Renzi: «La legge elettorale? Non ci sono i numeri»
ORLANDO: «IL SISTEMA VA CAMBIATO»
«Perché non fate la legge elettorale? Perché non abbiamo i numeri». Parola dell’ex premier Matteo Renzi, che ieri da Bari ha spiegato: «In questi anni abbiamo avuto un governo di coalizione, e abbiamo fatto dei miracoli a portare avanti dei risultati come quelli ottenuti». «Ma il sistema istituzionale - ha proseguito - vuole la palude, vuole tutti fermi, perché in Italia sono più abituati a contare i veti e non i voti». Ma questo stato di cose non piace allo sfidante alle primarie Pd Andrea Orlando secondo il quale «la legge elettorale va cambiata». «Se qualcuno vuole andare a votare con questa legge elettorale, con i capilista bloccati, se ne assuma la responsabilità. Le conseguenze saranno un nuovo voto dopo sei mesi oppure larghe intese e noi non vogliamo né l’uno né le altre».
L’ex segretario Pd si lascia poi andare a una triste constatazione nei confronti del suo partito: «I cinquestelle qualsiasi cosa accada si chiudono a testuggine - sottolinea -, mentre da noi il primo che ti pugnala alle spalle è il tuo compagno di partito». E allora. conclude Renzi, occorre ritrovare una «generosità tra di noi», perché «l’obiettivo nel Pd non deve essere sparare a quello accanto: se non facciamo questo - ha riflettuto - i giovani non verranno mai». Intanto, il leader leghista Matteo Salvini, sulla base del clima che si respira in Parlamento e degli ultimi scivoloni della maggioranza è indotto a pensare che la legislatura non arriverà alla scadenza naturale. «Secondo me in autunno si vota» azzarda.
Al di là delle schermaglie verbali, sottotraccia si intravedono i primi tentativi di abbocco alla Camera, con la regia del relatore e presidente della Commissione Affari costituzionali, Andrea Mazziotti: mercoledì i partiti dovranno pronunciarsi sulle proposte alternative al Mattarellum. Il Pd fa intendere a M5s di essere disponibile a estendere l’Italicum al Senato, anche eliminando i capilista bloccati, come chiedono sempre i grillini, ma come non vuole Fi. Il tema vero rimane la soglia del Senato, oggi all’8% su base regionale. I piccoli partiti puntano al 3% come quella della Camera, Renzi però non vorrebbe scendere sotto il 5%, cosa che va bene anche a M5s.