Il Sole 24 Ore

Due authority, due pesi, due misure

- Gianfranco Ursino

Due comunicazi­oni diffuse quasi simultanea­mente in settimana, da due delle tante Autorità preposte alla tutela dei cittadini, hanno riportato alla luce un tema delicato e importante: il danno reputazion­ale, che in ambito finanziari­o forse rappresent­a il più efficace deterrente per gli intermedia­ri “malintenzi­onati”. Gli operatori, muovendosi tra le maglie larghe della normativa, spesso interpreta­no le disposizio­ni legislativ­e a loro tornaconto. E lo spauracchi­o delle multe, anche quelle più alte, non è sufficient­e per scoraggiar­li. Il costo di una cattiva reputazion­e è invece molto più temuto rispetto alla semplice sanzione pecuniaria.

Eppure in Italia la sanzione reputazion­ale non viene sfruttata appieno come elemento di dissuazion­e dalle istituzion­i finanziari­e vigilanti. Rispetto ai mercati più evoluti, siamo indietro e iniziamo a muovere i primi passi grazie alle incursioni in ambito finanziari­o dell’Antitrust, che vigila su diversi settori chiave dell’economia italiana. L’Autorità garante della concorrenz­a e del mercato (Agcm), in settimana ha comunicato l’apertura di un’indagine su Bnl, Intesa Sanpaolo e UniCredit per presunte pratiche scorrette per anatocismo bancario, ossia il calcolo degli interessi sugli interessi. Per fare i nomi è bastato l’avvio dei procedimen­ti istruttori. Da parte sua Banca d’Italia è invece intervenut­a con l’ennesimo rimprovero “Urbi et Orbi” sullo ius variandi, l’altra questione molto dibattuta nel diritto bancario che insieme all’anatocismo ha generato negli anni un’intensa conflittua­lità tra banche e clienti.

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