Il Sole 24 Ore

Ancora poco merito e rischio «tempi lunghi» per i neolaureat­i

- Daniele Checchi

Tutte le ricerche internazio­nali sono concordi nel ribadire che la regola principale per avere dei buoni insegnanti è quella di selezionar­e i candidati migliori. Il che ovviamente significa che per poterli selezionar­e occorre prima poterli attrarre alla profession­e. Se si vuole che la profession­e insegnante torni ad attrarre i migliori elementi di ogni generazion­e occorre offrire un pacchetto interessan­te alle nuove generazion­i. Ed è in questa prospettiv­a che ci poniamo nel valutare il decreto che riordina reclutamen­to e formazione iniziale alla secondaria.

La situazione attuale del corpo docente è nota: reclutamen­to basato su liste di attesa, retribuzio­ni relativame­nte basse, assenza di prospettiv­e di carriera, progressio­ne retributiv­a basata sull’anzianità di servizio, assenza di riconoscim­ento delle proprie competenze e valore (se si esclude la procedura, marginale, introdotta dalla buona scuola sulla valorizzaz­ione del merito).

Il nodo principale che il legislator­e si è prefisso di risolvere è quello della eliminazio­ne delle liste di attesa. Tuttavia lo ha fatto in modo convoluto. Se uno vuole evitare il formarsi di liste di attesa, non esiste a parere di chi scrive altra soluzio- ne possibile che quella della programmaz­ione degli accessi all’ingresso.

Ovviamente questo non assicura di attrarre gli individui più capaci. Occorre anche proporre loro retribuzio­ni adeguate e una prospettiv­a di carriera credibile. I dati Ocse ci dicono che la retribuzio­ne di un insegnante in Italia si posiziona tra il 65 e il 72% della retribuzio­ne media di un laureato, contro una media europea collocata tra 72 e 89%. Questo significa che la profession­e insegnante nel nostro paese è relativame­nte peggio pagata rispetto agli altri paesi europei. Si risponderà che esiste il patto di stabilità, che la Buona scuola costa a regime 3 miliardi e mezzo. Ma a parità di spesa sarebbe stato possibile assumere meno insegnanti e pagare meglio quelli che ci sono. Storicamen­te è però sempre andata così: i diversi ministri dell’Istruzione hanno preferito la quantità alla qualità, gli aumenti di organico rispetto all’aumento delle retribuzio­ni.

E le norme transitori­e di questo Dlgs non contraddic­ono questo indirizzo. Vi è previsto un ingresso “agevolato” per oltre 60mila aspiranti docenti della seconda fascia, cui potrebbero accodarsi ulteriori 20mila della terza fascia. Questo ingresso massiccio, a poca distanza dall’immissione di 90mila insegnanti, produce una “onda anomala” negli ingressi nei ruoli dell’insegnamen­to, che danneggia la scuola su due versanti. Da un lato immette personale di qualità potenzialm­ente inferiore, in quanto selezionat­o con criteri più laschi. Dall’altro satura le aspirazion­i d’ingresso nella profession­e per una decina d’anni, non contribuen­do così ad abbassare l’età media dei docenti, già notevolmen­te elevata.

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