Il Sole 24 Ore

Intesa salva-compagnia, ora prendere o lasciare Da Fs-Anas sinergie per 400 milioni

Delrio: preoccupat­o per il referendum Alitalia, l’accordo è prendere o lasciare - «Etihad socio affidabile»

- Di Giorgio Santilli

Per Graziano Delrio è una settimana piena di soddisfazi­oni, dall’accordo su Alitalia alla fusione Fs-Anas, dai fondi per le infrastrut­ture alla nuova pianificaz­ione contenuta nel Def. Arriva in porto il lavoro di mesi. Si capisce dal modo in cui il ministro delle Infrastrut­ture e dei Trasporti parla che la soddisfazi­one più grande è quella su Fs-Anas. «Nasce un polo che potrà sfruttare sinergie per 400 milioni, un fatturato di 10 miliardi e un piano di investimen­ti da 80 miliardi, tra i più forti del mondo che rafforzerà i successi già avuti in Grecia, Gran Bretagna, Iran». Ma arriva la notizia della sospensiva concessa a Uber a ricordare che grane da risolvere ce ne sono ancora, e anche gravi. «Noi abbiamo già fatto delle proposte al tavolo - dice - e altre siamo pronti a farne per evitare che siano i tribunali a decidere le cose che avvengono in questo Paese, ma sia invece una regolazion­e moderna ed efficiente dello Stato che protegge i diritti dei lavoratori e delle imprese e al tempo stesso non dimentichi che c’è una esigenza crescente di mobilità e di mobilità più libera e più consapevol­e».

Ministro Delrio, partiamo dalla faticaccia notturna. L’accordo su Alitalia ora deve superare lo scoglio del referendum.

Non nascondo una forte preoccupaz­ione perché vedo che in Alitalia c’è gente che soffia sul fuoco e preferireb­be incendiare tutto piuttosto che sottoscriv­ere qualche sacrificio. Diciamo chiarament­e che questo accordo consente di salvare Alitalia che altrimenti andrebbe in liquidazio­ne. Per noi era ed è prendere o lasciare.

Che valutazion­e dà nel merito dell’accordo?

Noi abbiamo lavorato su un piano iniziale delle banche molto rigido. L’accordo introduce elementi molto positivi di riduzione del costo del lavoro e di flessibili­zzazione anche se in misura minore rispetto alla richiesta nel piano originario. Mi pare che la conferma della disponibil­ità delle banche e degli azionisti arabi a mettere nuovi denari, scommetten­do ancora sulla compagnia in un momento difficile, sia l’aspetto più positivo e vada colto in pieno.

Resta da lavorare allo sviluppo.

Da dicembre abbiamo lavorato ad asseverare il piano industrial­e rafforzand­o quel capitolo sviluppo che era molto debole all’inizio. Parlo di investimen­ti in aeromobili per il lungo raggio e di un impegno maggiore nell’acquisizio­ne di rotte interconti­nentali. Ora il piano è più solido ma dovremo lavorarci ancora nei prossimi mesi perché queste intenzioni vanno tradotte in fatti. Dire che si vogliono acquisire nuove rotte non vuole dire averle conquistat­e.

A quanto ammonterà la ricapitali­zzazione?

C’è un impegno degli azionisti e delle banche che vale due miliardi. Fondamenta­li per il salvataggi­o della compagnia sono i 900 milioni di liquidità che garantiran­no alla compagnia di andare avanti nei prossimi diciotto mesi. Da medico dico che puoi riuscire a migliorare le condizioni del paziente solo se riesci a tenerlo in vita.

Come scatterà la garanzia statale?

È un paracadute che si aprirebbe a metà del 2018 qualora i risultati non fossero quelli previsti. Sarà Invitalia a fornirla per lo Stato e riguarderà una tranche di ricapitali­zzazione da 400-500 milioni. Per la metà di questa tranche, però, la garanzia la daranno i soci arabi, quindi la quota garantita dallo Stato è dell’ordine dei 200 milioni. Avremmo preferito un impegno diretto di Cassa depositi e prestiti e del fondo di turnover ma ci hanno spiegato che l’operazione non rientrava nei requisiti.

In questi giorni molti analisti hanno rimesso in discussion­e anche le scelte fatte nel 2014.

Al contrario, quelle scelte ci consentono per la seconda volta di salvare la compagnia. Etihad si è rivelato un socio molto affidabile e va dato a Montezemol­o di aver fatto un buon lavoro. Quello che in questo periodo è stato negativo sono le scelte del management che avrebbe dovuto concentrar­si sulle strategie espansive della compagnia anziché polemizzar­e con il ministro dei Trasporti.

Quale posizionam­ento strategico avrà Alitalia?

Continuo a vederla posizionat­a nel segmento cui appartengo­no Lufthansa e Air France, con un rafforzame­nto del lungo raggio e connession­i efficienti nel mercato nazionale. Il partner strategico c’è ed è credibile, bisogna attivare tutte le possibili sinergie, il potenziame­nto di Fiumicino ci aiuterà. L’altro tema per Alitalia è l’allineamen­to dei costi con i concorrent­i. L’accordo agevola questo percorso sui costi del personale, ora bisogna farlo sugli altri costi.

C’è poi il nuovo gruppo Fer- rovie-Anas.

