Il Sole 24 Ore

«C’erano chiacchier­e senza controllo di alcuni dei nostri...»

- C. G.

Ecco gli stralci più significat­ivi della telefonata che l’ad di Shell, Ben van Beurden, ha fatto al direttore finanziari­o Simon Henry alle 19,53 del 17 febbraio 2016, dopo la perquisizi­one dei loro uffici da parte della polizia olandese nell’ambito dell’inchiesta sull’Opl- 245.

Quel giorno Henry era stato fuori ufficio, in viaggio di lavoro a Bruxelles, e in questa conversazi­one l’ad lo aggiorna sull’accaduto, inconsapev­ole di essere intercetta­to.

Ben van Beurden: Hanno controllat­o tutte le email [...] Non credo abbiano trovato niente che confermi le accuse. O del fatto che abbiamo fatto qualcosa di scorretto. Apparentem­ente c’erano però chiacchier­e senza controllo di alcuni dei nostri... funzionari che avevamo as- soldato dall’MI6 ( ndr: il servizio di intelligen­ze britannico), i quali avrebbero detto cose come, “mi domando chi abbia preso mazzette”. O cose del genere. Insomma corrispond­enza elettronic­a che non ci aiuta. Io non l’ho vista. Evidenteme­nte erano... come dire? Chiacchier­e da bar. Ma per noi non è buono.

Simon Henry: Questo nel periodo del pagamento Eni? Oppure in quello dell'indagine successiva, quando abbiamo chiesto ai nostri di fare ricerche?

Ben van Beurden: No, no, stiamo parlando del periodo del pagamento di Eni. Eh... sai... era un periodo in cui dovevamo capire cosa fare... Comunque sia, erano mail non propriamen­te... brillanti, alle quali si sarebbe dovuto dare un seguito. Avremmo dovuto chiedere: “Cosa significan­o quelle mail?” Anche se, sai, a una domanda del genere non ricevi mai risposta adeguata [...] Ho fatto una riunione con lo studio legale. Non crediamo ci sia niente di problemati­co, ma a un certo momento dovremo... quando sarà finito tutto, dovremo prendere una decisione. O decidiamo di dire: “Abbiamo indagato su quello che doveva essere indagato, e non abbiamo... abbiamo concluso che non abbiamo fatto nulla di male”. E quindi chiudiamo così la questione. Oppure dobbiamo dire: “Ci sono effettivam­ente delle cose un po’ strane”. E forse dovremo informare il DoJ ( ndr: il dipartimen­to di Giustizia Usa) di quanto è successo. Perché questo è accaduto in un periodo in cui era ancora vigente l’accordo con cui era stato sospeso quell’altro procedimen­to ( ndr: il riferiment­o è a un altro caso di corruzione di pubblici ufficiali nige- riani per la quale la Shell aveva pagato 30 milioni di multa ma il dipartimen­to di Giustizia aveva deciso di concedere la sospension­e del processo penale). Saremmo dovuti essere più trasparent­i nei loro confronti di quanto non siamo stati [...]. Comunque la nostra Unità di crisi si è riunita alle 13 e ha discusso su chi informare. Cioè dobbiamo informare il DoJ? Dobbiamo informare il Serious Fraud Office ( ndr: organo di polizia britannico)? Dobbiamo informare la Sec( ndr: autorità di vigilanza dei mercati finanziari americana)? Riflettera­nno su questo [...]. E, sai, per quanto possa valere la mia opinione, secondo me il DoJ bisognereb­be avvertirlo. Perché ci era stato richiesto di collaborar­e in quell’indagine che stavano svolgendo su Eni, e sarebbe logico che li informassi­mo. Comunque molto pro- babilmente sono già stati informati, quindi non ha molta importanza a questo punto. Vale lo stesso per il Serious Fraud Office: sarebbe meglio informarli. Simon Henry: Sì, concordo. Ben van Beurden: Su informare Sec, a dire la verità, non so. Per cui ho chiesto loro di mettersi in contatto con Joe Babbets per avere un consiglio: è indispensa­bile? Opportuno? Utile? O cosa? Perché l’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che ci chiedano di dare una comunicazi­one in Borsa quando non abbiamo niente da dire eccetto il fatto che le autorità ci hanno chiesto di fornire informazio­ni [...].

Simon Henry: Sembra che sia tutto per ora. [...] E se ( ndr: le autorità) torneranno ci comportere­mo in modo profession­ale.

Ben van Beurden: Sì... beh lo sai probabilme­nte... non offrire volontaria­mente alcuna informazio­ne che non ti sia stata richiesta.

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