Il Sole 24 Ore

L’oro torna a essere bene rifugio

Quotazioni ai massimi dallo scorso nove mbre per le tensioni politiche Ma i target degli analisti sono ancora prudenti

- Andrea Gennai

Il prezzo dell’oro torna a salire sull’onda delle tensioni geopolitic­he (Nord Corea in primis) e si riporta sui livelli di inizio novembre sopra a 1.280 dollari l’oncia. Una data tutt’altro che casuale: a quel periodo risale infatti l’elezione di Trump alla presidenza Usa e per il metallo giallo si aprirono le porte per settimane molto difficili. Cinque mesi dopo il quadro sembra decisament­e cambiato.

Oltre alle dinamiche sui fondamenta­li (domanda per gioielleri­a, riserve delle banche centrali), la commodity è fortemente condiziona­ta dalle scelte della politica monetaria della Federal Reserve (Fed) e dall’andamento del dollaro (i prezzi dell’oro storicamen­te si muovono all’opposto rispetto al biglietto verde). Più salgono i tassi, più il dollaro si apprezza e quindi il metallo giallo diventa meno attrattivo: l’elezione di Trump aveva spinto al massimo le attese sui tassi e su una politica fiscale molto accomodant­e ma ora il mercato sembra ridimensio­nare le aspettativ­e. Lo stesso presidente Usa ha infatti espresso preoccupaz­ione nei giorni scorsi per un dollaro troppo forte prediligen­do uno scenario di tassi bassi. Dai verbali dell’ultimo meeting della Fed a marzo emerge che i futuri rialzi dei tassi avverranno in maniera graduale con due possibili aumenti ulteriori nel 2017.

Ma dove possono arrivare i prezzi del metallo giallo? La recente fiammata dei prezzi ha portato i valori ben oltre le previsioni di molte case di investimen­to. Il consensus degli analisti di Reuters, al 27 gennaio, prevede un target (la mediana)di 1.250 dollari per il terzo trimestre e di 1.298 per l’ultima frazione dell’anno. «L’oro – spiega Névine Pollini, senior commoditie­s analyst di Union Bancaire Privée (Ubp) – si è dimostrato piuttosto resistente a questi ulteriori segnali di irrigidime­nto della politica monetaria e i rendimenti dei Treasury si sono mossi a malapena. Ci sono continue insicurezz­e circa le promesse di maggiori stimoli fiscali da parte dell’amministra­zione Trump e sul loro impatto sull’outlook economico».

Ubp mantiene una view prudente sulla materia prima, ma non esclude «la possibilit­à – continua Pollini – che nei prossimi mesi il metallo giallo possa ricevere una spinta verso l’alto grazie a una serie di fattori, come l’avanzament­o delle trattative sulla Brexit, le elezioni in Francia e Germania e le politiche di Trump già menzionate. L’oro potrebbe anche trovare supporto nella richiesta di beni rifugio dovuta all’aumento delle tensioni geopolitic­he » . Anche Ubs ha una valutazion­e complessiv­amente positiva sull’oro, ma in un report del 5 aprile riduce a 1.300 dollari rispetto ai precedenti 1.350 il target del prezzo medio per l’intero 2017. Se la Fed dovesse assumere un atteggiame­nto più aggressivo sui tassi e soprattutt­o se in Europa le tensioni politiche dovessero allentarsi, per l’oro non ci sarebbero molti spazi.

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