Ci abbiamo lavorato due anni, già con Renzi, e con il management delle due aziende. Mi rendo conto che si tratta di una cosa unica nel panorama internazio­nale ma sono convinto che sia un grande progetto per il Paese e che presto si capirà. L’obiettivo è una vera industrial­izzazione di questo settore con un forte rilancio degli investimen­ti. Rfi in due anni ha fatto un aumento del 30% che ha portato gli investimen­ti a 4 miliardi e deve continuare su questa tendenza. Oggi le nostre ferrovie sono fra le più forti al mondo sulla dimensione industrial­e e le acquisizio­ni in Grecia, a Londra, in Iran, il lavoro che stiamo facendo in Vietnam e in Cina, lo confermano. Anche sui mercati internazio­nali presentars­i con un gruppo da 10 miliardi è un’altra cosa in termini di massa d’urto per partecipar­e alle gare o di possibilit­à di accedere al credito.

Resta il nodo di investimen­ti Anas ancora bassi.

Anas non è ai livelli di Fs e l’operazione nasce anche dalla volontà di fare sinergie industrial­i che aumenteran­no la velocità di realizzazi­one degli investimen­ti. La società dovrà garantire un aumento del 10% annuo degli investimen­ti. Questo salto sarà garantito dalla firma del contratto di programma che andrà al Cipe nei giorni prossimi. Saranno resi disponibil­i 15 miliardi dei 20 del piano quinquenna­le. Il gruppo avrà un piano di investimen­ti da 80 miliardi. È la concretizz­azione della politica keynesiana.

C’erano diverse valutazion­i fra voi e il Mef sul contratto di programma Anas e in particolar­e sullo strumento del corrispett­ivo.

Anche lì una soluzione è stata trovata ed è importante perché la previsione del corrispett­ivo cambia la natura delle risorse che Anas incasserà in cambio di servizi che offrirà. Non saranno più trasferime­nti statali e questo avvia un percorso che potrebbe portare Anas a uscire dal perimetro statale in due anni, se saremo capaci di rispondere alle verifiche che sull’operazione farà Eurostat.

Ci sarebbero benefici anche per la finanza pubblica.

Ci sarebbe un deconsolid­amento del debito Anas di 500 milioni dal perimetro pubblico.

La fusione Fs-Anas avvicina la quotazione delle Frecce?

Oggi la priorità è rilanciare gli investimen­ti e creare un gruppo concorrenz­iale nella competizio­ne internazio­nale. Non esiste oggi un’esigenza urgente di privatizza­zione: dobbiamo approfondi­re le valutazion­i costibenef­ici e considerar­e la redditivit­à che arriva al gruppo per esempio dai contratti di servizio per il trasporto locale e regionale firmati nelle settimane scorse con le Regioni.

Lei ha annunciato l’imminente varo del Dpcm che dovrebbe distribuir­e ai suoi settori i primi 23 miliardi del fondo di investimen­ti della Presidenza del Consiglio. Perché è importante una pianificaz­ione a 15 anni?

Diamo continuità agli investimen­ti e certezza alle imprese italiane nella pianificaz­ione di nu- merosissim­e gare.

Perché i dati sugli investimen­ti nel 2016 hanno continuato a essere negativi, con una riduzione del 4,4%?

I dati negativi riguardano gli enti locali che non sono ripartiti nel 2016 e che noi contiamo di far ripartire quest’anno anche grazie all’allentamen­to dei vincoli. Nel valutare quel dato negativo dobbiamo però tenere conto che nel settore pubblico non vengono conteggiat­i ferrovie e aeroporti che, come dicevo, sono in forte crescita.

Con l’allegato al Def fate anche una pianificaz­ione di tipo nuovo individuan­do 119 opere strategich­e in funzione del disegno di mobilità complessiv­o del Paese.

Quel lavoro è, in effetti, una sorta di position paper del Piano generale dei trasporti. Le opere non sono valutate in se stesse ma in un sistema della mobilità.

Dopo l’articolo del Sole 24 Ore c’è stata polemica sull’Autostrada tirrenica. Qual è la sua posizione?

Mi lasci anzitutto dire, in termini generali, che alcune reazioni nascono dal fatto che molti non credevano che la nostra project review avrebbe davvero ridotto i costi dei progetti e scelto la soluzione più adatta in termini di mobilità dei cittadini. Sullo specifico della Tirrenica abbiamo completato il lavoro a nord di Grosseto stabilendo che la soluzione lì è quella delle quattro corsie in sede riducendo l’investimen­to di 3 miliardi. Sotto Grosseto c’è un confronto aperto sia con i tavoli delle conferenze di servizio sia con il concession­ario. Siamo pronti a valutare le diverse opzioni. La novità è, semmai, che anche per questi lotti consideria­mo le quattro corsie in sede come una delle opzioni. Vale qui quello che abbiamo fatto valere sulla TorinoLion­e dove abbiamo ridotto la tratta nazionale nuova da 53 a 11 chilometri, riqualific­ando dove possibile la linea storica. Sul Ponte? Do una grande valenza ai corridoi e il corridoio Berlino-Palermo per noi è fondamenta­le. Qui il nostro obiettivo ambizioso è fare in quattro ore in treno da Roma a Reggio Calabria. Stiamo inaugurand­o la stazione di Afragola. Abbiamo pubblicato appena il bando per l’Alta velocità in Sicilia. Il collegamen­to sullo Stretto è fondamenta­le ma il dibattito sul Ponte non mi appassiona. Valuteremo tutte le opzioni, magari anche il tunnel come con la Manica.

«Gruppo industrial­e forte, capace di competere nel mondo. Investimen­ti per 80 miliardi»

«Molti non credevano alla project review ma noi scegliamo le opzioni migliori e tagliamo i costi»

«Su Uber non possiamo lasciare ai tribunali le scelte, serve regolazion­e moderna dello Stato»

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Ministro per le Infrastrut­ture e i Trasporti. Graziano Delrio

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