La partita sulle clausole Iva decide il taglio al cuneo: nodo coperture per l’Irpef
pBloccare ancora una volta le clausole di salvaguardia dell’Iva, che porterebbero al 13% l’aliquota del 10% e al 25% quella del 22% portando un gettito aggiuntivo da 19,5 miliardi, oppure lasciarsi più spazio per le «politiche espansive»? E, in questo caso, concentrare gli sforzi su una riduzione del cuneo fiscale più potente rispetto a quelle ipotizzate finora oppure avviare una riduzione dell’Irpef utile in vista delle urne e spendibile come “antipasto” dell’operazione promessa dal governo Renzi per il 2018 e poi rinviata?
Al di là delle pagine ufficiali del Def, che ribadiscono l’impegno a congelare ancora una volta le clausole Iva e indicano la prospettiva di un intervento (non tradotto in cifre) sul cuneo fiscale, la partita è aperta ed è destinata a decidere l’impianto della manovra d’autunno. Al ministero dell’Economia lo scambio fra un aumento parziale dell’Iva e un taglio deciso al cuneo fiscale continua a essere fra i dossier in gioco (si veda Il Sole 24 Ore di venerdì; lo stesso ministro dell’Economia Padoan l’ha definita «un’opzione sostenuta da buone ragioni» in un’intervista al Messaggero di domenica); dalle parti del Pd ogni aumento di aliquote a pochi mesi dalle elezioni è visto come un’eresia, e sembra destinato a riaccendere la battaglia «tecnica contro politica» che accompagna tutti i momenti di tensione fra il Nazareno e Via XX Settembre.
I numeri in gioco sono limati dalla manovrina, che offre ai conti pubblici cinque miliardi strutturali dal 2018, e dalla speranza di ottenere da Bruxelles margini di deficit in più rispetto all’1,2% appena ribadito come obiettivo per il prossimo anno. La base di partenza, fra stop totale all’Iva, correzione alleggerita e misure per pubblico impiego e decontribuzione, sarebbe comunque una manovra da almeno 17 miliardi: qualche ritocco all’Iva, in quest’ottica, darebbe spazio per spingere di più sulle politiche «espansive», quelle pro-crescita. Ma come?
Il tema principe rimane quello del cuneo fiscale, su cui a distanza di pochi giorni hanno richiamato l’attenzione la Corte dei conti prima e l’Ocse poi: l’organizzazione parigina, in particolare, ha ricordato come nel 2016 - e nonostante gli sgravi sui contratti stabili targati Renzi-Poletti - il peso di imposte e contributi sui redditi da lavoro in Italia si confermi un vero e proprio «macigno» che grava sulle imprese.
Inoltre, da gennaio, esaurita la decontribuzione generalizzata introdotta dal Jobs act, integrale nel 2015, ridotta al 40% lo scorso anno, sono in vigore solo incentivi mirati al Sud e a stabilizzare studenti al termine dell’alternanza
IL REBUS RISORSE Il Pnr cita la decontribuzione sui giovani neoassunti ma in prospettiva c’è ancora il taglio strutturale per tutti che costa 2-2,5 miliardi per ogni punto
scuola-lavoro (e i primi numeri sui rapporti attivati parlano di un netto rallentamento della crescita dei contratti fissi).
Probabilmente anche per questi motivi, e per rispondere alle raccomandazioni Ue, nel Pnr il governo ha tratteggiato la strategia di un rafforzamento delle «misure strutturali di decontribuzione del costo del lavoro», da tradurre poi in norme in vista della legge di Bilancio 2018. Qui l’ipotesi principale è partire con uno sgravio pieno, stile Jobs act, per tre anni a favore del primo impiego a tempo indeterminato dei giovani tra i 32 e i 35 anni. Il taglio dei contributi dovrebbe essere “portabile”, cioè seguirà il lavoratore in caso di carriera inizialmente discontinua; e si sta riflettendo, pure, sull’opportunità di far rientrare l’apprendistato nelle tipologie negoziali incentivate. Un’ipotesi di questo tipo costerebbe secondo le prime stime un miliardo di euro in fase di partenza, per salire fra i3 e i 4 a regime. Resta da vedere se, in prospettiva, e risorse permettendo, si potrà invece arrivare a un taglio strutturale del cuneo, per tutti, vecchi e nuovi assunti, da ripartire o in parti uguali imprese-lavoratori, oppure due terzi imprese, un terzo lavoratori. Un’ipotesi del genere costerebbe circa 2-2,5 miliardi per ogni punto di sforbiciata. Ancora più care, invece, le idee circolate in passato sull’Irpef, che partono dai 3 miliardi all’anno delle opzioni più minimali per salire verso i 7-10 miliardi per quelle più robuste.