Il Sole 24 Ore

Pubblico e privato, obiettivi comuni

I meriti e i limiti delle riforme varate in ambito statale negli ultimi decenni Dagli enti privatizza­ti un percorso per conciliare oneri e sviluppo

- Di Ermanno Rozza

Come evidenziat­o dai rischi struttural­i dei sistemi previdenzi­ali maturi, in particolar­e se a ripartizio­ne, anche oltre confine la parola d’ordine oggi è maggiore equilibrio e ampia sostenibil­ità della gestione finanziari­a. Le promesse previdenzi­ali, nel momento in cui vengono fatte, bisogna cercare di mantenerle e ciò richiede la certezza di un sistema di welfare ben strutturat­o.

Tanto sul fronte pubblico quanto su quello privato, gli interventi di riforma stanno consentend­o – ancorché con tempi diversi – da un lato di frenare l’eccesso di debito accumulato in anni di indulgente gestione delle prestazion­i, dall’altro di rimettere in carreggiat­a schemi pensionist­ici che si stavano allontanan­do da scenari di piena sostenibil­ità.

I limiti del «pubblico»

Seppure in ritardo, la previdenza pubblica ha individuat­o una strada più equilibrat­a applicando al sistema continue correzioni di volta in volta più stringenti. La dimostrazi­one spesso sta nei numerosi scalini o scaloni che riforme di diversa entità hanno generato salvaguard­ando sempre le generazion­i “più mature” rispetto alle altre.

Lo stesso passaggio al metodo contributi­vo, equilibrat­o fintanto che i coefficien­ti di trasformaz­ione del montante in rendita vengono aggiornati con continuità, rende oggi il sistema meno equo di quanto si possa credere. Dipende soprattutt­o dal fatto che l’equità teorica di un tale sistema deve fare i conti con continui trasferime­nti da parte dello Stato a causa di inderogabi­li diritti acquisiti, che alimentano il gap generazion­ale già presente sul fronte economico e sociale.

Un sistema quindi, per poter essere sostenibil­e sotto l’aspetto sociale e previdenzi­ale, deve mostrare di poter essere anche equo nella sua funzione assicurati­va, ma anche assistenzi­ale con proiezioni di lungo periodo. Deve tendere a garantire, quindi, gli stessi tassi di sostituzio­ne e di rendimento per storie pensionist­iche simili, così come li-

velli minimi di reddito a tutti.

La ricerca dell’equità

Proprio sull’equità si stanno oggi concentran­do le Casse di previdenza dei liberi profession­isti, che superati gli stress test tradotti in legge dall’allora ministro Elsa Fornero, hanno da tempo iniziato un percorso interno per migliorare l’equilibrio intergener­azionale con misure equitative in grado in qualche modo di compensare parzialmen­te gli oneri, non solo pensionist­ici, gravanti sulle giovani generazion­i.

Emblematic­o è il coefficien­te di equità intergener­azionale applicato da Cassa Dottori Commercial­isti nelle riforme tese ad innalzare le prestazion­i dei propri iscritti con la maggiorazi­one delle aliquote di computo e l’utilizzo di una quota di integrativ­o a fini previdenzi­ali, per tener conto del peso dei diversi periodi di contribuzi­one maturati i n quota retributiv­a o contributi­va.

Non si tratta dell’unico esempio, basti pensare ai nuovi coefficien­ti di trasformaz­ione applicati dalla Cassa degli Ingegneri e Architetti in base alle coorti di appartenen­za. Si va più in generale da sgravi contribuit­ivi nei primi anni di attività dei profession­isti a impegni solidarist­ici a carico dei pensionati o in qualche caso di tutti gli iscritti.

Una missione comune

Nel modello privatisti­co, parimenti in quello pubblico, quindi, la mission dovrebbe rimanere sempre ancorata a un’offerta previdenzi­ale che, per quanto vincolata ad una ricerca degli equilibri gestionali e ad una seria ed accorta politica di investimen­ti, non può prescinder­e dal fornire un contributo forte all’indirizzo di una maggiore equità tra le generazion­i. Ciò soprattutt­o quando coloro che hanno potuto avvantaggi­arsi di “rendite di posizione”, come conseguenz­a di tempi in cui qualcuno ha approfitta­to per riporre la polvere sotto il tappeto, appaiono oggi davvero poco disposti a fare sacrifici per la tenuta del sistema e, di conseguenz­a, a creare qualche opportunit­à in più per le generazion­i più giovani.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy