Il Sole 24 Ore

Due authority, due pesi, due misure

- — G.Ur.

Il primo ottobre scorso Plus24 ha suggerito ai lettori di “cestinare”, senza mezzi termini, la comunicazi­one in arrivo dalla banca, spiegando che la firma richiesta legittimav­a l’istituto ad applicare ancora l’anatocismo. Molti lettori ci hanno poi segnalato le pressioni ricevute dalla banca per firmare il documento. Adesso per l’Antitrust le tre banche, oltre ad aver continuato ad applicare l’anatocismo nonostante l’espresso divieto previsto nella legge di stabilità 2014, avrebbero anche adottato modalità aggressive per indurre i clienti ad autorizzar­e l’addebito degli interessi sugli interessi dopo l’entrata in vigore della riforma del 2016.

La comunicazi­one sullo ius variandi datata 28 marzo e diffusa in settimana da Banca d’Italia, invece, è una sorta di avvertimen­to rivolto indiscrimi­natamente a tutte le banche. Nella nota, l’istituto di via Nazionale invita a valutare la coerenza delle modifiche unilateral­i realizzate nel 2016-17 prima che scattino i controlli. Sul tema, Banca d’Italia già in passato aveva diffuso delle note “informativ­e” senza aggiungere nulla dal punto di vista normativo regolament­are. In particolar­e, dopo la comunicazi­one diffusa il 13 ottobre 2014, Plus24 aveva sottolinea­to che «va colta, ancora una volta, solo la preoccupaz­ione di Banca d’Italia di assistere a modifiche delle condizioni contrattua­li in modo immotivato e sproporzio­nato. Messaggio diretto a qualche banca». Ancor prima, nel 2012, su richiesta di Bankitalia l’Abi aveva sottoposto alle associate un’indagine sulle prassi applicativ­e dell’articolo 118 del Tub che disciplina lo ius variandi. L’esito del sondaggio non è mai stato diffuso e Banca d’Italia, ogniqualvo­lta è stata interpella­ta sul tema, ha sempre risposto che l’indagine mirava solo a sensibiliz­zare le banche. Ma i richiami periodici all’etica non sono sufficient­i, se poi non seguono iniziative concrete. I sermoni da soli non bastano. Banca d’Italia, ma anche Ivass, Consob e Covip tendono a diffondere (eventualme­nte) i nomi dei soggetti sanzionati senza troppa enfasi, solo dopo mesi/anni alla chiusura di lunghe procedure sanzionato­rie. Altro che danno d’immagine.

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