Il Sole 24 Ore

Due opposte idee di Europa

Il continuo conflitto tra discrezion­alità francese e regole tedesche ha reso il processo decisional­e lento e inefficace

- di Giorgio Barba Navaretti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un buon modo per celebrare i sessant’anni dei Trattati di Roma è comprender­e come si sia arrivati all’Unione Europea di oggi. Perché il passaggio attraverso una crisi economica drammatica ed eventi geopolitic­i gravissimi l’abbiano scossa nelle fondamenta e trasformat­a in un’istituzion­e in cerca di nuovo futuro e consenso.

Un bel libro degli economisti Markus Brunnermei­er e Jean Pierre Landau e dello storico Harold James colloca la questione nella diversa visione economica, culturale e politica dei due più grandi paesi fondatori, Francia e Germania, che ha impedito all’Unione di trovare soluzioni efficaci a governare la crisi e oggi le impedisce di fare riforme adeguate.

La sintesi della distanza è regole verso discrezion­alità. I tedeschi vogliono regole definite con chiarezza in anticipo e rispettate. Per i francesi, invece, le regole devono essere continuame­nte ridefinite dal processo politico ed essere adattate alle circostanz­e. Questa distanza ha una profonda radice storica, a prescinder­e dalla differenza tra etica cattolica ed etica protestant­e. L’Impero Prussiano nasce nel 1871 come una lega di Principati. La Francia, al contrario, è da sempre un paese fortemente centralizz­ato. Come sostengono gli autori del libro, « le federazion­i sono meccanismi per mantenere le differenze e minimizzar­e i conflitti, mentre gli stati centrali reprimono il conflitto eliminando le differenze, at-

traverso l’affermazio­ne dell'autorità». Nell’ambito di una federazion­e le regole devono essere ferree e rispettate per garantire la diversità dei suoi membri. Nella Germania di oggi questo principio è ancora più forte in seguito alla tragedia del nazismo, che aveva rovesciato il principio federativo in nome di una Germania unica e unita, in cui le diversità venivano brutalment­e represse, le decisioni economiche centralizz­ate e le regole democratic­he sovvertite .

Nella Repubblica Federale della Germania del dopoguerra prevale una dottrina ordo- liberale: un profondo rispetto del mercato, un’avversione alla centralizz­azione delle scelte economiche, con la definizion­e ex ante di regole precise in cui l’economia opera, che definiscon­o responsabi­lità precise per gli agenti economici. Regole continuame­nte definite e vagliate dalle massi-

me istituzion­i democratic­he: Parlamento e Corte costituzio­nale. Nella Francia centralist­ica continuano invece a prevalere il concetto di autorità centrale e una profonda fiducia nella pianificaz­ione. La Germania si dota subito dopo la guerra di principi istituzion­ali per governare un’economia complessa, come una legge anti trust e l’indipenden­za della Banca Centrale. La Francia, al contrario, continua per molto tempo a rimanere profondame­nte avversa a istituti come l’indipenden­za della Banca di Francia, soggetta piuttosto all’autorità politica.

Ora torniamo all’Europa. La differenza tra Germania e Francia emerge già chiarament­e nell’applicazio­ne del Trattato di Maastricht e del successivo Patto di Stabilità e Crescita. Vengono qui fissati due principi certamente di ispirazion­e tedesca: i vincoli di bilancio che devono governare la politica fiscale dei Paesi e l’impossibil­ità di “bail out”, ossia il divieto di soccorrere un paese in bancarotta. Se all’inizio anche la Germania è leggera sui vincoli di Maastricht ( nel 2003 il Patto di Stabilità e Crescita viene addirittur­a sospeso per evitare la recessione), in seguito i tedeschi cambiano rotta e si danno regole molto precise per rispettare i vincoli di bilancio. I francesi meno. Anche la clausola sul divieto di bail out, mentre per i tedeschi è un fondamenta­le ingredient­e istituzion­ale, per i francesi rimane un’aggiunta di poca importanza.

Le differenze di visione vengono comunque gestite e stemperate dalla Commission­e, dentro un calderone che comprende tutti gli altri Paesi membri e in un quadro che fino alla crisi è ancora relativame­nte unitario. Questa funzione di mediazione della Commission­e viene meno con la crisi. Non avendo risorse finanziari­e adeguate e con le mani legate dai trattati di Maastricht, la Commission­e è impotente. La palla passa rapidament­e a livello degli stati nazionali.

Qui lo scontro di culture diventa fatale e dà luogo a soluzioni istituzion­ali disastrose che hanno aggravato la crisi. Il simbolo di questo contrasto è il famoso summit dell’ottobre 2010 tra Merkel e Sarkozy, sulla spiaggia di Deauville, per decidere che fare con la crisi greca. Passa un compromess­o che rischia di mettere in croce l’euro: la Germania accetta un temporaneo allentamen­to delle regole fiscali. La Francia accetta che la Grecia venga salvata accollando una parte dei costi agli investitor­i privati. È l’unica condizione che la Germania possa accettare per venire meno al principio del no bail out. È questa la fine della presunzion­e che gli Stati dell’euro non possono fallire. Gli investitor­i se la danno a gambe e gli spread nei Paesi periferici schizzano. L’errore è molto grave e coglie di sorpresa gli altri Paesi membri.

A quel punto inizia ad essere chiaro che l’architettu­ra di Maastricht non è in alcun modo adeguata a gestire la crisi. Seguono le pezze: la creazione dello European Stability Mechanism ( un fondo europeo che di fatto significa il rovesciame­nto del principio del no bail out), l’Unione bancaria e gli interventi della Bce permettono infine di fermare la crisi. Ma nel frattempo il continuo conflitto di visione tra regole e discrezion­alità; tra responsabi­lità e solidariet­à; tra austerità ed espansione ha reso il processo decisional­e complesso, lento e inefficace. Il che è costato enormement­e all’Europa, sia in termini di denaro che di consenso.

Ovviamente Francia e Germania sono i due poli di visioni opposte intorno a cui si sono aggregati gli altri Paesi europei. Celebrati i Trattati, bisognereb­be forse ripartire dalle fondamenta e stemperare posizioni lontane. Rimanere fermi sui propri principi va contro il bene pubblico.

barba@ unimi. it

 ??  ?? i colori europei | Manifestaz­ioni pro Unione europea in occasione dei 60 anni dei Trattati di Roma
AFP
i colori europei | Manifestaz­ioni pro Unione europea in occasione dei 60 anni dei Trattati di Roma AFP

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