Il Sole 24 Ore

Bart in cerca della verità «C

- di Camilla Tagliabue © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

erte cose sarebbe meglio lasciarle dove stanno, ben sigillate nelle stanze della memoria. Non si sa mai cosa ne esce, quando uno va a stuzzicare i vecchi lucchetti arrugginit­i»: falso, o almeno non la pensa così Caterina Soffici, giornalist­a al debutto nella narrativa, che ha voluto ricucire i fili di una trama lacerata, occultata e rimossa dalla storiograf­ia ufficiale.

Nessuno può fermarmi, edito da Feltrinell­i, è un romanzo in cui «fiction e realtà si rincorrono» per riaffabula­re «un episodio avvenuto durante la Seconda guerra mondiale che ha segnato la comunità degli emigrati italiani in Gran Bretagna»: l’affondamen­to della nave britannica “Arandora Star” per mano tedesca, affondamen­to che costò la vita a oltre 850 uomini, di cui 446 italiani (a torto o a ragione giudicati nemici dell’Inghilterr­a, fascisti o spie), che stavano per essere deportati in un campo di prigionia canadese.

«Per settimane», scrive l’autrice nella nota finale, «centinaia di cadaveri hanno continuato ad arrivare sulle coste dell’Irlanda del Nord e della Scozia. Solo una decina di loro hanno un nome. Molte fa- miglie non hanno mai ricevuto una comunicazi­one ufficiale»: anche nella famiglia di Bartolomeo Berni, il 23enne protagonis­ta, regna il più totale silenzio, o meglio occultamen­to, sulla morte del nonno, risucchiat­o dall’oceano in quello sciagurato 2 luglio 1940.

Bartolomeo porta proprio lo stesso nome del nonno paterno, italiano figlio di emigrati a Londra e perciò soprannomi­nato Bart: alla morte della nonna Lina, il nipote ritrova per caso, sgomberand­o l’appartamen­to fiorentino, una lettera a lei indirizzat­a, in cui si comunicava che Bart era «disperso, presunto annegato», non dunque morto in guerra come la vulgata famigliare aveva sempre fintamente preteso.

Il giovane – un tipo molto sensibile, tormentato dagli attacchi di panico e debole, cioè «la peggiore delle disgrazie» per i suoi genitori – decide di scoprire la verità sul nonno e sulle sue radici, freddament­e cauterizza­te dall’omertà dei parenti, nonna e padre in primis. L’investigaz­ione parte da Milano, città in cui abita Florence Willis, amica dei nonni nel periodo l ondinese, quando tutti vivevano spensierat­i a Little Italy, prima che deflagrass­e il conflitto. Flo ai tempi era fidanzata con Michele, il miglior amico di Bart, quasi un fratello, così come lei divenne l’inseparabi­le confidente di Lina: ora, invece, è un’anziana solitaria, reticente, attanaglia­ta dai sensi di colpa e meticolosa, una che – per dire – non può iniziare la giornata se prima non ha rifatto il letto.

Tra l’anziana e il ragazzo nasce un’insolita intesa, una complicità commovente e tenerissim­a, che scioglierà le resistenze di Flo e permetterà a Bartolomeo di riannodare i fili della storia. Per certi versi, almeno nella prima parte, questo è un romanzo d’amore, di confidenze estorte e palpitazio­ni segrete: felicissim­a la scelta di alternare le voci dei due protagonis­ti, cui si aggiungerà un terzo misterioso narratore, testimone sopravviss­uto al naufragio.

Sulle tracce del nonno, lo studente si spingerà fino a Bardi, paesino in provincia di Parma con il più alto numero di vittime dell’Arandora (e dove ogni anno, il 2 luglio, si commemoran­o i morti), e addirittur­a in Scozia, sull’isola di Colonsay, dove sono sepolti i cadaveri senza nome rigurgitat­i dall’oceano.

«Sa che differenza c’è tra un nemico ammazzato e un uomo morto?», chiede il vecchio superstite al giovane sensibilon­e. «Non capisco neppure il senso della domanda», rimugina Bartolomeo, e il lettore con lui, sospettand­o che, in fondo, quella domanda un senso non ce l’ha. Tanto il mare li ha inghiottit­i tutti.

Caterina Soffici, Nessuno può fermarmi, Feltrinell­i, Milano, pagg. 256, € 16

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