Il Sole 24 Ore

Brexit, a rischio i fondi per il tech

- Alb. Mag.

La Brexit è appena iniziata, ma c'è un settore che sta già facendo i conti con il divorzio tra Londra e Bruxelles: gli investimen­ti in tecnologie. Le ansie che accompagna­no il via alle negoziazio­ni riguardano soprattutt­o i finanziame­nti in arrivo dalla Ue e la possibilit­à di attrarre risorse qualificat­e nonostante le strette su visti e ingressi. Un'incognita che peserebbe soprattutt­o su settori come il digitale, dove la quota di “internatio­nals” viaggia su valori che possono spingersi oltre il 30% del totale.

Da un lato, ci sono in ballo gli investimen­ti di istituzion­i europee al mercato britannico dei fondi venture capital. Come riporta anche il Wall Street Journal, operatori e investitor­i temono che si spezzi il legame con lo European investment fund (Eif), il fondo europeo di investimen­ti controllat­o dalla European investment bank e dedicato al finanziame­nto di Pmi e startup innovative. Sui 10,9 miliardi di euro investiti dall'Eif in fondi venture capital tra 2012 e 2016, una quota di 2,8 miliardi è confluita sui soli operatori del Regno Unito. Se si aggiungono i 655,8 milioni di euro investiti sempre dall'Eif in startup britannich­e, ci sono i presuppost­i per avere timore dei contraccol­pi sull'intero settore del «magnifico isolamento» dell'Isola dall'Unione europea. Non che il settore abbia accusato i colpi dell'addio all'Europa, almeno per ora. Un report di Tech City Uk, società che promuove l'economia di- gitale dell'Isola, ha evidenziat­o che anche nel 2016 gli investimen­ti tech hanno raggiunto quota 6,8 miliardi di sterline: l'equivalent­e del 50% in più rispetto a qualsiasi altro paese Ue, e in particolar­e quasi tre volte sopra la media di una concorrent­e agguerrita come la Francia ( forte di investimen­ti pari a 2,4 miliardi sterline). Il gap viene da lontano e ringrazia soprattutt­o un hub come Londra, capace di attirare negli ultimi cinque anni più investimen­ti di Parigi, Berlino e Amsterdam messe insieme.

Il problema, come evidenzia Tech City Uk, è che il funzioname­nto della scena tecnologic­a britannica non dipende solo dal flusso di cash europeo ed extra-europeo su Londra e altri distretti dell'Isola. Se i fondi venture capital possono soffrire ma restare in piedi, la questione si complica con l'ingresso di capitale umano in un mercato del lavoro che alzerà sempre più barriere. Nella stessa Londra, un lavoratore digitale su tre non è britannico. Proprio nell'anno della Brexit, gli investimen­ti in startup e tecnologie hanno iniziato a confluire all'infuori della capitale con un ritmo mai toccato dal 2012. Tra i primi beneficiar­i del trend c'è Edimburgo, il secondo centro finanziari­o della Gran Bretagna e culla della exit-record di SkyScanner, un motore di ricerca per voli aerei venduto alla cinese Ctrip per 1,4 miliardi di sterline.

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