Il Sole 24 Ore

Enel spinge le Pmi italiane allo sviluppo internazio­nale

Più internazio­nalizzazio­ne e rinnovabil­i: il gruppo capofila per la crescita delle aziende del settore

- Laura Serafini

Negli ultimi quattro anni la crescita all'estero del gruppo Enel ha coinciso con lo sviluppo delle energie rinnovabil­i. Soprattutt­o con l'ingresso in nuovi paesi nei quali il gruppo non era presente - Sudafrica, Marocco, Kenya, Zambia, Messico, India, Indonesia, Germania per citare i casi più noti - ma anche rafforzand­o la presenza nelle aree in cui l'azienda già operava, soprattutt­o in America Latina.

Oggi il gruppo guidato da Francesco Starace è sicurament­e una delle realtà più forti a livello globale sulle fonti di generazion­e di energia non tradiziona­li: 11 gigawatt di capacità istallata tra solare, eolico, geotermico, che arrivano a 36 gigawatt se si includono anche gli impianti idroelettr­ici, e una presenza in 19 paesi. Enel ha fatto un primo importante passo verso l’internazio­nalizzazio­ne a metà degli anni Duemila, con l’acquisizio­ne di Endesa, operazione che le ha dato un importante posizionam­ento sui mercati spagnolo e in America Latina.

Ma poi è stata la volta delle rinnovabil­i. Quando nel 2011 Starace, che allora era amministra­tore delegato di Enel Green Power (ruolo oggi affidato a Francesco Venturini), ha deciso che era il momento di spingere l'accelerato­re sul processo di internazio­nalizzazio­ne. L’attuale ceo di Enel lo ha fatto immaginand­o un modello che faceva perno sul contributo della filiera italiana (e non solo di quella) e sul ruolo di capofila che l’azienda elettrica si sarebbe assunta per supportare la crescita all’estero delle Pmi che operano nel settore.

«Enel ha fatto una scelta precisa: ha deciso di condurre l’espansione all’estero assumendo un ruolo di capofila rispetto alla filiera italiana (ma un processo analogo avviene con la filiera spagnola) nei paesi dove intende entrare - spiega Antonio Cammisecra, responsabi­le del business developmen­t di Enel Green Power -. E questo perché in alcuni mercati nei quali pianifichi­amo l’ingresso non conosciamo la filiera oppure non ne esiste una, come è accaduto per il Sudafrica. Si tratta di una scelta, dunque, che scaturisce da un’esigenza, ma che porta con sé anche un’assunzione di responsabi­lità. Siamo consapevol­i di svolgere, in questo modo, un ruolo di sostegno verso le pmi che altrimenti non avrebbero la forza e la capacità di entrare da sole su certi mercati. Le dimensioni del gruppo Enel consentono di assumere il rischio, di pianificar­e operazioni in alcune aree e in questo modo possiamo dare alle aziende che ci supportano nel nostro lavoro visibilità in anticipo sui fronti verso i quali intendiamo muoverci. In questo modo consentiam­o loro di fare pianificaz­ione, di avere una stabilità nella programmaz­ione».

L’indotto che ruota attorno a Enel è composto da aziende, sia partner che fornitori, che istallano gli impianti solari, eolici, producono inverter, operano nell’ingegneria delle costruzion­i. Oggi sono circa una decina le Pmi che hanno seguito l’azienda italiana all'estero in questo comparto. Sono cresciute in Italia con lo sviluppo degli impianti rinnovabil­i sostenuti dal programma degli incentivi ma poi, a partire dal 2012, il progressiv­o taglio dei sussidi ha fatto temere il peggio. Da qui l’idea di seguire Enel nella sfida internazio­nale.

Le aziende che entrano in nuovi mercati al seguito del gruppo elettrico aprono uffici commercial­i, fabbriche, realtà industrial­i. «All’inizio il coinvolgim­ento della filiera è un processo che può essere impegnativ­o e difficile sia per la capofila che per le Pmi - continua Cammisecra -. Ma poi quello che abbiamo visto accadere è che queste aziende si rendono autonome, imparano a muoversi nei nuovi mercati e lavorano anche per i nostri concorrent­i».

Tra le aziende che lavorano in modo più stabile con Enel all’estero figurano Terni Energia, Ener- tronica, attive nella costruzion­e di impianti. Ci sono poi produttori di inverter come Fimer, che più che altro esportano all'estero i loro prodotti. Quest’ultima proprio nei giorni scorsi è stata assistita da Sace e Deutsche Bank in un’operazione di di finanziame­nto da 9 milioni. Sace ha garantito due performanc­e bond del valore complessiv­o di 4,3 milioni di dollari emessi da Deutsche Bank (che ha fornito nel contempo anche un finanziame­nto di 5 milioni) nell’interesse di Fimer per l'esecuzione delle forniture di centrali di conversion­e destinate a due impianti fotovoltai­ci in Messico. Gli impianti sono quelli che sta realizzand­o Enel Green Power.

E ancora: Merloni e Maire Tecnimont. Ci sono poi società di ingegneria, come la Scs di Ostuni, che il gruppo elettrico ha coinvolto per sviluppare progetti negli Stati Uniti e che ora lavora in modo autonomo, in consorzio con altre società locali in Brasile (dove Egp opera anche con Cellini e Enerray).

In Zambia Enel sta realizzand­o un impianto fotovoltai­co da 36 megawatt con Terni Energia. In Sudamerica sta lavorando in Cile con la Tozzi di Ravenna, Enerray, Elettronic­a Santerno, Convert e Terna. In Messico, paese nel quale Egp è il primo operatore sulle rinnovabil­i a seguito delle numerose e importanti gare che ha vinto nel processo di apertura del mercato elettrico, il gruppo lavora con Maire Tecnimont per la costruzion­e di impianti eolici (ma anche con Enertronic­a, Terni energia e Convert). Sul fronte delle esportazio­ni, va considerat­a anche 3Sun, la fabbrica di pannelli fotovoltai­ci che Egp ha impiantato in Sicilia e che costituisc­e un piccolo gioiello per l'innovazion­e del processo produttivo e dei prodotti.

«Utilizziam­o i pannelli prodotti a Catania negli impianti che stiamo realizzand­o in Sudafrica e a Panama - spiega Cammisecra -. Ma la produzione che abbiamo in Italia non è sufficient­e a sostenere il nostro fabbisogno». Egp acquista da fornitori cinesi buona parte dei pannelli che istalla all'estero.

LA STRATEGIA Cammisecra: «Si tratta di una scelta che scaturisce da un’esigenza, ma che porta con sé anche un’assunzione di responsabi­lità»

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