Parisi pronto alla sfida per la leadership
La convention di Energie per l’Italia : «L’8 ottobre votiamo per la Costituente»
Di ritirarsi non ci pensa proprio. Anzi, Stefano Parisi rilancia puntando a una legittimazione popolare. L’appuntamento è per l’8 di ottobre. «A chi ci guarda dico: facciamo una grande costituente, misuriamoci con il nostro popolo per costruire un nuovo movimento politico che non nasce dal palazzo». Dalla sala dell’hotel Ergife a Roma, gremitissima e popolata da molti giovani ma anche da politici di lungo corso (dall’ex Fi e Ncd Sacconi ai civici Bombassei e Monchiero e all’ex Pd Vaccaro), il fondatore di Energie per l’Italia rompe gli indugi dichiarandosi pronto a concorrere per la leadership di questa Costituente saldamente ancorata nei valori del centrodestra.
Il suo è un invito rivolto a tutto il centrodestra, escluso chi («lo dico con molto rammarico») co- me Angelino Alfano sostiene l’attuale governo. Il ministro degli Esteri poco dopo replica a distanza: «Gli auguriamo in bocca al lupo, noi stiamo organizzando le primarie liberal-popolari». Chi invece è pronto a raccogliere la “sfida” del leader di Energie per l’Italia è Raffaele Fitto da sempre favorevole alle primarie. Non sorprende invece il silenzio di Forza Italia e Lega. Anche perché Parisi non è stato affatto tenero.
Pur evitando accuratamente di citare Silvio Berlusconi e il suo partito, l’affondo nei confronti della «cosa» nata nel 1994 è esplicito. «Per costruire una nuova storia serve una frattura profonda con il passato», «un soggetto nuovo» che porti nuova linfa a un centrodestra ormai ripiegato su stesso. Parisi è convinto che il progetto di Berlusconi sia ormai in una «fase di esaurimento» perché «incapace di rigenerarsi», «io ci ho anche un po’ prova- to», ricorda, con riferimento all’estate scorsa quando il Cavaliere gli affidò il compito di guidare il centrodestra e di rilanciare Fi, salvo poi scaricarlo pochi mesi dopo anche per le resistenze dei colonnelli azzurri.
Ma proprio la bocciatura dell’apparato lo ha spinto a non mollare, convinto che ci sia una parte rilevante del popolo del centrodestra che non si sente più rappresentato. È a loro che Parisi si rivolge. E lo fa sparigliando, criticando chi si è messo sul carro dei rottamatori della politica, da Renzi a Grillo. «Renzi ci dice che guadagna meno di Di Maio? Chissene frega!», perché il punto non è quanto viene pagato ma quello che fa. E all’ex premier Parisi riserva le critiche più dure, accusandolo di aver dilapidato in 3 anni «26 miliardi di flessibilità e di bassi tassi d’interesse» per i suoi «bonus elettorali». Bisogna cambiare verso, e farlo rapi- damente. Altrimenti tra un anno «avremo Di Maio che ci farà una manovra da 40 miliardi», ammonisce Parisi che chiede al premier Paolo Gentiloni di tagliare «il filo rosso» con il suo predecessore. «Il decreto sull’abolizione dei voucher è una vergogna, si doveva andare al referendum», grida citando la battaglia sulla scala mobile di Craxi. E a chi come Salvini predica l’uscita dall’euro replica: «La moneta è una rappresentazione della realtà, non è la realtà» e «la nostra palla al piede non è Bruxelles ma il debito», che non risolvi certo con il ritorno alla lira. Questa omologazione della destra alle posizioni grilline e renziane non porta da nessuna parte. E allora rivendichiamo «che noi non siamo contro la ricchezza, contro il benessere, perché chi ha successo crea ricchezza». Sembra di sentire Berlusconi 20 anni fa.