile per GiocAbile, che sposa pienameno lo spirito del design for all: è un gioco digitale divertente e accessibil­e a tutti ma che può essere personaliz­zato e integrato con oggetti fisici tenendo in consideraz­ione i bisogni dei bambini con disabilità psico-motorie. Vuole essere “invisibile” anche BabyCrew una seduta pensata per i bambini affetti da paralisi cerebrale infantile. Fondamenta­le per il loro sviluppo è riuscire a stare seduti a sei mesi, come tutti i bimbi. Anche in questo caso l’intento è arrivare a un prodotto non caratteriz­zante la disabilità ma vicino al mondo del gioco. Cosicché il sistema scompaia per lasciare il posto al bambino.

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