Le amnesie di Trump sui temi commerciali
AGIRÀ SOLO PER RECUPERARE CONSENSO
Succederà mai qualcosa sul fronte delle politiche commerciali, tema prediletto di Trump oltre all’immigrazione? Finora non è successo quasi nulla. La Bloomberg riferisce che le aziende, dopo una breve pausa, hanno ricominciato a trasferire posti di lavoro in Messico, anche se non è chiaro se la pausa sia stata effettiva o solo negli annunci; gli ad apparentemente si sono convinti che l’accordo di libero scambio del Nord America non è in pericolo. Trump twitta minacce sui commerci con la Cina, e forse succederà qualcosa dopo l’incontro con Xi. Trump è nella posizione di prendere misure concrete in materia di politica commerciale? La mia risposta è: probabilmente no, se non come mossa di disperazione politica.
Per parlare dell’argomento bisogna partire dall’osservazione che in campagna elettorale, quando parlava di politiche commerciali, Trump non aveva idea di quello che diceva. Nello specifico, aveva due idee false: e Gli accordi commerciali esistenti sono palesemente iniqui nei confronti degli Usa e ci mettono in una situazione di svantaggio. r Limitare gli scambi sarebbe un bene per l’America e un male per gli stranieri, perciò minacciare misure protezionistiche garantisce enorme forza contrattuale.
Ora la realtà: se cercate palesi regalie nel Nafta, non ne troverete. È un accordo che ha abbattuto gran parte delle barriere commerciali tra Usa e Messico, non c’è asimmetria significativa. Anzi, dal momento che inizialmente i dazi messicani erano più alti, in realtà è il Messico che ha fatto più concessioni di noi. Riguardo alla Cina, la faccenda è più complicata: si può sostenere che la Cina abbia eluso di fatto alcune delle regole della Wto, ma anche in questo caso non è evidente che cosa vorremmo da un nuovo accordo. Aggiungo che la manipolazione del tasso di cambio da parte di Pechino era un problema reale cinque anni fa, ora non più.
Passando agli effetti del protezionismo, lasciamo stare i benefici dello scambio descritti da ogni manuale di economia e parliamo degli interessi delle imprese. I commerci internazionali moderni, a differenza di quelli di una volta, creano dipendenza reciproca. Le merci che esportiamo sono prodotte con gran quantità di componenti importati, e le merci che importiamo includono indirettamente una gran parte delle nostre esportazioni.
Quando compriamo automobili in Messico, solo la metà circa del valore aggiunto è messicano, mentre gran parte del resto viene dagli Usa: se limitiamo quelle importazioni, tanti operai americani ci rimetteranno. Se limitiamo le importazioni di componenti dal Messico, faremo crescere i costi di produzione per gli americani che esportano: pure in questo caso, perderemmo posti di lavoro. Anche non considerando gli effetti sui consumatori, le politiche protezionistiche danneggerebbero l’industria americana.
L’agenda commerciale di Trump finora consiste nel twittare alle aziende, dirgli di tenere i posti di lavoro qui da noi e poi prendersi il merito di qualunque iniziativa sembri creare occupazione. Tutto questo gli ha procurato visibilità mediatica, ma nella pratica non significa nulla o quasi. Quanto sopra sembra suggerire che sui commerci, il trumpismo sarà una serie di contumelie. C’è una cosa che mi fa riflettere: la crescente necessità di Trump di trovare qualche modo per sviare il dibattito dalla spirale letale in cui è precipitata la sua amministrazione. In politica interna è lo stallo, la storia dei legami con i russi si allarga e perfino i Repubblicani cominciano a non avere più paura di affrontare l’uomo che segretamente (ma neanche tanto) disprezzano. Che cosa farà?
La classica risposta delle giunte militari in disfacimento è la «soluzione Malvine»: ricompattare la nazione creando uno scontro internazionale di qualche tipo. Di solito è una guerra propriamente detta, ma anche una guerra commerciale potrebbe assolvere alla bisogna.
Lasciate perdere il nazionalismo economico. Se Trump farà qualcosa di drastico sul versante delle politiche commerciali, non lo farà perché spinto dalle sue convinzioni. Lo farà perché spinto dal tracollo del suo indice di gradimento.