Ancora poco merito e rischio «tempi lunghi» per i neolaureati
Tutte le ricerche internazionali sono concordi nel ribadire che la regola principale per avere dei buoni insegnanti è quella di selezionare i candidati migliori. Il che ovviamente significa che per poterli selezionare occorre prima poterli attrarre alla professione. Se si vuole che la professione insegnante torni ad attrarre i migliori elementi di ogni generazione occorre offrire un pacchetto interessante alle nuove generazioni. Ed è in questa prospettiva che ci poniamo nel valutare il decreto che riordina reclutamento e formazione iniziale alla secondaria.
La situazione attuale del corpo docente è nota: reclutamento basato su liste di attesa, retribuzioni relativamente basse, assenza di prospettive di carriera, progressione retributiva basata sull’anzianità di servizio, assenza di riconoscimento delle proprie competenze e valore (se si esclude la procedura, marginale, introdotta dalla buona scuola sulla valorizzazione del merito).
Il nodo principale che il legislatore si è prefisso di risolvere è quello della eliminazione delle liste di attesa. Tuttavia lo ha fatto in modo convoluto. Se uno vuole evitare il formarsi di liste di attesa, non esiste a parere di chi scrive altra soluzio- ne possibile che quella della programmazione degli accessi all’ingresso.
Ovviamente questo non assicura di attrarre gli individui più capaci. Occorre anche proporre loro retribuzioni adeguate e una prospettiva di carriera credibile. I dati Ocse ci dicono che la retribuzione di un insegnante in Italia si posiziona tra il 65 e il 72% della retribuzione media di un laureato, contro una media europea collocata tra 72 e 89%. Questo significa che la professione insegnante nel nostro paese è relativamente peggio pagata rispetto agli altri paesi europei. Si risponderà che esiste il patto di stabilità, che la Buona scuola costa a regime 3 miliardi e mezzo. Ma a parità di spesa sarebbe stato possibile assumere meno insegnanti e pagare meglio quelli che ci sono. Storicamente è però sempre andata così: i diversi ministri dell’Istruzione hanno preferito la quantità alla qualità, gli aumenti di organico rispetto all’aumento delle retribuzioni.
E le norme transitorie di questo Dlgs non contraddicono questo indirizzo. Vi è previsto un ingresso “agevolato” per oltre 60mila aspiranti docenti della seconda fascia, cui potrebbero accodarsi ulteriori 20mila della terza fascia. Questo ingresso massiccio, a poca distanza dall’immissione di 90mila insegnanti, produce una “onda anomala” negli ingressi nei ruoli dell’insegnamento, che danneggia la scuola su due versanti. Da un lato immette personale di qualità potenzialmente inferiore, in quanto selezionato con criteri più laschi. Dall’altro satura le aspirazioni d’ingresso nella professione per una decina d’anni, non contribuendo così ad abbassare l’età media dei docenti, già notevolmente elevata.