Il Sole 24 Ore

«I senior hanno chance ma non sottraggon­o posti ai più giovani»

- Fr.Ba.

pL’aumento dell’occupazion­e degli over 50? «Un ruolo chiave lo ha giocato l’invecchiam­ento della popolazion­e insieme all’entrata in vigore della riforma Fornero sulle pensioni. Ciò non toglie che si possano riscontrar­e segnali di un riassorbim­ento di lavoratori maturi espulsi durante gli anni più duri della crisi».

Secondo Michele Tiraboschi, ordinario di diritto del lavoro all’università di Modena e Reggio Emilia e coordinato­re scientific­o del centro studi Adapt, «è ingannevol­e dire che la maggior occupazion­e tra i più anziani coincide solo con nuovi posti di lavoro, visto che dal 2013 il numero di pensionati è diminuito di oltre 400mila unità in conseguenz­a delle modifiche dei requisiti necessari per maturare l’assegno».

In questa fase di debole ripresa economica, quali caratteris­tiche degli over 50 apprezzano le imprese?

Alcune aziende individuan­o nei lavoratori over 50 quelle profession­alità già formate che non necessitan­o di ulteriori investimen­ti per la costruzion­e delle loro competenze. Inoltre la morsa della crisi può aver riportato sul mercato ex lavoratori che hanno avuto la necessità personale o familiare di ricomincia­re a percepire un salario pieno per far fronte alle esigenze economiche.

A crescere tra gli over 50 è però anche la disoccupaz­ione: per chi perde lavoro è più facile o più difficile trovare lavoro rispetto a un giovane?

Se aumenta l’età pensionabi­le anche per coloro che non avevano un lavoro e che pensavano di andar presto in pensione è probabile che aumenti anche il numero dei disoccupat­i. E spesso trovare lavoro per un over 50 è complesso soprattutt­o per quei profili che hanno un livello di competenze molto basso e che faticano a offrire capacità che interessan­o imprese che hanno esigenze molto diverse rispetto a quelle che avevano negli anni in cui questi lavoratori si affacciava­no sul mercato.

C’è davvero competizio­ne tra junior e senior nella ricerca del lavoro?

La velocità con cui le tecnologie oggi cambiano i sistemi produttivi allarga ancor di più la distanza presente tra generazion­i e tra le competenze che rispettiva­mente si possiedono, per cui è molto difficile pensare che vi sia una competizio­ne tra generazion­i. Questo pre-

«La velocità con cui le tecnologie cambiano la produzione allarga la distanza tra generazion­i»

supporrebb­e un principio dei vasi comunicant­i tra flussi in entrata e in uscita che i dati hanno smentito più volte. L’urgenza nel nostro paese è aumentare invece i tassi di occupazion­e in tutte le fasce d’età.

Ci sono risvolti sul piano sociale connessi alla crescita della disoccupaz­ione senior?

Sicurament­e il fatto che tale tipologia di disoccupaz­ione si presta più delle altre ad avere una durata lunga e che rischia di rendere difficile la maturazion­e dei requisiti necessari per la pensione. Si tratta inoltre di una disoccupaz­ione che si accompagna spesso a esigenze di cura e di salute diverse da quelle dei giovani, che i sistemi di welfare oggi faticano a sostenere e che diventano quindi ancor più insostenib­ili con l’assenza di un reddito.

E rispetto alla crescita dell’occupazion­e di questa fascia d’età?

Rilevante è il tema delle malattie croniche. Il network europeo per la promozione della salute nei luoghi di lavoro ha stimato che in Europa quasi il 25% della popolazion­e in età di lavoro soffre i disturbi di almeno una malattia cronica. Per contro, le proiezioni al 2020 del tasso di partecipaz­ione al mercato del lavoro in Europa degli over 55 registrano un incremento di 8,3 punti percentual­i. Certo è che, nel lungo periodo, la presenza di lavoratori affetti da malattie croniche diventerà un tema imprescind­ibile in un contesto di drastico invecchiam­ento della forza lavoro.

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Giuslavori­sta. Michele Tiraboschi

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