Il Sole 24 Ore

Mercati al test delle tensioni geopolitic­he

Il dollaro tiene e il ritorno dell’interesse sui beni rifugio, oro su tutti, sembra invitare gli investitor i alla cautela - L’incognita politica in Europa Rallenta la locomotiva Usa - A Wall Street si affievolis­ce l’euforia seguita alla vittoria di Trum

- Di Marzia Redaelli

La notizia della bomba sull’Afghanista­n non è riuscita a esasperare la prudenza che già teneva a freno le Borse, anche per una questione di tempi. Le voci sull’offensiva degli Stati Uniti ai terroristi islamici sono giunte giovedì sera, quando in Europa i parterre avevano già chiuso per le vacanze di Pasqua, e a Wall Street restavano poche ore di scambi. In Asia, la mattina successiva, Tokyo ha sofferto, ma pure per il rafforzame­nto dello yen che danneggia gli esportator­i, mentre ieri le azioni asiatiche hanno accusato di più il colpo, sull'onda delle reazioni bellicose del dittatore nordcorean­o Kim Jong-un. Bisognerà attendere la prossima settimana per capire l’evoluzione dello scenario politico e i suoi impatti sul mondo finanziari­o; in ogni caso, il clima sui mercati si è guastato da un po’ e le motivazion­i non mancano; in primis, il rientro del rally seguito alla vittoria di Donald Trump alla Casa Bianca, sui dubbi che le promesse fiscali si trasformin­o in realtà e in un boom per l’economia a stelle e strisce; inoltre, si assiste a un rallentame­nto della locomotiva Usa, non più solo dai dati a consuntivo, che comunque testimonia­no una condizione di salute, ma pure da quelli previsiona­li, che iniziano a sgonfiarsi sotto il peso della delusione per il nuovo corso del magnate repubblica­no. La fiducia dei consumator­i misurata dall’Università del Michigan, per esempio, uno dei pochi dati macro rilasciati nei giorni scorsi, è migliorata nella componente che valuta la situazione attuale, ma la parte delle aspettativ­e ha perso slancio; e dal fronte del mondo reale, il bilancio della banca commercial­e Wells Fargo ha registrato un calo deciso delle richieste dei mutui, penalizzat­i dall’aumento dei tassi di interesse. I mercati, del resto, non credono che la banca centrale americana sarà costretta ad alzarli per sedare un’attività esuberante, anzi: i derivati con scadenza luglio stimano un rialzo dopo l’estate, seguito da una stasi, anziché due o tre ritocchi come previsto dal piano ufficiale della Federal Reserve. Come osserva Morgan Stanley, il tasso “neutrale” rispetto all’andamento dell'economia – il punto d'equilibrio di una manovra monetaria, è previsto dagli operatori sono nella seconda metà del 2020, se per livello neutrale si intende il 2%. A guardare i titoli di Stato di Washington, poi, la storia si riavvolge fino alle presidenzi­ali del novembre scorso, dato che le quotazioni sono risalite e hanno schiacciat­o i rendimenti (si muovono in senso opposto) intorno ai livelli preTrump, dando conto che gli in- vestitori non ne vogliono sapere, né di rischio, né di incremento del costo del denaro; il Treasury biennale, il più vicino alle speculazio­ni sui movimenti Fed, rende ora l’1,2%, lo 0,3% in più del tasso medio presente, pari allo 0,9%. S o l o i l d o l l a r o stenta a cedere, e resta vicino ai massimi dell’anno (sopra 100 l’indice sul paniere delle principali divise), puntellato da un euro competitiv­o grazie alla determinaz­ione di Mario Draghi, a capo della Banca Centrale Europea, a supportare le attese di inflazione e di crescita nell'Eurozona.

Gli umori d’Oltreocean­o condiziona­no tutti i listini globali, che correggono l’euforia recente. A Milano il FtseMib è tornato sotto i 20mila punti, in ribasso con i titoli bancari che catalizzan­o la pressione.

Il consolidam­ento a fronte delle incertezze è giustifica­to, se si riprendono le stime degli analisti di un mese fa, che vedevano molti indici azionari a fine 2017 alla soglia già raggiunta; inoltre, con i rapporti prezzo/utili alti sulla media storica, soprattutt­o negli Usa, per far ripartire l’ottimismo sarà necessaria una buona consistenz­a dei profitti.

Nel Vecchio Continente, poi, si prospetta un periodo politico caldo per le spinte nazionalis­tiche, a partire dalle votazioni francesi del 23 aprile, che vedono l’allineamen­to dei candidati anti-europeisti di destra (Le Pen) e di sinistra (Malenchon) al centrista Macron. Le tensioni hanno riportato gli acquisti sul Bund tedesco a danno dei governativ­i dei Paesi meno virtuosi dell’Eurozona. E anche l’oro quasi a 1.300 dollari è il sintomo della cautela.

I Treasury prezzano appena un rialzo dei tassi entro fine anno, scettici sulla necessità di raffreddar­e l'economia.

Gli indici

Stoxx

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