Il nodo dei capilista bloccati: tutti li criticano, tutti li vogliono
Capilista bloccati nel mirino dei partiti, ma pur sempre in fondo al loro cuore. Voluti ai tempi del Patto del Nazareno da Silvio Berlusconi - da sempre e coerentemente allergico sia alle preferenze sia ai collegi uninominali come quelli del vecchio Mattarellum - i capilista bloccati sopravvissuti alla sentenza della Consulta sull’Italicum sono via via stati presi di mira da partiti e gruppi parlamentari: per primi i bersaniani, che prima di optare per la scissione puntavano a cancellare i capilista per timore di non avere candidati propri nelle liste del Pd; poi naturalmente il Movimento 5 stelle, che dei capilista fa da settimane argomento di propaganda; poi i competitor di Matteo Renzi alle primarie dem del 30 aprile, Andrea Orlando e Michele Emiliano; poi, a parole, dai centristi della maggioranza; infine dallo stesso Renzi, che anche per mandare un messaggio a Berlusconi si è detto nelle scorse ore favorevole a venire incontro al M5S superando il meccanismo («non siamo certo noi ad aver paura delle preferenza», è la sfida renziana).
La verità tuttavia è più complessa, come sempre, degli slogan elettoralistici. Per capirlo basta leggere la proposta di riforma elettorale depositata dal M5S, il cosiddetto Legalicum, e sempre rilanciata dai parlamentari grillini per sfidare il Pd a votarla tal quale, senza modifiche: nonostante il refrain contro i capilista bloccati il Legalicum lascia così come è uscita dalla sentenza della Consulta la legge elettorale per l’elezione della Camera dei deputati, capilista bloccati compresi. Ossia: premio alla lista (e non alla coalizione) che superi il 40%, soglia di sbarramento unica al 3% e liste corte di 3-6 nomi di cui il capolista è bloccato - cioè eletto automaticamente - mentre per gli altri in lista è prevista la doppia preferenza di genere. E allora in che consiste il Legalicum dei grillini? La proposta di legge vuole venire incontro all’esigenza, espressa in più occasioni anche dal Capo dello Stato Sergio Mattarella, di omogeneizzare i due attuali sistemi elettorali per la Camera e per il Senato sopravvissuti a due distinte sentenze della Consulta (la prima bocciò il Porcellum nel gennaio del 2014, la seconda ha bocciato in parte l’Italicum nel gennaio scorso): prevede dunque l’estensione del sistema in vigore per la Camera anche anche al Senato con l’eccezione dei capilista bloccati, che solo al Senato sarebbero dunque sostituiti dalla doppia preferenza di genere.
A ben vedere, dunque, neanche la proposta del M5S elimina i famigerati capilista bloccati. Perché decidere chi entrerà in Parlamento è interesse di tutti i leader dei grandi partiti, M5S Pd e Fi, desiderosi di avere “truppe” che si muovono in modo omogeneo. Ed è interesse anche dei piccoli. Anche ai centristi e al nuovo partito dei bersaniani, infatti, fanno comodo i capilista bloccati: unico modo, qualora riusciranno a superare la soglia di sbarramento, per assicurare la sopravvivenza dei propri gruppi dirigenti.