Technogym, la sfida è spingere il business in Nord America
Brexit: l’azienda esclude particolari problemi - Ipotesi impianto negli Usa In Europa il target è accelerare la crescita in Germania, Spagna e Francia
Aumentare le vendite nel Nord America. Inoltre: consolidare il business in Europa. Poi: proseguire nel focus sui servizi digitali che costituiscono parte integrante dell’offerta di prodotto. Sono tra le priorità di Technogym a sostegno del business. Un’attività che, nel 2016, ha visto sia i ricavi che la redditività salire. Al di là, però, dell’andamento di conto economico il risparmiatore è interessato alle strategie di sviluppo aziendale. Un focus di Technogym, per l’appunto, è il Nord America. Qui, tra le altre cose, il gruppo attraverso un mix di attività punta ad incrementare la propria market share. Ciò detto i l risparmiatore esprime però un dubbio: i possibili dazi paventati dalla Casa Bianca potrebbero impattare il business aziendale. La società smorza i timori. Il gruppo, da un lato, sottoli- nea che finora nessun atto concreto da parte della Casa Bianca è stato posto in essere; e dall’altro ricorda che, come mostra la dinamica nel 2016, il business nel Nord America è in crescita (+16%). Peraltro, indica sempre Technogym, la mossa prefigurata innescherebbe una guerra commerciale. La quale penalizzerebbe molti concorrenti statunitensi che, a loro volta, sono export oriented. Al di là di ciò la questione verrà comunque affrontata a tempo debito. In generale, quindi, per l’azienda la situazione è sotto controllo.
Aumentare le vendite e incrementare la quota di mercato nel Nord America. Inoltre: consolidare il business in Europa. Poi: proseguire nel focus sui servizi digitali che costituiscono parte integrante dell’offerta di prodotto. Sono tra le priorità di Technogym a sostegno del business.
L’attività, nel 2016, ha visto sia i ricavi che la redditività salire. Il fatturato si è assestato a 555 milioni in rialzo a cambi costanti del 10,3% rispetto all’esercizio precedente (+8,5% a valute correnti). L’utile netto, dal canto suo, è stato di 43 milioni rispetto ai 28 milioni del 2015. Sul fronte della marginalità, invece, il rapporto tra l’Ebit e i ricavi è passato dall’11,4% di due anni fa al 12,3% dello scorso esercizio. Al di là, però, dell’andamento di conto economico il risparmiatore è interessato alle strategie di sviluppo aziendale. Un focus di Technogym, per l’appunto, è il Nord America. Il gruppo di Cesena punta a incrementare le vendite e aumentare la quota di mercato negli Stati Uniti. In che modo? Attraverso un cocktail di strategie. In primis il canale distributivo è, e resterà, diretto. Nonostante in America siano diffusi gli intermediari grossisti, la società farà leva sul network allargato di propri dipendenti. La scelta, da un lato, è agevolata dal fatto che il business di riferimento negli Usa è geograficamente concentrato; e, dall’altro, si giustifica con l’esigenza che i venditori siano in grado sostenere, e spiegare, un’offerta che, sottolinea l’azienda, non è di semplici prodotti meccanici. Bensì ha a oggetto soluzioni hi-tech costituite da diversi elementi: dall’attrezzo stesso per l’esercizio fisico alla piattaforma informatica su cui (ad esempio) scaricare dati fino ai servizi digitali. Insomma: un «concetto» di soluzione che, unito alla diversificazione del portafoglio prodotti e al design «made in Italy», sarà sfruttato da Technogym anche per crescere negli Usa.
Già, crescere negli Usa. Ma quale la clientela target? Si tratta, allo stato attuale, delle catene di palestre ( Club) e del cosiddetto Hospitality & residential (cioè, dagli alberghi fino alle palestre condominiali). Senza dimenticare, poi, il mondo delle aziende. Ciò detto deve sottolinearsi un ulteriore aspetto della strategia societaria: Technogym ha quale atout la realizzazione di prodotti tecnologici «premium». Ebbene: l’obiettivo di aumentare il business negli Usa passa dall’ampliamento stesso dell’offerta. Vale a dire: si punta anche a vendere macchinari di fascia media, medio-alta.
Ciò detto quali i target aziendali? La società, come suo costume, non offre guidance. Tuttavia Technogym, ricordando che oggi la sua market share nell’area è del 2-3%, indica che un primo livello soddisfacente di quota di mercato potrebbe essere più o meno in linea con quello attuale dell’Apac. Vale a dire: intorno al 7%.
