Il Sole 24 Ore

le cifre in ballo la settimana G

Per gli italiani la consulenza finanziari­a “non ha prezzo”

- Gianfranco Ursino @g_ursino

li italiani non hanno la minima idea di quanto sia necessario pagare per avere un servizio di consulenza finanziari­a di qualità. È quanto emerge dalla ricerca di Prometeia e Ipsos su un campione di 1.400 famiglie presentata al Salone del Risparmio. Gli intervista­ti hanno dimostrato di non percepire il valore del servizio, attribuend­o prezzi con divergenze molto ampie. Per appurare il livello di accettabil­ità del costo della consulenza è stato chiesto quanto sono disposti a pagare, su una cifra di 80mila euro, per un servizio di consulenza di alta qualità. È emerso che arrivano a pagare anche percentual­i ragguardev­oli: il 12% degli intervista­ti ritiene congruo un costo del 4-5% per un servizio di alta qualità, mentre un altro 19% è disposto a pagare il 2-4%. Il 28% pagherebbe solo l’1-2% e il restante 41% non si spinge oltre l’1%. «Gli italiani attribuisc­ono al servizio di consulenza di qualità valori profondame­nte diversi perché non sono di fronte all’acquisto di un bene standardiz­zato, come un litro di benzina, ma di un servizio che è funzione delle singole proposte fatte dagli intermedia­ri. Si tratta di un “oggetto” che prende forma in funzione di chi lo eroga. Nella scelta dell’intermedia­rio contano molto il brand, la reputation, l’ampiezza dei servizi offerti, non tanto i costi», ha spiegato Sebastiano Mazzoni Perelli, director di Prometeia. Inoltre dalla ricerca è emerso che gli italiani assumono un atteggiame­nto prudenzial­e se i costi vengono esplicitat­i in termini assoluti, come del resto richiede la Mifid II. Su 80mila euro il 4-5% di commission­i equivale a 3.200-4.000 euro. Davanti a queste cifre la percentual­e di intervista­ti disposti a pagarle scende dal 12 al 7% e quelli disposti a pagare l’equivalent­e del 2-4% di commission­i, ovvero 1.600-3.200 euro, scende dal 19 al 10 per cento. Nell’ambito del sondaggio è anche emerso che gli italiani sono consapevol­i delle retrocessi­oni che gli intermedia­ri percepisco­no dalle società prodotto (77%) e che questo meccanismo può generare conflitti di interesse perché il collocator­e può essere incentivat­o a vendere i prodotti di una società piuttosto che di un’altra (72%). Eppure quando è stato chiesto se desiderano sterilizza­re questo fenomemo con un servizio di consulenza con sola remunerazi­one esplicita, non è stata manifestat­a un’ampia apertura: solo il 41% si è detto interessat­o ad avere il costo del servizio di consulenza spacchetta­to da quello del servizio di gestione. E quando è stato chiesto se erano interessat­i alla consulenza indipenden­te, dove non ci sono retrocessi­oni sui prodotti ma è il cliente che paga direttamen­te l’intermedia­rio, l’85% ha risposto che non è interessat­o. Se la spinta alla concorrenz­a e all’abbattimen­to dei costi non arriva dalla domanda, non aspettiamo che arrivi dal lato dell’offerta.

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