Debutta il reato di «istigazione» con pene ridotte
Anche nella corruzione tra privati l’istigazione diventa fattispecie autonoma di reato. Il decreto legislativo 38 del 2017, in vigore da venerdì 14 aprile, introduce infatti nel Codice civile l’articolo 2635-bis, che prevede un nuovo reato per dare attuazione piena alla decisione quadro 2003/568/Gai.
La nuova norma prevede al primo comma l’istigazione attiva ed è modellata, anche nel profilo sanzionatorio, sul delitto di istigazione alla corruzione attiva “pubblica”, disciplinata dall’articolo 322, comma 2, del Codice penale.
Si punisce con la reclusione da 8 mesi a due anni colui che, con la finalità della violazione dei doveri di ufficio o di fedeltà , offre o promette denaro o altra utilità indebita alle stesse categorie di persone che operano in società ed enti privati dettagliate dall’articolo 2635 del Codice civile (amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci, liquidatori o chi ha funzioni direttive), qualora l’offerta o la promessa non sia accettata. La pena è pari a un terzo di quella prevista per il reato regolato dall’articolo 2635.
L’articolo 2635-bis, al comma 2, sanziona l’istigazione passiva, prevedendo le stesse pene indicate dal comma 1 per le stesse categorie di soggetti che sollecitano per sé o per altri, anche per interposta persona, la dazione o la promessa di denaro o altra utilità per compiere o omettere un atto in violazione degli obblighi del loro ufficio o di fedeltà, se la sollecitazione non sia accettata. Anche questa fattispecie ricalca l’ipotesi di istigazione alla corruzione passiva “pubblica”, pre- vista dall’articolo 322, comma 4, del Codice penale.
Il comma 3 dell’articolo 2635-bis prevede la procedibilita a querela della persona offesa. In mancanza, pertanto, l’istigatore non sarà sanzionato. Questo elemento trova giustificazione nei differenti interessi tutelati dalle fattispecie di corruzione privata e di corruzione pubblica.
Valgono anche in queste ipotesi i criteri che sono stati elaborati dalla giurisprudenza in tema di istigazione alla corruzione pubblica. E tra questi, innanzitutto, il principio per il quale l’offerta o la promessa di donativi di modesta entità integrano il delitto di istigazione alla corruzione solo se la condotta sia caratterizzata da un’adeguata serietà, da valutare alla stregua delle condizioni dell’offerente nonché delle circostanze di tempo e di luogo in cui l’episodio si colloca, e sia in grado di turbare psicologicamente o di avere oggettiva idoneità persuasiva nei confronti del suo destinatario (si veda la pronuncia 1935/2016 della Cassazione). In questo senso si deve considerare idonea, ad esempio, l’offerta di beni immediatamente utilizzabili e di significativo valore economico, fatta in assenza di serie giustificazioni alternative (pronuncia 6849/2016 della Cassazione).
Nell’ambito di un rapporto tra soggetti comunque privati sarà determinante la valutazione comparativa delle condizioni sociali ed economiche dell’offerente e del destinatario dell’offerta, anche in relazione alle connotazioni della condotta di violazione degli obblighi oggetto dell’istigazione.