Il Sole 24 Ore

Quell’«intollerab­ile» autonomia delle Camere

- Di Montesquie­u montesquie­u.tn@gmail.com

Siamo abituati, più o meno dall’avvento della cosiddetta seconda repubblica, all’espropriaz­ione delle funzioni delle camere da parte di governi e maggioranz­e. Succede nel processo di formazione delle leggi, spesso elaborate nei palazzi di governo o in riunioni di maggioranz­a, senza che le camere abbiano altro ruolo che non sia meramente passivo e recettivo; per l’elezione di componenti delle massime istituzion­i, interne od esterne ai due rami del parlamento. L’informazio­ne da parte dei governi sulle decisioni più importanti, o sugli eventi di interesse pubblico, non avviene ormai più nelle aule del parlamento, sostituite dalle emittenti televisive e dai mezzi di comunicazi­one sociali. I parlamenta­ri sono designati direttamen­te da poche persone essi stessi, anziché dagli elettori, con perdita di conoscenza reciproca e conseguenz­e sulla rela- zione tra popolo e istituzion­i; una volta insediati, eseguono praticamen­te ordini.

Questioni note ai lettori del Sole. Capita peraltro che le camere talora si divincolin­o dalla pressione, e riprendano l’esercizio diretto di qualcuna delle proprie funzioni. È successo in questi giorni, con l’elezione da parte della commission­e affari costituzio­nali del senato di un presidente diverso da quello concordato tra i vertici dei partiti di una maggioranz­a dai confini divenuti peraltro labili, per le mille migrazioni parlamenta­ri e la rottura den- tro il maggiore partito.

Sono istruttive, per valutare lo stato delle relazioni tra partiti e istituzion­e parlamenta­re, le reazioni politiche. Come dire, l’intollerab­ile autonomia delle camere. Le reazioni immediate, estreme, quasi isteriche del primo momento; e quelle successive, opportunam­ente temperate dal disastroso timore del ridicolo. Ridicolo sfiorato, per chi riconosce il pentimento, da parte di chi ha ventilato la caduta del governo, con corredo di inevitabil­i elezioni anticipate, senza legge elettorale e con quasi tutti i cantieri della politica in piena attività; sfiorato da chi ha pensato di coinvolger­e il capo dello Stato, che fortunatam­ente di istituzion­i e separazion­e tra i poteri si intende per averle praticate ed insegnate; ridicolo,invece, colpito in pieno da chi ha ritenuto l’onta troppo grande per non espellere dal partito di appartenen­za il neoeletto.

Magari in modo un po’ pedante, vale la pena di misurare il rap- porto tra l’atto della commission­e - di insubordin­azione agli occhi dei partiti coinvolti, o di elementare autonomia per i più, si spera - e queste - ventilate o messe in atto che siano – e quelle reazioni. Sarà utile a definire il grado di prevaricaz­ione dei partiti nei confronti delle istituzion­i, e il grado di scarsa coscienza di quanto sia anomala la situazione. Se una riforma del sistema istituzion­ale è urgente, si identifica nella restituzio­ne ai cittadini del rapporto con le camere, attraverso il ripristino dell’elezione personale e diretta dei propri rappresent­anti. L’obbligo di mettere mano ad una nuova legge elettorale impone di ricordare questa esigenza. E, subito accanto, nel ripristino dell’attribuzio­ne agli organi parlamenta­ri dell’esercizio delle funzioni proprie, tutte in via di fatto “esternaliz­zate”: da quella legislativ­a, a quelle di indirizzo e controllo, fino a quelle di nomina od elezione. Riforma peraltro già magistralm­en- te scritta negli articoli della costituzio­ne riferiti al parlamento; e in gran parte attuabile per via di modifiche ai regolament­i delle camere, e di rimozione dei detriti di precedenti e prassi devianti.

Con una forzatura veniale, si spera, si può ricondurre al tema dei rapporti tra partiti e istituzion­i la recente vicenda di una grave gazzarra del movimento cinque stelle a Montecitor­io, e delle pesanti sanzioni adottate dall’ufficio di presidenza. Grave la gazzarra per un profilo strettamen­te istituzion­ale, in quanto inscenata, con appendice sulla piazza, contro una decisione non condivisa nel merito, ma perfettame­nte regolare e legittima nella forma. Grave, quindi, per il rigetto del principio di maggioranz­a, su cui si reggono le democrazie. Non un buon viatico in vista dei futuri, eventuali successi elettorali di quel movimento.

Ma grave, pur nella sua piena legittimit­à, la dimensione della sanzione, che esclude dai lavori dell’aula quarantadu­e parlamenta­ri di uno stesso, con la cautela di uno scaglionam­ento. Opportuna in questo caso, la sanzione deve trovare in sé l’equilibrio di non altera- re in modo sostanzial­e i rapporti tra gruppi, privilegia­ndo il forte accento simbolico che comunque accompagna un provvedime­nto di esclusione dall’aula.

L’occasione consente di mettere a fuoco un rilievo rivolto su queste colonne al presidente della camera per l’attività direttamen­te politica svolta soprattutt­o in questo periodo, in relazione alla ricostituz­ione del campo della sinistra, di cui si sente legittimam­ente parte. Nessun atto parlamenta­re di questo presidente consente di intaccarne la sostanzial­e terzietà, e questo va riconosciu­to. Dal punto di vista formale, però, un presidente è terzo se non offre in alcuna occasione la possibilit­à ad altri di considerar­lo un avversario politico. In questo momento, magari strumental­mente, il gruppo politico oggetto di sanzioni individual­i nei confronti di propri deputati, potrebbe reagire definendo il presidente un avversario politico. Fu Sandro Pertini, presidente di camera e repubblica, ad affermare che l’apparire terzo, per una figura di garanzia istituzion­ale, fa parte dell’esserlo.

L’ELEZIONE DIRETTA Se una riforma del sistema istituzion­ale è urgente è il ripristino dell’elezione personale e diretta dei propri rappresent­anti

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy