La Turchia spaccata si allontana dall’Europa Merkel cauta: Erdogan ora cerchi il dialogo
Osce: molti voti irregolari
pVoto in Turchia «non all’altezza degli standard internazionali»: è il giudizio dell’Osce sul referendum costituzionale che ha visto la vittoria di misura di Erdogan. Il presidente turco: «Sconfitte nazioni con mentalità da crociati». Da Germania e Austria chiesto stop a trattative Ue per l’ingresso di Ankara.
pÈ il primo mercato di destinazione dell’export italiano in Medio Oriente e Nord Africa e il decimo mercato per le esportazioni italiane nel loro complesso. La Turchia che si appresta a cambiare pelle trasformandosi in Repubblica presidenziale è un partner strategico per l’Italia. Lo dice la storia. Lo dicono i numeri, indicativi di rapporti commerciali che, almeno finora, non sono stati scalfiti dalle fibrillazioni dell’ultimo anno e mezzo.
«Le aziende italiane che già ora si trovano in Turchia o che hanno rapporti commerciali con il Paese – spiega Aniello Musella, direttore dell’Ice di Istanbul – continuano a operare. Diversa la situazione per chi ancora non è entrato in questo mercato. In queste aziende stiamo notando una certa freddezza e un prender tempo». Una prova di questo sta nella partecipazione alle fiere. «Nel triennio 2013-2015 se ne facevano una decina all’anno in Turchia, con la partecipazione media di 20 aziende. Nell’ultimo anno – precisa Musella – non è stato così e abbiamo visto un calo consistente di presenze e di partecipazioni alle fiere».
Tra i Paesi europei l’Italia si posiziona dopo la Germania e prima della Francia nelle esportazioni verso la Turchia ed è il quinto acquirente di prodotti locali, dopo Germania, Iraq, Regno Unito e Russia. Nel 2016 le vendite italiane verso il Paese sono scese a 9,6 miliardi di euro rispetto ai poco meno di 10 miliardi del 2015 (-3,8%). Di segno opposto il trend per le importazioni dalla Turchia, salite a 7,47 miliardi (+12,4%) per un saldo della bilancia commerciale positivo per 2,13 miliardi di euro.
In questo quadro, come sostiene il direttore Ice di Istanbul, chi è già dentro al mercato continua ad apprezzarne vari elementi, fra cui la vicinanza geografica tanto al mercato italiano quanto a quelli più a Est. Altro elemento attrattivo è il mercato interno, comunque interessante con 80 milioni di persone con un tasso medio annuo di sviluppo del Pil reale superiore al 4% annuo. «Quello che le aziende italiane hanno lamentato un po’ a partire da luglio è stato il cambiamento di interlocutori nel pubbli- co che può aver disorientato, dopo il golpe estivo. Ma credo – conclude Musella – che i benefici dello stare in questo mercato si dimostrino ancora superiori».
Secondo dati Ice sono circa 560 le aziende italiane stabilmente attive in Turchia, per un terzo impegnate nella meccanica e nell’impiantistica e per l’11% circa nell’edilizia-arredamento. Nella classifica Doing Business la Turchia è 69esima su 190 Paesi (l’Italia è al 50esimo posto). La partecipazione allo sviluppo infrastrutturale del Paese è una delle leve su cui poggia la presenza di imprese italiane in Turchia, ma non è la sola. A questa si aggiungono senz’altro la consolidata presenza di grandi gruppi nazionali con impianti produttivi nei cluster turchi. Non mancano nomi di spessore come Fca-Tofas, Pirelli, Barilla, Ferrero, Astaldi, Menarini, Technogym. Il settore bancario è presente con Unicredit e Intesa Sanpaolo.
Al centro dei progetti italiani di crescita in termini sia di esportazioni sia di investimenti diretti c’è innanzitutto il macrocomparto infrastrutture-costruzioni-logistica, ma anche l’elettromedicale, con una crescita potenziale di mercato del 5% annuo, le energie rinnovabili, la meccanica strumentale e, nello specifico, il packaging che corre addirittura al ritmo del 15% annuo, la tecnologia con Industry 4.0, l’area moda-lifestyle, l’agroalimentare. E non bisogna dimenticare che il governo turco, in vista del centenario della Repubblica del 2023, è attualmente impegnato in un massiccio programma di potenziamento delle infrastrutture legato al settore ospedaliero.
I macchinari sono di gran lunga la fetta principale dell’export, seguiti da voci relative all’industria estrattiva, mezzi di trasporto, metalli, chimica e gomma plastica. Anche quello dei beni di consumo inizia a dare segnali importanti. Alcuni operatori turchi di rilievo realizzano fatturati consistenti con l’Italia. Tra questi c’è Beymen, Department Store di segmento elevato con punti vendita a Istanbul e in altre città in Turchia, che ha importato dall’Italia nel 2016 abbigliamento, accessori moda, tessile casa e oggetti di design per un valore di 74,2 milioni di euro.
PRESENZA IMPORTANTE Sarebbero 560 le società italiane stabilmente attive in Turchia. Infrastrutture, logistica e macchinari i settori più interessanti