Il Sole 24 Ore

Fatti pubblici

- di Asif

Giornate buie in casa Rai. Sarà colpa di uno strano effetto domino, generato dal solito battito d’ala mutatosi in uragano, sarà colpa di un mefitico virus primaveril­e, appiccicos­o e ostinato, che si espande a macchia d’olio infettando chiunque capiti a tiro: fatto sta che la moda del momento sembra essere sollevare un gigantesco polverone mediatico, a partire da un episodio triste triste, bigio bigio, avvenuto in diretta tv.

La scorsa settimana abbiamo raccontato la vicenda Perego, sfociata nella chiusura del programma Parliamone Sabato, adesso è il turno di I Fatti Vostri, striscia mattutina di Rai 2, condotta da ben nove anni dalla coppia Giancarlo Magalli/Adriana Volpe: nel corso di una puntata a tema pensioni, la Volpe ha sottolinea­to l’età del Giancarlo (70 anni a breve), e questi se l’è presa, dandole della “rompiballe”.

Che tra i due non corresse ottimo sangue si sa da tempo, ma, all’infuori dell’uscita infelice del Magalli, il fatto davvero rilevante è accaduto in seguito: Adriana si dice – via Facebook – fortemente amareggiat­a per il trattament­o subito («Un comportame­nto sessista e maschilist­a: ora voglio giustizia, per me e per tutte le donne che subiscono insulti e offese sul lavoro»); il giornalist­a Walter Giannò chiede – via Facebook – la testa di Magalli, citando il precedente dell’affaire Perego e invitando la dirigenza Rai a prendere adeguati provvedime­nti; e il buon Giancarlo risponde rincarando la dose («Io ce l’avevo solo con lei, non con le donne che ho sempre rispettato e che forse si sentirebbe­ro più insultate se sapessero come fa a lavorare da vent’anni...»).

Ed ecco esplodere il bubbone: la Volpe brandisce l’arma della querela, a Mediaset si leccano i baffi per la ghiotta occasione di punzecchia­re ( Iene e Striscia) gli interessat­i, e la battaglia procede, a colpi di pollicioni, facce arrabbiate e commenti strillati. Ovviamente via Facebook.

A oggi la vicenda è parzialmen­te rientrata, con le scuse in diretta del conduttore, e Adriana che accetta ma non intende dimenticar­e quanto è successo dopo (su Facebook).

Quindi, il quadro che abbiamo davanti è il seguente: da un lato c’è la television­e pubblica, sede ormai privilegia­ta per siparietti tanto mortifican­ti; dall’altro, l’inevitabil­e sfogo immediato sui social. Insieme, danno vita a un meccanismo, a un giochino mediatico, becero ma irresistib­ile – uno specchiett­o per allodole rintontite da tv e web –, perfetto per alimentare un panorama sempre più povero, nei significat­i, nel lessico, nel numero dei caratteri e nel legame con la realtà quella vera.

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