L’oro torna a essere bene rifugio
Quotazioni ai massimi dallo scorso nove mbre per le tensioni politiche Ma i target degli analisti sono ancora prudenti
Il prezzo dell’oro torna a salire sull’onda delle tensioni geopolitiche (Nord Corea in primis) e si riporta sui livelli di inizio novembre sopra a 1.280 dollari l’oncia. Una data tutt’altro che casuale: a quel periodo risale infatti l’elezione di Trump alla presidenza Usa e per il metallo giallo si aprirono le porte per settimane molto difficili. Cinque mesi dopo il quadro sembra decisamente cambiato.
Oltre alle dinamiche sui fondamentali (domanda per gioielleria, riserve delle banche centrali), la commodity è fortemente condizionata dalle scelte della politica monetaria della Federal Reserve (Fed) e dall’andamento del dollaro (i prezzi dell’oro storicamente si muovono all’opposto rispetto al biglietto verde). Più salgono i tassi, più il dollaro si apprezza e quindi il metallo giallo diventa meno attrattivo: l’elezione di Trump aveva spinto al massimo le attese sui tassi e su una politica fiscale molto accomodante ma ora il mercato sembra ridimensionare le aspettative. Lo stesso presidente Usa ha infatti espresso preoccupazione nei giorni scorsi per un dollaro troppo forte prediligendo uno scenario di tassi bassi. Dai verbali dell’ultimo meeting della Fed a marzo emerge che i futuri rialzi dei tassi avverranno in maniera graduale con due possibili aumenti ulteriori nel 2017.
Ma dove possono arrivare i prezzi del metallo giallo? La recente fiammata dei prezzi ha portato i valori ben oltre le previsioni di molte case di investimento. Il consensus degli analisti di Reuters, al 27 gennaio, prevede un target (la mediana)di 1.250 dollari per il terzo trimestre e di 1.298 per l’ultima frazione dell’anno. «L’oro – spiega Névine Pollini, senior commodities analyst di Union Bancaire Privée (Ubp) – si è dimostrato piuttosto resistente a questi ulteriori segnali di irrigidimento della politica monetaria e i rendimenti dei Treasury si sono mossi a malapena. Ci sono continue insicurezze circa le promesse di maggiori stimoli fiscali da parte dell’amministrazione Trump e sul loro impatto sull’outlook economico».
Ubp mantiene una view prudente sulla materia prima, ma non esclude «la possibilità – continua Pollini – che nei prossimi mesi il metallo giallo possa ricevere una spinta verso l’alto grazie a una serie di fattori, come l’avanzamento delle trattative sulla Brexit, le elezioni in Francia e Germania e le politiche di Trump già menzionate. L’oro potrebbe anche trovare supporto nella richiesta di beni rifugio dovuta all’aumento delle tensioni geopolitiche » . Anche Ubs ha una valutazione complessivamente positiva sull’oro, ma in un report del 5 aprile riduce a 1.300 dollari rispetto ai precedenti 1.350 il target del prezzo medio per l’intero 2017. Se la Fed dovesse assumere un atteggiamento più aggressivo sui tassi e soprattutto se in Europa le tensioni politiche dovessero allentarsi, per l’oro non ci sarebbero molti spazi.