L’effetto «matrioska» che frena le deleghe
pUn effetto “matrioska” che appesantisce ulteriormente il lavoro di Palazzo Chigi e degli uffici legislativi dei ministeri. È quello delle riforme economiche in questi anni hanno utilizzato il veicolo della delega con un impatto moltiplicatore sullo stock attuativo di provvedimenti d’urgenza e leggi “ordinarie”. Un carico aggiuntivo che, considerando le misure più importanti, sfiora quota duecento. Risale a fine 2012 – dunque, al Governo Monti – la legge 190 ribattezzata “anticorruzione”, che prevedeva cinque principi di delega che rimandavano ad altrettanti (o più) decreti attuativi. A distanza di più di quattro anni, sono arrivate al traguardo tre provvedimenti applicativi, mentre due – uno sulle sanzioni disciplinari nel caso di superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi e l’altro sugli incarichi extra-giudiziari dei magistrati – sono ancora al palo. E, con ogni probabilità, ci resteranno.
Nel 2014 è stata poi approvata la delega fiscale (legge 23) e quella del Jobs act (legge 183). Nel primo caso la delega rimandava a 21 o più decreti attuativi, in gran parte messi a punto, anche se su alcuni settori il lavoro è rimasto a metà. È il caso della riforma del Catasto, dove la delega è stata esercitata in minima parte: è, infatti, arrivato in porto il provvedimento relativo alla composizione e al funzionamento delle commissioni censuarie, mentre non è stato affrontato il vero nodo, quello della revisione del catasto dei fabbricati, argomento di cui si è tornato a parlare in questi giorni di manovra sui conti pubblici. Il Jobs act, invece, ha completato il quadro dei decreti attuativi previsti: i principi di delega erano sei e hanno prodotto – in conseguenza del fatto che una delega può essere tradotta in realtà da uno più decreti attuativi - 10 atti applicativi.
Sempre al Governo Renzi vanno ascritte le due deleghe 2015: quella di riforma della pubblica amministrazione (legge 124) e l’altra sulla Buona scuola (legge 107). Il puzzle della riforma Madia è stato quasi completato. Sul cammino dei decreti attuativi ha anche pesa- to la sentenza della Corte costituzionale dell’anno scorso che ha dichiarato illegittima la parte della delega in cui prevedeva solo il parere e non l’intesa con le Regioni. Passaggio che riguardava cinque provvedimenti applicativi: società partecipate, dirigenza sanitaria, licenziamento disciplinare, dirigenza servizi pubblici. I primi tre decreti erano già stati predisposti al momento del pronunciamento della Consulta ed è stato, dunque, necessario un intervento “correttivo” da parte del Governo, mentre gli altri due, che non erano ancora stati messi a punto, sono saltati.
Anche la delega sulla scuola ha avuto un percorso un po’ faticoso: gli otto decreti attuativi sono, infatti, stati approvati da Palazzo Chigi a metà gennaio, il giorno prima che scadesse la delega e nei giorni scorsi, dopo aver completato l’iter dei pareri, hanno ricevuto il “sì” definitivo del Governo.
Ed è proprio al termine di questa fase 1, cioè l’entrata in vigore dei decreti delegati che scatta il cosiddetto “effetto matrioska”, ulteriori atti di secondo livello necessari per poter essere operativi. Il Jobs act, per esempio, ne prevede altri 71, la delega fiscale 51 e più o meno altrettanti la riforma della pubblica amministrazione.