Le virtù filantropiche del Principe Ca rlo
Le motivazioni del premio, ed è questo il primo livello di analisi, sono chiarissime: le attività caritatevoli di Carlo d’Inghilterra sono state un esempio di dedizione alla filantropia e al bene comune con un impegno ora per l’ambiente o l’educazione o per la protezione di opere architettoniche e per il recupero di tradizioni. Il risultato è stato quello di aver raggiunto e aiutato in 40 anni di lavoro milioni di persone nel mondo intero.
Ma è stato lo stesso Principe di Galles ad aggiungere il contesto intellettuale, quello che noi chiameremmo il «secondo livello», su cui ha costruito la sua missione. Ci ha parlato dell’insegnamento per lui fondamentale di Marsilio Ficino e della sua Scuola Platonica. Ma anche dalla Primavera di Sandro Botticelli come emblema visuale del messaggio centrale di Ficino per un «tutto» che rappresenti un equilibrio perfetto con la Natura. Ficino è un filosofo fra i padri del Rinascimento, la sua teoria prevede che l’esistenza dell’umanità sia immersa in un contesto universale molto più ampio, fatto di natura, di una continuità dell’anima, di un Tutto imprescindibile che non può essere separato in modo selettivo o utilitaristico.
Non che il percorso per mettere a fuoco la sua missione di filantropo sia stato facile, ha detto il Principe Carlo. Ha ricordato di essere stato accusato agli inizi di «antiscienza», di essere stato criticato e ostacolato. E ha identificato nel premio di Palazzo Strozzi il compimento di un suo percorso che da pioneristico è oggi diventato mainstream, con la stessa scienza a condividere e a spiegare come l’Universo tutto non può essere dilapidato delle sue componenti centrali e naturali, pena il pericolo di uno squilibrio insostenibile. Per questo la protezione dell’ambiente deve restare centrale. Ma alle azioni filantropiche e alle fondamenta teoriche che le hanno determinate, vorremmo aggiungere un «terzo livello». Un messaggio che deriva dallo straordinario viaggio italiano che il Principe e la Duchessa di Cornovaglia hanno chiuso qualche giorno fa. Per la Duchessa, in missione separata, c’è stato un percorso per le strade di Napoli a incontrare eroici cittadini che raccolgono la sfida della camorra.
Per il Principe c’e’ stato il viaggio nel dolore dei terremotati di Amatrice e nelle trincee della Prima guerra mondiale; un itinerario fra mercati rionali ad annusare formaggi o una fermata al tavolo per strada dove ha giocato a carte con gente comune; la deviazione dal percorso ufficiale per studiare un nuovo prototipo ecologico, interamente elettrico, della Aston Martin e l’elogio di studenti che ancora credono nell’importanza dell’internazionalismo e studiano a Firenze. A chi ha avuto il privilegio di poterlo seguire da vicino, non poteva sfuggire in Carlo d’Inghilterra un lato che potrebbe essere meno riconoscibile: in qualunque situazione si trovasse era palese ritrovare, nello sguardo, nel sorriso, nel contatto con la gente, una straordinaria carica di umanità, evidente anche nel parlare a tratti in italiano. L’hanno sentita migliaia di persone che per le strade di Firenze e d’Italia si assiepavano per rubare al Principe un cenno di saluto. Il corollario? Se un nuovo Ambasciatore dei valori rinascimentali per l’apertura e la nuova frontiera può ricevere l’accoglienza di una rock star , forse possiamo guardare al futuro con maggiore fiducia.