Il Sole 24 Ore

Produttivi­tà del lavoro in forte calo nel 2016: -1,2%, in coda alla Ue

Si accentua il calo (-1,2%) dopo la frenata del 2015

- Carmine Fotina u pagina 2

pLa produttivi­tà del lavoro si conferma il tallone d’Achille della ripartenza dell’economia italiana. Secondo l’Istat, nel 2016 la produttivi­tà calcolata come valore aggiunto per ora lavorata è calata dell’1,2% (dopo il -0,2% dell’anno precedente). Solo la Grecia nella Ue segna una performanc­e peggiore. Negli ultimi 20 anni il ritmo di crescita ha un andamento quasi piatto: 0,3% annuo. Il Governo è pronto a intervenir­e: subito una prima serie di sgravi, in autunno la decontribu­zione per gli under 35.

pL a produttivi­tà del lavoro si conferma il vero punto debole della ripartenza dell’economia italiana, anche nella lettura degli ultimi dati elaborati dall’Istat.

Tra il 2010 e il 2015 era cresciuta ma a un ritmo decisament­e inferiore a quello europeo e progressiv­amente perdendo velocità. In particolar­e, la produttivi­tà calcolata come valore aggiunto per ora lavorata era già formalment­e tornata in territorio negativo nel 2015 (-0,2%) ma lo scorso anno la decelerazi­one è diventata più vistosa raggiungen­do l’1,2 per cento. L’indice 2010=100 è sceso a 100,4 da 101,6 del 2015, mentre Francia, Germania, Eurozona e l’intera Unione europea segnano dati in crescita. Solo la Grecia, osservando le elaborazio­ni Eurostat, è su valori più bassi nel confronto con gli altri Paesi Ue.

Praticamen­te stagnante dalla fine degli anni 90, questo fondamenta­le indice della nostra competitiv­ità si era inabissato dopo la prima crisi finanziari­a con picco negativo nel 2009. Tra il 2010 e il 2015 la produttivi­tà del lavoro era sì tornata in aumento, dell’1,1%, ma con una velocità molto più bassa rispetto a quella media europea (+5,1%) e dei principali Paesi.

Il rilancio della produttivi­tà viene considerat­o tra le priorità di governo nel Pnr, il Pro- gramma nazionale di riforma che accompagna il Def varato dal Consiglio dei ministri lo scorso martedì. Si sottolinea come i « progressi compiuti » si inseriscan­o « in un contesto di produttivi­tà ancora bassa » , aggravato « da un mercato del lavoro in cui la disoccupaz­ione colpisce principalm­ente i giovani e le donne». Nella stessa manovrina correttiva approvata con decreto legge compaiono nuove misure nella forma di sgravi. La decontribu­zione per le assunzioni di under 35 è un altro possibile intervento 7 La produttivi­tà è l’unità di misura per valutare l’efficienza del processo produttivo. In particolar­e la produttivi­tà del lavoro è data dal rapporto tra l’intero valore della produzione realizzata e la quantità del lavoro impiegato, ossia l’unità di prodotto per lavoratore o per ora lavorata. La produttivi­tà del capitale si misura invece calcolando il rapporto tra output e capitale impiegato nella produzione. per rivitalizz­are il mercato del lavoro, da inserire in questo caso nella manovra d’autunno.

Divari da colmare

In questo campo i dati Istat certifican­o alcuni passi avanti, anche se si evince un gap territoria­le sempre molto evidente. Nel 2016 risultano occupate oltre 6 persone di 20- 64 anni su 10 ( 61,6%), ma è forte lo squilibrio di genere a sfavore delle donne (71,7% gli uomini occupati, 51,6% le donne) come il divario tra Centro- Nord e Mezzogiorn­o (69,4% contro il 47,0%). Nella graduatori­a europea relativa al 2015 ancora una volta solo la Grecia fa peggio di noi, mentre la Svezia registra il valore più elevato (80,5%). Lo scorso anno, invece, il tasso di disoccupaz­ione scende di 0,2 punti rispetto al 2015, attestando­si all’ 11,7%, soprattutt­o per la riduzione della componente maschile. Anche in questo caso restano forti le differenze territoria­li: nel Mezzogiorn­o è in cerca di lavoro quasi una persona su cinque. Iltassodi disoccupaz­ione dei giovani di 15-24 anni scende al 37,8% nel 2016, 2,6 punti percentual­i in meno rispetto a un anno prima. Il livello massimo si registra proprio nel Mezzogiorn­o (51,7%).

Pressione fiscale

Nel capitolo dedicato alla finanza pubblica, l’Istat confer- ma poi il forte peso della pressione fiscale che, nel 2016, è scesa al 42,9%, comunque in riduzione di 0,7 punti percentual­i dal massimo del biennio 20122013. Siamo tra i Paesi con i valori più elevati: tra i maggiori partner ci supera solo la Francia ( dati 2015).

Ricchezza e rischio povertà

Il rapporto «Noi Italia» fotografa un Paese in cui la dinamica occupazion­ale non ha aiutato a far ripartire in modo struttural­e il Pil pro capite. Valutato ai prezzi di mercato, nel 2015 è aumentato dello 0,8% in termini reali rispetto all’anno precedente, ma risulta ancora inferiore a quello del 2012. Misurato invece in standard di potere d’acquisto (per un confronto omogeneo), il Pil pro capite italiano risulta inferiore del 4,5% rispetto a quello medio della Ue, più basso di quello riferito a Germania e Francia (rispettiva­mente del 23,6 e 9,2%) ma superiore del 5% al dato spagnolo.

Da sottolinea­re che la povertà assoluta in Italia nel 2015 coinvolgev­a il 6,1% delle famiglie residenti ( pari a poco più di 4,5 milioni di persone). Rispetto al 2014 peggiorano soprattutt­o le condizioni delle famiglie con 4 componenti (dal 6,7% al 9,5%). Il 10,4% delle famiglie rientra nella categoria « relativame­nte povero » .

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy