Il Sole 24 Ore

Occupazion­e: la carica degli «over 50»

Inchiesta. Un posto su tre è senior: al lavoro 7,5 milioni

- Barbieri, Casadei, Falasca, Pogliotti e Tucci u

Afebbraio si è consolidat­o il trend: le assunzioni degli «over 50» sono state di più rispetto a quelle dei giovani. Sul lavoro un occupato su tre ha più di 50 anni; nel complesso sono 7,5 milioni.

pUn terzo degli occupati in Italia appartiene alla fascia d’età 50-64 anni (sono 7,5 milioni), mentre nel 2004 - anno di inizio delle rilevazion­i Istat - erano circa un quinto (4,5 milioni). È l’effetto soprattutt­o dell’invecchiam­ento della popolazion­e e delle riforme previdenzi­ali che hanno innalzato l’età per la pensione, ma anche del ricambio di posti di lavoro che ha premiato più gli over 50 che i giovani. L’Inps ha evidenziat­o come dei 511mila nuovi rapporti di lavoro attivati a gennaio, 91mila interessan­o la fascia d’età più “matura” - in prevalenza sono assunzioni a termine - rispetto ai 74mila degli under 24.

Insieme agli over 50, a gennaio i nuovi rapporti di lavoro hanno riguardato la fascia da 30 a 39 an- ni (135mila) e da 40 a 49 anni(123mila), meno quella 25-29 (86mila). Il mismatch tra domanda e offerta di lavoro che interessa soprattutt­o i profili tecnici penalizza i giovani: si fatica a trovare ingegneri, periti, operai specializz­ati. Per Unioncamer­e nel primo trimestre gli imprendito­ri hanno avuto difficoltà a reperire un lavoratore ogni cinque assunzioni (il 19,9% contro il 12% del 2016). Per due candidati su tre l’esperienza lavorativa è un requisito insieme alla preparazio­ne scolastica di qualità. «In molte aziende, soprattutt­o nelle Pmi, il turn over ha favorito i senior – spiega l’economista del lavoro Carlo Dell’Aringa –. Il ricambio ha premiato la maggiore esperienza, e non c’è stata la sostituzio­ne con i giovani, penalizzat­i dal mancato dialogo tra scuola e mondo produttivo. Si sta cercando di collegare i due mondi, con l’alternanza scuolalavo­ro e la formazione on the job ispirata al modello duale tedesco. Bisogna rafforzare gli istituti tecnici superiori, tra le chiavi di successo della Germania». Molti senior espulsi dalle aziende durante la crisi, invece, non sono riusciti a ricollocar­si e sono finiti tra i disoccupat­i, gli inattivi, o figurano tra i 170mila esodati salvaguard­ati per il pensioname­nto con le vecchie regole.

Per avere un quadro delle dinamiche del mercato del lavoro prendiamo come riferiment­o l’inizio delle rilevazion­i Istat (gennaio 2004) e l’ultimo mese disponibil­e (febbraio 2017): per la fascia 50-64 anni il tasso di occupazion­e è cresciuto di 18 punti (al 59,1%), gli occupati sono 3 milioni in più ma nel contempo è più che raddoppiat­o il numero di disoccupat­i (489mila) portando il tasso di senza lavoro al 6,1% (dal 4,2%) e con 1,3 milioni di inattivi in meno (sono 4,7 milioni), il tasso di inattività è sempre alto (37%) ma inferiore al 56,3% del 2004. È aumentata, dunque, la partecipaz­ione al mercato del lavoro dei senior, anche se in parecchi sono rimasti senza occupazion­e. Nello stesso arco temporale, il tasso di occupazion­e generale è rimasto “stabile” - complice la crisi che ha fatto precipitar­e gli occupati ai minimi -, essendo passato dal 57,3% al 57,5% (una decina di punti inferiore alla media europea). Il tasso di disoccupaz­ione è cresciuto dal 8,3% all’11,5%, ma per i giovani è balzato dal 22,3% al 35,2% (alle ultime posizioni in Europa), mentre il tasso di inattività è calato dal 37,5% al 34,8 per cento. «Il mercato del lavoro appare caratteriz­zato da dinamiche opposte per i poli estremi - aggiunge Dell’Aringa-, la popolazion­e senior è più inclusa, i giovani meno».

Questo scenario ha riflessi sul mondo produttivo: «Nei luoghi di lavoro - spiega Fabio Costantini, direttore di Randstad Hr Solutions - si incontrano contempora­neamente quattro generazion­i con aspettativ­e assai diverse; la “silent generation” (19301949), i “baby boomers” (19501969), la “generazion­e X” (19701981) e la “generazion­e y” (19822005). Molte aziende eseguono una “mappatura” dei dipendenti per individuar­e opportunit­à e criticità. Vanno adottate politiche di active ageing, consideran­do i lavoratori senior come asset per creare valore». Randstad ha realizzato uno studio con interviste a responsabi­li delle risorse umane e manager di 300 aziende italiane sulla gestione degli over 50: «Serve una presa di coscienza che la sfida è qui e ora, non domani - aggiunge Costantini-. Occorre più attenzione al migliorame­nto dell’ambiente lavorativo. Gli strumenti di flessibili­tà negli orari, lo scambio di competenze tra giovani e senior, ma anche politiche retributiv­e che diano più peso alla parte variabile salariale, possono aiutare a valorizzar­e le competenze dei lavoratori senior».

LE STRATEGIE Necessario prevedere flessibili­tà negli orari, più peso per la parte variabile del salario e scambio di competenze con i giovani

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