Tutto rose e fiori, quindi? La realtà è più complessa. Il risparmiatore, infatti, esprime un dubbio. L’ipotesi, paventata dall’amministrazione di Washington, di nuovi dazi alle importazioni verso gli Usa potrebbe essere un limite allo sviluppo del business americano di Technogym. La società, pur consapevole della situazione, smorza i timori. Il gruppo in primis ricorda che, come mostra la dinamica nel 2016, il business nel Nord America è in crescita (+16%). Inoltre, si sottolinea, finora nessun atto concreto da parte della Casa Bianca è stato posto in essere. Peraltro, indica sempre Technogym, la mossa prefigurata innescherebbe una guerra commerciale. La quale penalizzerebbe molti concorrenti statunitensi che, a loro volta, sono export oriented. A fronte di ciò, se dal caso, la questione verrà affrontata a tempo debito. Le considerazioni effettuate sono plausibili. E, però, può ulteriormente obiettarsi che la concretizzazione delle ipotesi paventate potrebbe arrivare. Technogym ribatte che la sua presenza negli Usa è ancora limitata. Nel momento in cui si raggiungesse, come viene auspicato, una dimensione considerata sufficiente il gruppo sottolinea di essere capace di dotarsi in tempi utili di un impianto in America. Insomma, conclude la società, su questo fronte la situazione è sotto controllo. Dal Nord America alle altre aree geografiche. Tra queste l’Asia-Pacifico (Apac). Si tratta di un mercato, i cui ricavi generati in loco nel 2016 sono saliti del 18%, che la società considera importante. Soprattutto per il suo sviluppo di mediolungo periodo. Questa situazione è ovviamente diversa dall’Europa la quale, attualmente, costituisce l’area più rilevante per Technogym. A fine dello scorso esercizio, esclusa l’Italia, valeva circa il 51,8% dei ricavi complessivi. Qui l’obiettivo primario della società è continuare a presidiare, e consolidare, il business la cui market share vale intorno al 13%. Il contesto, giocoforza, è differente a seconda dei Paesi. Così in Germania, Francia e Spagna il target è accelerare l’attività. Più limitato, invece, lo spazio di crescita in Gran Bretagna. Qui il gruppo vanta già un’importante presenza e il mercato è piuttosto maturo. Al di là delle strategie, proprio rispetto a Londra si pone il dubbio. Il timore è che la Brexit, e la conseguente svalutazione della sterlina, possano impattare la multinazionale italiana del wellness. Technogym rigetta la preoccupazione. In primis, come mostra la salita dei volumi in Uk nel 2016, il business è in salute. Al di là di ciò, viene sottolineato, il gruppo da un lato sterilizza parte del fenomeno con l’attività di hedging sui cambi. Dall’altro, indica sempre l’azienda, viene sfruttato il «pricing power» (tipico per società attive nei segmenti «premium»). Cioè: la revisione del listino consente di controbilan- ciare la variabile monetaria. Quindi, conclude Technogym, non c’è alcun problema.
Fin qui alcune considerazioni rispetto all’articolazione geografica del gruppo. Quali, però, le prospettive di sviluppo dell’azienda? Technogym, secondo quanto indicato nel prospetto dell’Ipo, svolge un business che di fatto può ricondursi a tre attività. La prima è appannaggio delle attrezzature e dei prodotti accessori: dalle macchine per gli esercizi di resistenza cardiovascolari a quelle per il movimento fino agli attrezzi per sviluppare la forza muscolare. La seconda, invece, riguardai servizi quali, ad esempio, l’ assistenza post vendita, l’ acquisto finanziato grazie a partnership con istituti finanziari op pur el’ interi or design. La terza, infine, è costituita dalle cosiddette soluzioni digitali. Vale a dire: dalla piattaforma (sviluppata dall’azienda) «mywellness» ai moduli di software per personalizzare (ad esempio) gli allenamenti fino a particolari applicazioni.
Ciò dettol’ informatizzazione e la digitalizzazione, fenomeni tipici dell’industria globale, sono elementi trasversali alle tre aree d’ attività. Un fil rouge che, da una parte, «lega» l’attrezzatura (abilitata alla connessione) i servizi (ad esempio di consulenza sui software) e le stesse soluzioni digitali. E, dall’altra, permette di costruire un habitat in cui il cliente (dall’utente al gestore di palestre fino all’allenatore) può creare o utilizzare diversi servizi a valore aggiunto. Un esempio? L’archiviazione sulla piattaforma open source di «mywellness» dei dati d’allenamento. I quali, poi, possono aggiornarsi e modificarsi (anche automaticamente) in funzione dello sviluppo dell’allenamento stesso. Simili soluzioni, è ovvio, costituiscono un atout essenziale dell’offerta di Technogym. Un valore aggiunto su cui il gruppo punta per fare crescere il business. Tanto che, oltre al loro sviluppo per linee interne, l’azienda ha sfruttato, come nel caso dell’operazione sulla danese Exerp, l’ M&A. Una strategia che continua? La risposta è positiva. Allo stato attuale c’è nulla di concreto. Tuttavia eventuali target vengono valutati. Il loro possibile identikit? Aziende, in linea di massima, di medie o piccole dimensioni . Realtà attive, ad esempio, nel comparto delle applicazioni digitali per il fitness. Esclusi, invece, i turnaround. Ma non sono strategie di sviluppo. Il risparmiatore guarda anche allo stato patrimoniale. Qui, alla fine del 2016, tra le altre cose risulta che il rosso della Posizione finanziaria netta (Pfn) è salito a 78 milioni contro i 38,1 milioni del 2015. La dinamica può fare storcere il naso. Tuttavia da un lato si tratta dell’effetto di operazioni una tantum( circa 110 milioni nell’acquisizione di Technogy mV ill age ed i Exerp) al netto delle quali la Pfn sarebbe positiva; e, dall’altro, il rapporto tra debito netto ed Ebitda resta comunque ben sotto l’unità. Dal canto suo Technogym indica che, al netto di operazioni straordinarie, la Pfn è prevista tornare positiva nel giro di 2-3 anni. E riguardo al business nel 2017? L’azienda stima di crescere più del mercato di riferimento.
SCENARIO Nel 2016 ricavi e redditività in aumento Il debito finanziario netto è salito: l’effetto, è l’indicazione, di operazioni una tantum La Pfn, al netto di voci straordinarie, è prevista tornare positiva in 2-3 anni.