Se è ovunque, la mafia non esiste
Vien da chiedersi se l’eccessivo proliferare di libri su mafia, camorra, ’ ndrangheta - romanzi di ogni tipo, gomorre minori, libri verità, inchieste che ribadiscono cose risapute da anni, cui vanno aggiunti film e fiction televisive - non finisca per sortire, per paradosso, lo stesso effetto della famosa battuta di Giulio Andreotti, che serafico affermava con convinzione: « La mafia non esiste » . Ancor a più belli i tempi in cui bastava un solo libro ben fatto - e tuttora fondamentale - come « Cose di Cosa Nostra » , scritto da Giovanni Falcone con Marcelle Padovani. Se la mafia è ovunque, e ovunque si fa spettacolo, non è più da nessuna parte, come ci ricorda, come antidoto al veleno, Costantino Visconti nella collana Idòla di Laterza « La mafia è dappertutto / Falso! » .
sequenza per sequenza. La pagina di sinistra è occupata dall’intreccio; quella di destra dalla fabula. Una i e una f cerchiate in testa alle rispettive parti confermano che questo è il modo giusto di leggere tutto il fascicolo di carte. È chiaro che, costruendo così il suo quaderno, Eco ha voluto mantenere sempre in parallelo i due livelli: ad ogni pagina dall’intreccio corrisponde, sulla destra, la sezione di fabula relativa.
La scansione oraria degli eventi mi fa tornare in mente il celebre schema inviato da James Joyce a Carlo Linati, con la descrizione dei riferimenti nascosti dietro ai diversi momenti della giornata dublinese di Leopold Bloom. Uno degli esempi più alti di costruzione romanzesca basata sull’intertestualità e la pluralità di livelli di lettura: non a caso l’Ulysses è uno dei libri più amati da Eco. Anche se l’antecedente di Joyce ha certamente contato nell’immaginare una storia scandita in modo così preciso, ciò che ho davanti mostra però una cosa del tutto diversa. Non è la ramificazione sotterranea di richiami intertestuali ad essere segnata, ma la superficie, i fatti, la concatenazione degli eventi. È da qui, però, che il libro trae la sua prodigiosa energia narrativa.