Due authority, due pesi, due misure
Due comunicazioni diffuse quasi simultaneamente in settimana, da due delle tante Autorità preposte alla tutela dei cittadini, hanno riportato alla luce un tema delicato e importante: il danno reputazionale, che in ambito finanziario forse rappresenta il più efficace deterrente per gli intermediari “malintenzionati”. Gli operatori, muovendosi tra le maglie larghe della normativa, spesso interpretano le disposizioni legislative a loro tornaconto. E lo spauracchio delle multe, anche quelle più alte, non è sufficiente per scoraggiarli. Il costo di una cattiva reputazione è invece molto più temuto rispetto alla semplice sanzione pecuniaria.
Eppure in Italia la sanzione reputazionale non viene sfruttata appieno come elemento di dissuazione dalle istituzioni finanziarie vigilanti. Rispetto ai mercati più evoluti, siamo indietro e iniziamo a muovere i primi passi grazie alle incursioni in ambito finanziario dell’Antitrust, che vigila su diversi settori chiave dell’economia italiana. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm), in settimana ha comunicato l’apertura di un’indagine su Bnl, Intesa Sanpaolo e UniCredit per presunte pratiche scorrette per anatocismo bancario, ossia il calcolo degli interessi sugli interessi. Per fare i nomi è bastato l’avvio dei procedimenti istruttori. Da parte sua Banca d’Italia è invece intervenuta con l’ennesimo rimprovero “Urbi et Orbi” sullo ius variandi, l’altra questione molto dibattuta nel diritto bancario che insieme all’anatocismo ha generato negli anni un’intensa conflittualità tra banche e clienti.
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