Il Sole 24 Ore

Shylock viene dalla Siria

- di Roberto Escobar

Non ho occhi come voi? Non ho anch’io mani, organi, membra, sensi, affetti, passioni?... Viene alla mente il grande monologo di Shylock, vedendo L’altro volto della speranza ( Toivon tuolla puolen, Finlandia, 2017, 98’). È lo stesso Aki Kaurismäki che fa riprendere dal suo Khaled (Sherwan Haji) un breve passaggio della scena più intensa e profonda del Mercante di Venezia. Se nel testo di William Shakespear­e chi parla è un ebreo, ora è un siriano, un giovane siriano fuggito dalla sua terra e dalla morte.

Se mi pugnali, non sanguino anch’io, proprio come tu sanguinere­sti?, domanda Khaled appena giunto in Finlandia. Con lui se lo domanda, e ce lo domanda, Kaurismäki, in un film che «tenta senza alcuno scrupolo di influenzar­e le visioni e le opinioni dei suoi spettatori», e che a questo scopo «cerca di manipolare le loro emozioni». Così dichiara l’autore finlandese, con la candida impudenza di cui è maestro, e con tutta l’ironica dolcezza della sua visione del mondo. D’altra parte, aggiunge, i miei sforzi falliranno, e resterà solo «un film quasi realistico sui destini di certi esseri umani qui, oggi, in questo nostro mondo».

Khaled, uno di questi esseri umani, si trova in Finlandia per caso. Lasciata la sua casa in macerie, con la sorella ha cercato di salire verso il Nord, lungo la via dei Balcani. A uno dei tanti muri eretti dalla paura e dal cinismo ha perso le tracce della sorella, ed è poi arrivato in Polonia. Là, una sera si è nascosto su una nave, e quella nave l’ha portato dove è adesso, più che mai perduto.

Mentre Khaled cerca di ottenere asilo in quanto profugo, come per legge dovrebbe accadere, anzi prima di raccontarn­e la storia, la sceneggiat­ura ne comincia un’altra, parallela. Il taciturno Wikström (Sakari Kuosmanen) ha deciso. Si leva la fede dal dito e annuncia alla moglie che la lascia. È in piedi, pronto ad andarsene. Lei è seduta al tavolo di cucina, dove spicca un vaso con un grusone, noto come cuscino della suocera. Il loro rapporto sta tutto qui, nelle sue molte spine, suggerisce Kaurismäki con una comicità per occhi attenti, e con un sarcasmo innocente che si fa complice dei suoi personaggi.

Khaled e Wikström – e certo la moglie, nonostante le sue spine – sono parte di quei “certi esseri umani, qui, oggi, in questo nostro mondo” cui da sempre Kaurismäki guarda con tenerezza. Come il siriano, anche il finlandese si trova perduto nella vita (solo un’improbabil­e, fiabesca vincita al gioco gli consente di aprire un improbabil­e, fiabesco ristorante). E Kaurismäki sta con loro, dalla loro parte, forte della sua poesia che li aiuterà a vincere il loro destino. Sono dei perdenti, si direbbe a guardarli con l’ovvietà di occhi miopi che scambino il successo e la prepotenza per qualità umane. Ma lui, autore di film come Leningrad cowboys go America (1989) e Miracolo a Le Havre (2011), ha occhi bene aperti. Gli servono, i suoi occhi insieme attenti e sognatori, per darci un cinema che sorride là dove molti sono i motivi per piangere. Se si vuole, per darci un cinema che racconta la speranza dall’altro lato, quello di chi si vede negato ogni diritto di sperare.

Le storie di Khaled e Wikström si incontrano. Il siriano è ferito quasi a morte da leggi e regolament­i pensati per vanificare altre leggi. Lo stato gli nega asilo attraverso l’ottusità dei suoi funzionari, ma Wikström, il perdente Wikström lo accoglie nel suo ristorante, insieme con un piccolo gruppo di magnifici perdenti come loro. O forse di vincenti? Con l’ingenua follia che Kaurismäki sa amare e raccontare nei suoi personaggi, Khaled, Wikström e gli altri – alla fine, anche la moglie di Wikström – capovolgon­o il proprio destino. Lo capovolgon­o nonostante quello si ripresenti, caparbio e feroce come un coltello nelle mani di un nazista idiota.

Così il maestro finlandese tenta di manipolare le nostre emozioni. E così gli riesce di farlo con un film “quasi realistico” sul destino degli ultimi fra gli esseri umani. Se la speranza ha due volti, il più luminoso è il suo. %%%% %

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| Khaled (Sherwan Haji) « l’altro volto della speranza » di aki kaurismäki

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