le cifre in ballo la settimana G
Per gli italiani la consulenza finanziaria “non ha prezzo”
li italiani non hanno la minima idea di quanto sia necessario pagare per avere un servizio di consulenza finanziaria di qualità. È quanto emerge dalla ricerca di Prometeia e Ipsos su un campione di 1.400 famiglie presentata al Salone del Risparmio. Gli intervistati hanno dimostrato di non percepire il valore del servizio, attribuendo prezzi con divergenze molto ampie. Per appurare il livello di accettabilità del costo della consulenza è stato chiesto quanto sono disposti a pagare, su una cifra di 80mila euro, per un servizio di consulenza di alta qualità. È emerso che arrivano a pagare anche percentuali ragguardevoli: il 12% degli intervistati ritiene congruo un costo del 4-5% per un servizio di alta qualità, mentre un altro 19% è disposto a pagare il 2-4%. Il 28% pagherebbe solo l’1-2% e il restante 41% non si spinge oltre l’1%. «Gli italiani attribuiscono al servizio di consulenza di qualità valori profondamente diversi perché non sono di fronte all’acquisto di un bene standardizzato, come un litro di benzina, ma di un servizio che è funzione delle singole proposte fatte dagli intermediari. Si tratta di un “oggetto” che prende forma in funzione di chi lo eroga. Nella scelta dell’intermediario contano molto il brand, la reputation, l’ampiezza dei servizi offerti, non tanto i costi», ha spiegato Sebastiano Mazzoni Perelli, director di Prometeia. Inoltre dalla ricerca è emerso che gli italiani assumono un atteggiamento prudenziale se i costi vengono esplicitati in termini assoluti, come del resto richiede la Mifid II. Su 80mila euro il 4-5% di commissioni equivale a 3.200-4.000 euro. Davanti a queste cifre la percentuale di intervistati disposti a pagarle scende dal 12 al 7% e quelli disposti a pagare l’equivalente del 2-4% di commissioni, ovvero 1.600-3.200 euro, scende dal 19 al 10 per cento. Nell’ambito del sondaggio è anche emerso che gli italiani sono consapevoli delle retrocessioni che gli intermediari percepiscono dalle società prodotto (77%) e che questo meccanismo può generare conflitti di interesse perché il collocatore può essere incentivato a vendere i prodotti di una società piuttosto che di un’altra (72%). Eppure quando è stato chiesto se desiderano sterilizzare questo fenomemo con un servizio di consulenza con sola remunerazione esplicita, non è stata manifestata un’ampia apertura: solo il 41% si è detto interessato ad avere il costo del servizio di consulenza spacchettato da quello del servizio di gestione. E quando è stato chiesto se erano interessati alla consulenza indipendente, dove non ci sono retrocessioni sui prodotti ma è il cliente che paga direttamente l’intermediario, l’85% ha risposto che non è interessato. Se la spinta alla concorrenza e all’abbattimento dei costi non arriva dalla domanda, non aspettiamo che arrivi dal lato dell’offerta.