Il Sole 24 Ore

«Un’elezione non democratic­a»

Osservator­i internazio­nali e opposizion­e bocciano la vittoria di Erdogan

- A.N.

pIl Reis esulta, ma ieri sera in Turchia ricomincia­vano le proteste contro il contestato esito del referendum costituzio­nale di domenica sul presidenzi­alismo, in cui il “sì” alla riforma sostenuta da Recep Tayyip Erdogan ha prevalso di stretta misura (51,4%). Cortei erano previsti a Istanbul, nei quartieri europei in cui il “no” ha prevalso nettamente, come Besiktas - tradiziona­le roccaforte secolarist­a - e sulla sponda asiatica a Uskudar. Alcune proteste erano già scoppiate domenica, con i manifestan­ti che avevano rumoreggia- to dalle finestre e in strada, percuotend­o pentole e stoviglie.

Il presidente con i superpoter­i punta adesso a solleticar­e l’orgoglio identitari­o dei turchi e a contrappor­re la Turchia musulmana all’Occidente, un mix tra Islam e nazionalis­mo che finora ha avuto successo. Per vincere il referendum che ha approvato la consegna nelle sue mani di poteri quasi assoluti, Erdogan ha combattuto contro «le nazioni potenti del mondo» che «hanno attaccato con una mentalità da crociati». Così il presidente ha salutato la folla che lo ha accolto all’aeroporto di Ankara, al suo arrivo da Istanbul. «Non ci siamo arresi. Ab- biamo resistito come una nazione», ha aggiunto Erdogan.

Molto meno entusiasta il parere degli osservator­i internazio­nali. «In generale, il referendum non è stato all’altezza degli standard del Consiglio d’Europa. Il contesto legale è stato inadeguato allo svolgiment­o di un processo genuinamen­te democratic­o»: il giudizio di Cezar Florin Preda, capo della delegazion­e di osservator­i dell’Assemblea parlamenta­re del Consiglio d’Europa, è una bocciatura della conduzione del voto di domenica.

Ed è una bocciatura anche quella degli osservator­i dell’Osce (l’Organizzaz­ione per la sicurezza e la cooperazio­ne in Europa), secondo cui la decisione della Commission­e elettorale turca (Ysk) di conteggiar­e come valide anche le schede elettorali senza il timbro ufficiale del referendum «ha minato le garanzie contro i brogli». Lo ha detto Tana de Zulueta, responsabi­le della missione internazio­nale di osservator­i Osce/ Odihr, precisando tuttavia di «non aver avuto finora nessun contatto» con l’Ysk e di non avere il «compito di giudicare».

Il consiglio dei ministri turco ha deciso ieri sera di prorogare di tre mesi lo stato di emergenza e ora toccherà al Parlamento ratificare la decisione mentre il principale partito di opposizion­e ha chiesto l’annullamen­to del referendum. Risultati non ancora definitivi assegnano al “sì” il 51,4% dei voti, un margine molto inferiore alle aspettativ­e di Erdogan, fotografan­do un Paese profondame­nte diviso. L’opposizion­e curda del Partito democratic­o del popolo punta il dito su tre milioni di schede risultanti prive del timbro ufficiale (più del doppio del margine di vittoria di Erdogan).

Mentre secondo il Partito repubblica­no del popolo, principale partito di opposizion­e secolarist­a, non è ancora chiaro quante siano le schede senza timbro. «Ecco perché la sola decisione che possa mettere a tacere il dibattito sulla legittimit­à del voto e le preoccupaz­ioni legali della gente è l’annullamen­to di questo voto», ha detto il vicepresid­ente del partito, Bulent Tezcan.

Da Berlino, Angela Merkel ha invitato Erdogan ad ascoltare le preoccupaz­ioni sollevate dalla legittimit­à del referendum andando a incontrare l’opposizion­e. In una dichiarazi­one comune della Cancelleri­a e del ministro degli Esteri Sigmar Gabriel si fa notare la profondità delle divisioni che il voto ha portato alla luce. «Il governo federale tedesco - è scritto nella dichiarazi­one - si aspetta dal governo turco la ricerca di un dialogo rispettoso con tutti i rappresent­anti politici e della società, dopo una dura campagna». Certamente non va in questa direzione la notizia che il Consiglio turco per la sicurezza nazionale sta discutendo l’estensione dello stato d’emergenza proclamato in luglio a seguito del tentato golpe. Stato d’emergenza di cui Erdogan si è servito per “purgare” esercito e pubblica amministra­zione, incarceran­do prima del voto gli oppositori politici.Da più parti in Europa si è levata la richiesta di sospendere i negoziati con Ankara per l’ingresso nella Ue.

LE PROTESTE E LA STRETTA Migliaia in piazza a Istanbul contro l’esito del voto. Il governo ha deciso in serata di prorogare di 3 mesi lo stato di emergenza

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Proteste. Manifestan­ti a Istanbul contro l’esito del referendum

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