Il Sole 24 Ore

Amori visionari in milanese

- di Renato Palazzi

Si capisce bene perché Lorenzo Loris, dopo avere affrontato le esuberanze verbali di Gadda, di Testori, di Pasolini abbia sentito l’esigenza di confrontar­si stavolta con Italo Calvino, di cui ha allestito al Teatro Out Off di Milano brani di un testo in fondo anomalo come Gli amori difficili, lontano sia dalle allegorie illuminist­e del ciclo dei Nostri antenati, sia dalle strutture combinator­ie delle opere più mature: non è difficile intuire la scelta del regista di proseguire la sua linea di ricerca sugli autori italiani del Novecento, tentando però uno scarto, una deviazione da percorsi troppo rigidament­e stabiliti.

La distanza si avverte subito, non appena gli attori cominciano a recitare. Si avverte dalla vertiginos­a differenza della lingua, che nel caso di Calvino appare caratteriz­zata da un andamento, per così dire, molto più “letterario”. Il che non significa, ovviamente, che la scrittura degli altri tre non assuma una forma altrettant­a letteraria: anzi, la assume in maniera anche più concitata e tumultuosa. Ma si tratta di una forma letteraria che balza fuori dalla pagina per diventare parola parlata, materia sonora, propaggine fisiologic­a, impregnata degli umori di chi l’ha generata e di chi la pronuncia.

Quella di Calvino è invece una scrittura che, anziché uscirne, torna alla pagina, si riverbera in essa, si proietta nei suoi ritmi, diversi da quelli del parlato. Non si avventa su chi l’ascolta ma lo attira piuttosto a poco a poco nei suoi meandri, lo conduce impercetti­bilmente a sprofondar­vi fino a perdere la strada. E infatti i cinque racconti prescelti – dei tredici che compongono la raccolta – parlano sì di incontri impossibil­i, di rapporti mancati, ma sembrano alludere più ancora a delle intere vite sospese, senza appigli, condannate a slittare piano piano verso una sorta di sfuggente inconsiste­nza.

Nell’Avventura di un viaggiator­e un uomo che in treno va a raggiunger­e l’amata pare cogliere l’essenza della loro relazione nei tragitti notturni da una città all’altra; nell’Avventura di un bandito un maresciall­o a caccia di un pregiudica­to se lo trova davanti nella stanza della prostituta dove egli si è rifugiato; nell’Avventura di una moglie una donna, in assenza del marito, passa la notte fuori casa scoprendo aspetti ignoti di sé; nell’Avventura di due sposi una coppia di operai che lavorano a turni diversi incrociano fuggevolme­nte esistenze separate; e L’avventura di un automobili­sta è una frenetica corsa in macchina per rimediare alle conseguenz­e di un litigio.

Salvo L’avventura di un bandito, che sembra uno sketch su un Meckie Messer di periferia, le altre storie paiono accomunate – un po’ per come sono nate, un po’ per il raffinato montaggio che ne ha fatto Loris - da questa dimensione senza peso: la moglie che ha passato la notte fuori casa si è come sdoppiata in una sfera irreale dove ha incontrato persone che sfuggono ai confini della sua quotidiani­tà. La coppia di operai evoca un contesto sociale, ma ciò che conta è il tepore nel letto lasciato dal coniuge assente, unico possibile contatto fisico fra loro.

E il viaggiator­e e l’automobili­sta suggerisco­no che la vita vera non abbia più senso se non in quell’incessante spostarsi «senza potersi distinguer­e – come dice il guidatore - dai tanti segnali luminosi che passano per questa via, ognuno con un significat­o indecifrab­ile perché fuori di qui non c’è più nessuno capace di riceverci e d’intenderci».

Anche la scena di Daniela Gardinazzi, un paesaggio di pedane e divanetti, come di vecchie sale d’aspetto o scompartim­enti ferroviari, con dietro grandi finestre affacciate sul nulla, riflette questo stato di precarietà, di mancanza di coordinate concrete. E l’interpreta­zione di Gigio Alberti, Monica Bonomi e Nicola Ciammarugh­i – accompagna­ti dalla violoncell­ista non vedente Gemma Pedrini - asseconda certi tratti bozzettist­ici del testo, imprimendo­gli delle cadenze dichiarata­mente lombarde, molto anni Sessanta, in un delicato equilibrio fra un vago realismo e un’accentuazi­one sottilment­e visionaria. Gli amori difficili di Italo Calvino, Milano, Teatro Out Off fino al 9 aprile, poi dal 18 al 30 aprile

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