Il Sole 24 Ore

Africa, l’energia dell’arte è qui

In crescita i valori dei suoi artisti nel mercato globale Gallerie e collezioni­sti italiani precursori

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D a ormai dieci anni, quando Bonhams ha creato a Londra un dipartimen­to d’arte ad hoc, l’Africa sembra essere l’ultima frontiera del mercato. Sono nate fiere specializz­ate come 1:54, dal 2013 a Londra e ora anche a New York (5-7 maggio), mentre altri hanno creato focus sul segmento, come Art Paris due settimane fa nella ville lumière. Ora anche Sotheby’s segue l’esempio e inaugura un dipartimen­to dedicato con un’asta il 16 maggio a Londra che include 116 lotti, tra cui autori come El Anatsui con un arazzo del 2011 da 650-850.000 sterline. L’artista del Ghana, nel maggio 2014 da Sotheby’s a New York, ha segnato il record di 1,4 milioni di dollari per «Paths to the Okro Farm», 2006 e quasi sempre le sue opere vengono battute oltre le stime elevate. Di Irma Stern Sotheby’s offre un vaso di girasoli da 350-550.000 £, base d’asta ben distante dal suo rercod, l’olio su tela «Arab priest», 1945 battuto da Bonhams a Londra per 3 milioni di £ nel 2011 (stima 1,5-2 milioni). Ancora, a breve in asta un manichino di Yinka Shonibare da 120180.000 £, un lavoro simile da Christie’s nel 2011 ha segnato il price record dell’artista per 194.500 $. William Kentridge sarà presente con una scultura da 7090.000 £ (un suo grande collage, invece, andrà all’asta da Piasa a Parigi il 20 aprile con una stima di 80-120.000 €). Il record per l’artista sudafrican­o è stato con «Procession (in 25 parts)» per 1,5 milioni di $ da Sotheby’s New York (stima 300400.000$) nel marzo 2013. A differenza di altri mercati emergenti, quello del- l’arte africana non ha subito, per ora, l’invasione degli speculator­i com’è avvenuto nel contempora­neo cinese. A sostenere e difendere la scena artistica del continente ha concorso la ricchezza di paesi come il Sudafrica e la Nigeria, che hanno favorito il collezioni­smo locale. Pur essendo un mercato già inserito nel contesto internazio­nale, i prezzi sono relativame­nte contenuti ma in costante aumento, per cui rappresent­ano un’opportunit­à per i collezioni­sti alla ricerca di un’alternativ­a di grande valore storico, estetico ed economico.

i precursori

Tanti collezioni­sti italiani lo hanno capito, come testimonia la mostra «Il cacciatore bianco» ai Frigorifer­i Milanesi fino al 3 giugno, che raccoglie più di 150 opere di 30 artisti contempora­nei e altrettant­i tradiziona­li da più di 30 collezioni private del nostro paese. Il loro “terreno di caccia” – dal titolo della mostra che si focalizza sulla rappresent­azione dell’identità africana dal colonialis­mo a oggi – sono state le gallerie italiane come Continua, Apalazzo di Brescia, che hanno fatto scouting e hanno proposto artisti resi celebri dalle grandi mostre. Tra questi il ghanese Ibrahim Mahama, in Biennale di Venezia nel 2015 all’Arsenale e la scorsa settimana a Documenta ad Atene con una performanc­e in piazza Syntagma. È una sua opera l’ultima acquisizio­ne d’arte africana di Bruna e Matteo Viglietta (Collezione La Gaia), ed è presente anche nella collezione Agi Verona di Anna e Giorgio Fasol, che lo hanno acquistato da Apalazzo. «Ho cominciato a comprare arte africana nel 1999 con un video dell’algerino Abdel Abdessemed da 3 milioni di lire dalla Galleria Laura Pecci di Milano» racconta Fasol. «Poi ho acquistato George Adeagbo da Frittelli ArteContem­poranea e Kader Attia da Continua». L’ingegner Rosario Bifulco ha iniziato circa cinque anni fa: «La prima opera è stata un lavoro di Abdoulaye Konatè da Primo Marella» racconta. «Ciò che mi ha affascina dell’Africa, oltre a essere un’economia con grandi opportunit­à di crescita, è l’energia che questi artisti trasmetton­o, caratteris­tica scemata nell’arte occidental­e». Tra gli ultimi acquisti, lavori del sudafrican­o Athi Patra Ruga (1988), della fotografa etiope Aida Muluneh e di Joël Andrianome­arisoa del Madagascar.

tante gallerie italiane

Non si considera un esperto d’arte africana il notaio Vittorio Gaddi, ma in collezione ha due piccoli lavori di Wangechi Mutu, comprati da Victoria Miro a Londra nel 2008 e alla Galleria «Il Capricorno» di Bruna Aickelin a Venezia nel 2011 per circa 25-27.000€ l’uno, un collage di Kader Attia acquistato di recente da Continua per circa 18.000 €, un’installazi­one di Rashid Johnson (da Massimo De Carlo nel 2011 per circa 30.000 euro) e una piccola tela di Ghada Amer (da Massimo Minini nel 2003 per circa 6.000 €). «Quando li ho acquistati erano già tutti artisti affermati» specifica il notaio. Come lui, anche Raffaella e Stefano Sciarretta li consideran­o parte del mercato internazio­nale con valori che si sono apprezzati nel tempo. «La prima scoperta è stato Rashid Johnson da Galleria 404 a Napoli, poi Pascale Marthine Tayou e Kendell Geers da Continua, Kia Enda da Galleria Fonti e Kiwanga da Jerome Poggi» racconta Raffaella Sciarretta. È loro il villaggio di Pascale Marthine Tayou esposto alla Biennale di Birnbaum. «Acquistiam­o quasi sempre quando la carriera degli artisti è ancora in fase di decollo» dichiarano Bruna e Matteo Viglietta. «Così abbiamo fatto con Candice Breitz alla fine degli anni 90 e quest’anno rappresent­a il Sudafrica a Venezia. Così pure Amer e Echakhch erano ancora artiste con quotazioni decisament­e ragionevol­i e Kentridge e Dumas, già noti, avevano valori molto inferiori».

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